Perché leggere questo articol0? Biden sempre più vicino al ritiro. Mentre si apre la strada per la vicepresidente Kamala Harris, la performance poco efficace di Trump alla Convention repubblicana tiene accese le speranze democratiche. Matteo Muzio: “Tra i dem anche le donazioni sono congealte: uno stallo che non può andare avanti. L’errore di Biden? Non oggi, ma quando si ricandidò un anno fa”.
I rumors si fanno sempre più insistenti. Pare che il presidente Joe Biden sia sempre più vicino all’annuncio ufficiale del ritiro dalla corsa per le presidenziali. Dopo una serie di voci sempre più insistenti nelle scorse settimane, il percorso alla Casa Bianca dell’attuale presidente sarebbe vicino alla fine, complice una concatenazione di effetti esplosi dopo il dibattito di fine giugno contro l’ex presidente Donald Trump. True-News.it ha intervistato il giornalista Matteo Muzio, esperto di politica statunitense. “Ora c’è anche la positività al Covid. Ormai i democratici non ci si possono più permettere dieci giorni di stop senza poter fare campagna elettorale. Anche se potrebbe essere ormai troppo tardi”. L’intervista
Da Pelosi a Obama, le voci sempre più concrete sull’abbandono di Biden
“Adesso le voci sono molto più concrete. Non parliamo più di qualche editorialista o commentatore ma ci sono esponenti di primo piano del partito come Nancy Pelosi o il capo dei senatori Schumer. E persino – alcuni dicono – Obama”, commenta Muzio. Il problema della candidatura di Biden coinvolgerebbe infatti anche altri aspetti della campagna elettorale. “Adesso c’è anche il problema che le donazioni sono congelate da diversi giorni e questo pone il presidente in netto svantaggio nei confronti dell’avversario Trump”.
Questa che si sta vivendo in questi giorni è una situazione di stallo “che non può andare avanti”. E a peggiorare la situazione è anche la salute fisica del presidente Biden. “C’è anche la positività al Covid e ormai non ci si possono più permettere dieci giorni di stop senza poter fare campagna elettorale. Queste condizioni penso possano portare a un ritiro nei prossimi giorni”, ha aggiunto.
Chi sarà il candidato democratico? “Harris darebbe continuità alla campagna elettorale”
Su diversi media statunitensi si parla già del successore di Biden. La vicepresidente Harris? Alcuni rumors parlano dell’ipotesi di una “Open Convention” indetta dal presidente senza dare immediatamente il suo supporto alla vicepresidente. “L’endorsement a Kamala Harris è una scelta di continuità. Alcuni donatori vorrebbero invece fare una sorta di primaria aperta ai soli delegati della Convention”, prosegue Muzio. Questo era il metodo con il quale si sceglieva il candidato fino alla prima metà del 1900. “Ma è una modalità che farebbe sembrare i candidati come calati troppo dall’alto”.
La possibilità di scegliere Harris direttamente come candidata potrebbe essere la scelta giusta, oltre che quella più sensata. “Una candidatura di Harris al posto di Biden darebbe una sorta di continuità alla campagna elettorale e quindi di chiedere agli elettori di premiare le politiche che sono state apprezzate. Ricordiamo che le elezioni di metà mandato del 2022 sono andate in modo tutto sommato lusinghiero per i democratici”, ha aggiunto. E non ci sono solo gli aspetti delle politiche, ma anche di comodità. “C’è anche l’aspetto pratico che si erediterebbe. La struttura, la campagna elettorale e lo staff già presente negli Stati anziché dover ricostruire tutto da zero come dovrebbe fare un ipotetico candidato X”. Senza dimenticare il fattore tempo. “A questo punto potrebbe essere troppo tardi per fare una discussione aperta di questo tipo”.
Biden e l’errore di annunciare la ricandidatura nel 2023
Viene quindi spontaneo chiedersi se la scelta di fare un passo indietro di Biden non sia arrivata con troppo ritardo. “L’errore non è stato fatto in queste settimane ma è stato fatto a cavallo tra il 2022 e il 2023 quando c’è stata la decisione di correre per un secondo mandato”, ha affermato Muzio. Tutto questo nonostante il primo biennio produttivo e il midterm del 2022 positivo per i democratici. “Questo poteva essere un momento in cui il presidente decideva di essere quello che aveva promesso alle primarie del 2020, cioè un leader di transizione e aprire a una continuità della vicepresidente”.
