Perchè leggere questo articolo? Fabrizio Barini analizza le dinamiche legate a tassi e investimenti. Nel 2023 c’era chi era corso avanti sperando in una de-inflazione (si pensi al boom degli investimenti in terreni). Ma ora gli investitori sono ancora allineati al tema dell’incertezza dominante. E prevalgono asset classe sicure.
Fare previsioni sui mercati finanziari in questi tempi complessi è sempre più difficile. Pensiamo all’inizio del 2024, che tra blocco del Mar Rosso, persistenza dell’inflazione e incertezza sta smentendo molti pronostici di fine 2023 sull’inizio dell’anno nuovo. Nel 2023 c’era chi nel mondo si preparava a un mondo senza l’incertezza di ieri investendo in asset tradizionalmente non associati a periodi di tassi alti e volatilità. Jacobin, rivista della sinistra americana, denunciava il fatto che molti super-ricchi stavano puntando denaro su terreni agricoli od edificabili. Puntando il dito soprattutto contro Mark Zuckerberg, ritenuto antesignano di questi processi. Il portale Community Lands invece faceva l’opposto, magnificando il 2024 come anno del “land as an asset”. Un esempio tra molti per mostrare quanto le speranze (o i timori) del pubblico spesso cozzino con la realtà disegnata sul campo.
Tassi e incertezze
“L’anno appeno apertosi è stato sostanzialmente condizionato, sulla scia del 2023, da volatilità e incertezza”, dice a True-News Fabrizio Barini, senior banker di Integrae Sim. “Questo ha condizionato le aspettative in senso meno certo rispetto a quanto si pensava inizialmente”, argomenta Barini. In sostanza “inizialmente si pensava che l’inizio del 2024 avrebbe portato, attorno marzo, a un primo trend generale di ribasso dei tassi” favorendo una crescita degli investimenti “nelle asset class a maggior livello di rischio: pensiamo a Paesi emergenti e mercati azionari”.
Questi asset, come del resto beni rifugio come l’oro, beni che non producono cedole come i titoli legati alle criptovalute, investimenti di difesa del patrimonio come la terra “sono tipici di un contesto in cui nei maggiori mercati ci avviciniamo a tassi vicini allo zero. E in cui si alimenta la ricerca del rendimento da un lato e la tendenza a cercare rifugio in determinate classi di beni dall’altro”. Ora il mondo si sta orientando su un trend che vede “il rialzo dei tassi posticipato nelle aspettative a giugno”, e destinato a “sdoganarsi nella seconda metà dell’anno”. E il motivo scatenante questo cambio di rotta da parte delle banche centrali “è chiaro e preciso”, dice Barini. “Parliamo del caos geopolitico. Se in passato il problema principale si chiamava Ucraina, oggi a preoccupare è principalmente il caos del Medio Oriente“.
Il caso Evergrande
Le tensioni globali alimentano un contesto in cui “beni come il petrolio aumentano il loro prezzo sui benchmark, si verifica la frenata della Bce sul ribasso dei tassi e nella mente degli investitori la priorità resta la ricerca di prodotti che permettano rendimenti alti con minori rischi. Ovvero, in primo luogo, consentano di battere l’inflazione”, chiosa Barini. Un esempio? “Negli Usa l’ultimo dato parla di un’inflazione allo 0,2% su base mensile. Proiettato su base annua, parliamo di un benchmark vicino all’obiettivo del 2% di un’istituzione come la Bce. E un rendimento inferiore a quello annuo dei Treasury americani, che rendono il 3%”.
In Cina, nel frattempo, Hong Kong ha aggiunto un elemento di imprevedibilità al mercato globale mettendo Evergrande in liquidazione. Ma Barini tende a gettare acqua sul fuoco ricordando che “il processo di liquidazione significa soprattutto che il tribunale non ha ritenuto funzionante il piano di salvataggio del governo” ma che al contempo “non c’è alcun motivo per pensare a un effetto sistemico. Si pensi a un dato: la Cina ha le risorse per un salvataggio completo di Evergrande e per tenere in pancia i suoi asset. Certo, c’è un effetto negativo sul mercato del Paese: le sue borse sono state le peggiori nel 2023 e lo sono anche a inizio 2024”. Ma, ricorda, “il mercato ha già scontato da tempo la crisi di Evergrande”. Sono le minacce non conosciute, più che quelle note, il vero problema sistemico. E questo a livello globale.