Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il governo di Roma teme che il via libera all’introduzione in Irlanda delle etichette sulle bottiglie di vino, dove dovranno essere contenute avvertenze per la salute, costituisca un pericoloso precedente in grado di creare distorsioni e danni al mercato. Oltre all’Italia, ci sono altri Paesi dell’Ue che temono per il proprio settore vitivinicolo. Eppure, non sempre le avvertenze contribuisco a far ridimensionare il mercato.
L’Italia teme per la recente introduzione di etichette sulle bottiglie di vino varata in Irlanda. Non si tratta di scritte relative ai contenuti del prodotto, come avviene oggi, bensì di etichette molto simili a quelle contenute nei pacchetti di sigarette. In poche parole, chi prenderà un bottiglia di rosso o di bianco in un locale irlandese, potrà leggere le avvertenze sui pericoli per la salute. Circostanza che ha fatto scattare la contrarietà del governo italiano e di altri dodici Paesi dell’area Ue. Il timore è quello di un precedente pericoloso in grado di produrre danni al mercato del vino. Al fianco delle preoccupazioni, c’è però un potenziale elemento positivo. E cioè il fatto che difficilmente le abitudini legate al consumo di calici potranno cambiare per via di alcune etichette.
Il via libera alle etichette in Irlanda
Dublino ha espresso la propria volontà di procedere con l’obbligo di apporre le etichette sulle bottiglie già lo scorso anno. Si è trattata di un’iniziativa del governo irlandese, il quale ha chiesto alla commissione europea la possibilità di procedere in tal senso. Il perché di una tale scelta è possibile ravvisarlo scavando all’interno del contesto locale. In Irlanda il consumo di alcool viene percepito come una piaga sociale importante. Da anni molte associazioni pressano le autorità affinché la popolazione possa essere maggiormente sensibilizzata.
A febbraio è arrivato il primo via libera da parte di Bruxelles. La commissione infatti non ha prodotto pareri negativi alla proposta irlandese. Un silenzio assenso che ha fatto quindi avanzare il governo irlandese verso i suoi propositi. E, contestualmente, ha iniziato a generare molte polemiche nel resto d’Europa. Nello scorso mese di maggio, il governo irlandese ha annunciato il definitivo disco verde alla legge sulle etichette. C’è però forse uno spiraglio per i critici del provvedimento: la norma si applicherà infatti soltanto a partire dal maggio del 2026. Prima di allora non si vedranno avvertimenti sulla salute stampati sulle bottiglie di vino. E potrebbe allora esserci il tempo per i governi più recalcitranti di convincere l’Ue a intervenire diversamente.
Cosa teme l’Italia
Roma, assieme agli altri 12 Paesi Ue contrari al provvedimento, teme in primo luogo il fatto che quello irlandese costituisca un pericoloso precedente. Partendo da Dublino cioè, altri governi potrebbero mettere in cantiere medesime tipologie di norme e medesimi provvedimenti sul vino. Da qui si arriva poi alla più importante paura nel lungo periodo. Se in diversi Paesi, europei e non, dovessero essere approvate le norme sulle etichette allora potrebbe passare il messaggio che il vino costituisca un prodotto nocivo. Al pari per l’appunto delle sigarette.
La conseguenze maggiore, secondo i governi contrari al provvedimento, è che il mercato poi ne possa risentire. Per l’Italia, tra i maggiori esportatori di vino, questo costituirebbe un danno non indifferente. Il governo italiano, così come dichiarato dal ministro Lollobrigida, valuterà adesso il da farsi. La partita probabilmente si giocherà all’interno dell’organizzazione mondiale del commercio (Wto), oltre che ovviamente in ambito europeo.
Le preoccupazioni non sono soltanto in ambito politico. Anzi, le principali rimostranze contro il provvedimento irlandese sono partite dalle associazioni di produttori e dalla Coldiretti. Proprio secondo la confederazione nazionale dei coltivatori, il principio promosso dal governo irlandese appare “distorsivo per il commercio”. “È del tutto improprio – ha dichiarato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione”.
“Il mancato intervento della Commissione europea – ha dichiarato invece Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana Vini – mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino”.
I precedenti
Ci sono però degli elementi che potrebbero quanto meno far essere meno pessimisti. In primo luogo, al momento la norma riguarda unicamente l’Irlanda. E quindi un Paese che non rappresenta un mercato primario per i produttori di vino italiani, sia per l’esiguità della popolazione (composta da cinque milioni di abitanti) che per i gusti degli irlandesi che ai calici preferiscono altre bevande. In secondo luogo, perché in altri settori non sempre l’inserimento di etichette ha corrisposto a un calo nei consumi.
È un dato assodato ad esempio come la sigaretta costituisca un prodotto nocivo per la salute, sui pacchetti ci sono ampie indicazioni (anche grafiche da alcuni anni) in tal senso. Ma il mercato non è crollato e le abitudini non sono cambiate. Osservando i dati dell’associazione Tobacco Endgame, dal 2004 a oggi in Italia si è avuta una contrazione del 27% della vendita di sigarette, sopperita però dall’aumento di vendita di tabacco sciolto a cui si è assistito dall’inizio degli anni ’10. Da quando cioè, così come evidenziato nel rapporto, la morsa della crisi economica ha iniziato a far sentire i propri effetti nel nostro Paese. Sono quindi i prezzi e la capacità di acquisto, prima ancora delle etichette, ad incidere sui consumi.
Lo scandalo da cui nacque l’etichetta più prestigiosa
Infine, c’è un precedente importante da ricordare. Riguarda lo scandalo del vino al metanolo del 1986. In quell’anno, 19 persone sono morte e oltre 150 hanno subito gravi conseguenze di salute per aver bevuto vino con elevate dosi di metanolo. Una sostanza che, a differenza dell’etanolo, potrebbe rivelarsi fatale per il nostro organismo. Lo scandalo ha provocato un danno importante al vino italiano, sia in termini di produzione che di export. Ma proprio da quel caso, il comparto vitivinicolo del nostro Paese in seguito ne è uscito rafforzato. Sono aumentate le campagne di sensibilizzazione, è aumentata la consapevolezza del valore anche culturale del mercato del vino, sono aumentati i controlli e sono aumentate le indicazioni contenute nelle etichette. In questa maniera, l’Italia negli anni ’90 ha potuto fare scuola: il comparto nostrano è stato considerato all’avanguardia ed è notevolmente aumentata la percezione della sicurezza tra i consumatori. La sfida è proprio questa: a prescindere dalle etichette e dalle diciture, se l’immagine del nostro vino permane molto alta e affidabile il mercato non verrà compromesso.