Auto elettriche? Incentivi per 57 milioni nel Dl Infrastrutture
“Bambole non c’è più una lira“, aveva spiegato il Mef, agli acquirenti di auto elettriche. Ma ora la soluzione al blocco degli incentivi per l’acquisto delle auto a basse emissioni arriva grazie al Dl Infrastrutture che ha previsto di assegnare le risorse dapprima previste per l’Extrabonus (oltre 57 milioni di euro) al fondo ordinario che finanzia l’Ecobonus. Lo ha comunicato il ministero dello Sviluppo economico in riferimento alle disposizioni contenute nel decreto infrastrutture e mobilità sostenibili approvato il 2 settembre dal Consiglio dei ministri. Si rimette in pista dunque uno strumento essenziale per il sostegno alla domanda per il mercato dell’auto che stenta a ripartire.
Tempi duri per Jack Ma e i capitalisti cinesi
Tempi duri per Alibaba. Ma Jack Ma, una ne fa e mille ne pensa. Il ricco settore privato si fa carico di sanare gli squilibri del socialismo con caratteristiche cinesi che, a sua volta, da mesi sta colpendo il caos normativo che ne ha permesso la crescita smisurata. Jack Ma, il tycoon dell’e-commerce, caduto in disgrazia, vuol salvarsi oppure dà la linea agli altri tycoon arricchitisi con l’economia digitale, pari al 30% del Pil cinese, finiti nel mirino delle autorità perché troppo indipendenti e affluenti? Di certo il fondatore di Alibaba è uscito dal cono d’ombra in cui era finito per staccare un assegno da 15,5 miliardi di dollari entro il 2025 a sostegno della strategia del presidente Xi Jinping sulla “ricchezza condivisa”, il nuovo driver della politica cinese. Pechino ha lanciato il segnale e Jack Ma è stato lesto a raccoglierlo: restituite in qualche modo quanto avete guadagnato finora per contribuire a ristabilire condizioni di eguaglianza nel reddito dei cittadini. E chi meglio di lui, che vanta un patrimonio personale pari a quanto la piattaforma di pagamenti Ant Financial chiedeva al mercato con l’Ipo stoppata a Hong Kong e Shanghai? Arricchirsi è glorioso, diceva Deng Xiaoping negli anni Ottanta – scrive Il Sole 24 Ore – ma oggi le cose sono cambiate: chi si è arricchito troppo è bene che contribuisca alla prosperità comune, è il nuovo credo di Pechino per garantire la pace sociale in tempi difficili, tra Covid-19 e tensioni globali. Non solo attraverso la creazione di una società parallela ma, soprattutto, attraverso donazioni dirette che saranno gestite dallo Stato.
Guardie e ladri fra Viminale e No Green Pass sul pianeta Telegram
“Fatta la legge trovato l’inganno”, recita un antico adagio tricolore. Il vaccino non vogliono farlo, il tampone nemmeno, ma mirano a entrare nei luoghi interdetti a chi non ha il certificato verde. Sono i furbetti del green pass, quelli che pensano di farla franca fingendosi vaccinati. O facendo credere di aver fatto un tampone con esito negativo, valido solo 48 ore. Molte le strategie messe in campo dai no-green-pass per tentare di entrare dove non potrebbero. Su loro il Viminale ha acceso un faro chiedendo di intensificare i controlli per stanarli. Solo a Roma mille gli agenti in campo per i controlli da Ferragosto. E poi ci sono i falsi. Nei giorni scorsi, ad esempio, almeno green pass falsi erano stati venduti su 32 canali Telegram. I prezzi andavano dai 150 ai 500 euro. Ma la Polizia postale li ha scoperti e denunciati. Ora rischiano la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 309 a 1.549 euro, come prevede l’articolo 640 del Codice penale. E mentre da marzo a oggi è aumentato del 257% il numero di venditori che usano Telegram per pubblicizzare falsi green pass, il costo d’acquisto dei certificati falsi di vaccinazione si sta dimezzando, scendendo a 100 dollari, come attestano i dati globali della società di sicurezza informatica Check Point Software Technologies. Secondo gli esperti, su Telegram sono attivi 2.500 gruppi, alcuni con una media di 100mila follower ciascuno, con alcuni che superano addirittura i 450mila. I paesi coinvolti nella domanda di falsi si è allargata: a marzo erano soprattutto Stati Uniti, Regno Unito e Germania. Oggi anche l’Italia è entrata nel carnet dei venditori che commercializzano sulla darknet certificati falsi.
Hope, il private equity apre alle famiglie
Il progetto si chiama Hope, come speranza, e la speranza – dice il fondatore Claudio Scardovi, ideatore del private equity delle masse popolari – una lunga carriera nella consulenza aziendale e nella finanza – “è quella che vogliamo dare all’Italia, dando alle famiglie l’opportunità di investire nell’economia reale con condizioni e modalità finora riservate solo ai grandi investitori”. E in che cosa si distingue Hope da altre iniziative di questo tipo (chiede Repubblica)? “È la prima volta che nasce una Sicaf, ossia una società a capitale fisso solitamente riservata ai grandi investitori, aperta anche al pubblico retail. Il nostro vero tratto distintivo è quello di proporre un capitalismo inclusivo per famiglie. Per farlo ci abbiamo messo più tempo che se avessimo lanciato una normale Sicaf. Sono serviti dodici mesi di lavoro, anche con il forte contributo delle autorità competenti come Bankitalia e Consob. Ma ne è valsa la pena”.
Le mascherine di Bologna alla conquista degli Usa
Una volta tanto è un’azienda tricolore a fare shopping negli Usa. La bolognese Gvs, attiva nei prodotti per la filtrazione che vanno dalle mascherine alle applicazioni sanitarie più complesse passando per i filtri dedicati a energy e mobility, ha messo sul piatto quasi 200 milioni di dollari per acquisire la totalità della statunitense Rpb, gruppo specializzato nella progettazione e nella produzione di protezioni per le vie respiratorie, compresi respiratori ad aria compressa e respiratori purificatori d’aria alimentati. “Questa operazione – spiegano dall’azienda – ha l’obiettivo di completare la gamma prodotti di Gvs nell’ambito delle “professional mask” e acquisire know how tecnico”. L’acquisizione vale 194,4 milioni di dollari, con il pagamento di 150 milioni per il 100% del gruppo e un eventuale earn out di 44,4 milioni pagabili nel 2022 in relazione ai risultati di Rpb sul fronte della marginalità. Per finanziare l’operazione Gvs ha sottoscritto un contratto di finanziamento a 5 anni di 150 milioni di euro con un pool di banche finanziatrici, composto da Mediobanca, Unicredit e Credit Agricole Italia.