Tutto questo però è sfumato perché “all’epoca si riteneva che Harris fosse troppo impopolare per affrontare una campagna elettorale da sola e quindi si è andati per questa decisione”. Da non sottovalutare ovviamente il declino fisico e cognitivo di Biden negli ultimi mesi. “Se guardiamo i dibattiti che ha fatto con Trump nel 2020, senza guardare quelli che ha fatto da vicepresidente nel 2012 contro Ryan, avevamo un leader anziano ma totalmente a fuoco”, ha dichiarato. Oggi invece la situazione è completamente cambiata. “Adesso i momenti di confusione sono innumerevoli e ogni uscita pubblica viene passata ai raggi X per capire se c’è stato qualche scivolone. È qualcosa che non può continuare in questo modo perché, qualora uno scivolone fatale fosse fatto troppo a ridosso delle elezioni, a quel punto un cambiamento non sarebbe più possibile”.
Il disastroso discorso di Trump alla Convention repubblicana che riaccende le speranze democratiche
Un’ottima notizia per i democratici sembra arrivare proprio dalla Convention repubblicana della scorsa notte. “Donald Trump col discorso di investitura ha dato un inaspettato assist ai democratici perché dopo mezz’ora in cui il discorso era coerente e con dei toni alti rispetto a quelli del solito Trump, l’ultima ora è stata una serie di ragionamenti sconnessi l’uno dall’altro, di affermazioni lunari e con un modo abbastanza noioso di parlare”. E proprio su questo discorso dovrebbero focalizzarsi i democratici. “Quindi questo discorso sconclusionato, qualora ci sia un cambio al vertice del ticket democratico, porterebbe riaprire la partita”, afferma Muzio.
Riaprire la partita con chi? Gli ultimi sondaggi danno Trump nazionalmente in vantaggio sia contro Biden che contro Harris. L’unica opzione che sarebbe sostanzialmente alla pari con l’ex presidente a livello nazionale è la wildcard democratica per eccellenza, l’ex First Lady Michelle Obama. La sua candidatura però, “è totalmente improbabile, direi impossibile”. Michelle Obama infatti in passato è stata molto chiara riguardo questa possibilità, smentendo ogni possibilità di coinvolgimento. “La candidatura di Michelle Obama è qualcosa che esiste solo presso gli editoriali dei giornali italiani e qualche voce remota del Partito Democratico”. Piuttosto che concentrarsi sull’ex First Lady, dovremmo guardare più approfonditamente altri settori. “Ci sono una serie di ambiziosi governatori e senatori giovani con una grande preparazione politica pronti a subentrare”, ha dichiarato.
Il ticket “radicale ed estremo” Trump-Vance
Nonostante il pessimismo dei giornali di tutto il mondo, la gara per la Casa Bianca sarebbe ancora aperta. “Il ticket scelto da Trump è un ticket totalmente militante, totalmente indirizzato ai militanti iper convinti del mondo MAGA e dell’America First. È un ticket indirizzato anche al Rust-Belt e a quel tipo di America che però Vance rappresenta in modo particolare”, ha aggiunto. Il senatore J.D. Vance infatti è vissuto a cavallo tra il Kentucky e l’Ohio, due Stati già nelle mani dei repubblicani.
Con un nuovo ticket ben studiato dai democratici quindi si potrebbe insidiare la corsa repubblicana. “Quello Trump-Vance è molto radicale ed estremo dove anche dalla piattaforma le aperture per il centro e per i moderati non ci sono”. Senza contare lo scivolone di Trump durante la Convention. “Se non ci fosse stato il dibattito disastroso di Biden, il discorso di Trump di ieri sera sarebbe stato passato molto più al setaccio e sarebbe stato usato come segno del declino cognitivo dell’ex presidente”, ha concluso.