Dopo la rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea si attende per metà settembre rapporto sulla competitività europea a cui Mario Draghi sta lavorando.
L’ex presidente del Consiglio e già presidente della Bce ha a lungo parlato di scenari e strategie per l’Europa. Ora lavora alla conclusione di un report che nelle intenzioni dei committenti dovrebbe proporre strategie per preparare l’Europa a una fase di crescente rivalità geopolitica ed economica tra potenze, ivi inclusa la possibilità che tra le due sponde dell’Atlantico si aprano faglie sempre più ampie di quelle attuali. E che la corsa degli Usa a egemonizzare gli investimenti industriali nelle nuove frontiere tecnologiche possa trasformarsi in rivalità commerciale e tariffaria se il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca dovesse concretizzarsi.
L’agenda Draghi alla prova degli Usa
Politico ha dedicato all’imminente pubblicazione del rapporto commissionato a Draghi da Ursula von der Leyen, che si è confermata alla guida della Commissione Europea, un’ampia analisi. “L’anno prossimo, l’UE rivedrà le sue norme sui sussidi, che potrebbero gettare le basi per una politica industriale più coordinata”, ha analizzato la testata americana avente anche un’edizione paneuropea basata a Bruxelles. In tempi di elezioni, in Europa come negli Usa, è un messaggio importante: “
La prospettiva della rielezione dell’ex presidente Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti incombe anche sul dibattito europeo, inclusa la sua proposta di tariffe generalizzate del 10%, che potrebbero portare a una più netta divergenza nelle politiche”. Draghi è un convinto assertore della complementarietà economica, finanziaria e geopolitica tra Europa e Usa e, anzi, il suo governo in Italia ha lavorato per ancorare nelle grandi filiere, dalla difesa all’energia passando per le tecnologie critiche, l’Italia e l’Europa a Washington in un’ottica di complementarietà.
Usa e Europa al bivio
Ma cosa potrebbe succedere se gli Usa continuassero nel loro solipsismo industriale, peraltro ribaltando quei programmi come l’Inflation Reduction Act che perlomeno causano uno spin-off in termini di ritorni tecnologici sulla transizione energetica e benefici di bilancio per le imprese europee che partecipano ai programmi Usa? Per Politico, se le azioni di Biden dovessero proseguire un’Europa competitiva sarebbe non solo una rivale commerciale: gli Usa nei settori strategici cercano “catene di approvvigionamento ridondanti costruite dai propri alleati”, che “potrebbero essere un risultato utile, dato che Washington cerca sia affidabilità che sicurezza” negli approvvigionamenti.
Ma, in una logica duale, il piano Draghi per parlare di come rilanciare con fondi comuni e nuovi programmi l’industria europea, che potrebbe essere l’agenda della prossima Commissione, e fornire una traccia per gestire un’offensiva commerciale e daziaria del Trump 2.0. Del resto, a chi affidarsi di più certo nella comprensione degli Usa di chi è apertamente filo-americano e ben inserito oltre Atlantico come Draghi? Dal report capiremo in che misura si sta per andare verso una fase di integrazione o competizione tra i due motori dell’economia occidentale. E anche che giudizio ha lo stesso Draghi di Ursula von der Leyen e della sua agenda.
Un ritardo voluto?
Inizialmente previsto per metà 2024, il lavoro di Draghi è stato “rimandato a settembre”. Si riflette sul tema di una posticipazione che se da un lato sembra calata per garantire alla nuova Commissione entrante una sponda, dall’altro appare la garanzia perfetta per evitare che le conclusioni di Draghi interferissero con il processo di selezione dei vertici Ue. Ergo alla corsa alla rielezione della presidente tedesca.
In un discorso Draghi a Bruxelles il 16 aprile ha presentato una netta e chiara visione dell’Europa che è parsa a molti come una candidatura a alte cariche dell’Ue. E a più di un osservatore, leggendo il discorso nella sua interezza, come un manifesto critico dell’agenda-Ursula.
Draghi “punge” Ursula
Draghi ha colpito senza nominarla von der Leyen sottolineando che l’Europa si muove come se vivesse ancora nel mondo pre-Covid e pre-guerra in Ucraina, due eventi esplosi nel quinquennio della Commissione von der Leyen; ha parlato di un Green Deal da riorientare verso obiettivi industriali; ha velatamente stigmatizzato l’ingenuità europea nei confronti di Cina e Usa; ha criticato le politiche di concorrenza volte a evitare le aggregazioni, sposando la tesi del transalpino Thierry Breton, commissario all’Industria, rispetto a quella più consona a von der Leyen, che pure nel suo discorso di avvio del secondo mandato ha aperto in tal senso.
Insomma, il sospetto di un rinvio a settembre per evitare che tutto ciò facesse ombra a von der Leyen prima della rielezione c’è. Se Draghi saprà traslare in una visione coerente e strategica i suoi precetti, però, von der Leyen non potrà certamente ignorarlo. E l’esito nei fatti, per la leader tedesca, difficilmente cambierebbe: apparire più come donna di potere che portavoce di una reale capacità di elaborazione strategica per il domani. Ciò che, a prescindere dal giudizio, non manca nell’agenda Draghi.