Perché leggere questo articolo? Decine di casi accertati negli Usa, mancano completamente dati per l’Italia e l’Europa. Lazzarini (Donne per la Chiesa): “La dimensione più oscura dell’abuso sulle donne”. L’intervista
In una recente intervista sul Fatto Quotidiano, Lucetta Scaraffia, storica ed esperta di religiosità femminile, denuncia la disparità di genere presente nella Chiesa e cita gli abusi riproduttivi. “Nei conventi il numero degli aborti obbligati dopo le violenze e gli abusi è alto così come le violenze” spiega, “e la gerarchia liquida la faccenda come una trasgressione”. Di che numeri stiamo parlando? E che impatto ha questo fenomeno sulla Chiesa? Lo spiega uno studio della Goethe Universität di Francoforte guidato da Doris Reisinger, che ha commentato per noi la sociologa Paola Lazzarini.
La premessa necessaria è che i pochi dati disponibili in merito non riguardano l’Italia. Questo non stupisce se si considera che il primo report sugli abusi su minori – il fronte maggiormente al centro dell’attenzione al momento – nella Chiesa italiana è stato presentato solo nel 2022 ed è ricco di lacune e criticità.
Il report sugli abusi riproduttivi nella Chiesa: decine di casi accertati negli Usa
Lo studio più rilevante per quanto riguarda gli abusi riproduttivi è stato realizzato dal team di ricerca del dipartimento di teologia cattolica della Goethe Universität di Francoforte guidato da Doris Reisinger, pubblicato sulla rivista Religions nel 2022 e tradotto in italiano dalla giornalista Ludovica Eugenio per Adista (SCARICA IL REPORT QUI). La ricerca si basa su materiale d’archivio raccolto negli Stati Uniti e i dati sono chiari: 12 aborti, 9 gravidanze portate a termine con il parto e 3 gravidanze interrotte spontaneamente. Non tutte le vittime erano adulte. In molti casi si tratta di minorenni e molto giovani: tra gli 11 e 13 anni quando sono iniziate le violenze e costrette ad abortire a 14 o 15 anni.
La teologa, filosofa ed ex suora Reisinger ha confrontato i dati statunitensi con ciò che emerge anche in altri Paesi giungendo alla conclusione che “il numero totale di vittime minorenni di abuso riproduttivo per mano del clero cattolico è probabilmente almeno nell’ordine delle migliaia in Paesi con una popolazione tra i 70 e gli 80 milioni”. Nel report individua tre metodi con cui vengono messi in atto gli abusi riproduttivi. Innanzitutto c’è l’indifferenza: i predatori “semplicemente non si preoccupano di proteggerla [la vittima]. Quando penetrano in vagina le loro vittime senza fare ricorso a una forma affidabile di controllo delle nascite, rischiano di metterle incinte”.
I sacerdoti che convincono le loro vittime ad abortire
C’è poi la coercizione: “i preti cattolici che hanno ingravidato le loro vittime di solito mettono la propria reputazione al di sopra dell’autonomia del corpo e della salute della vittima” e “cercano di interrompere o nascondere la gravidanza, a ogni costo, senza tener conto della volontà e dei bisogni della persona incinta”. Infine c’è l’aborto, legale o clandestino: “la reazione immediata della maggior parte dei membri del clero che vengono a sapere che le loro vittime sono incinte è di persuaderle ad abortire. Molti dei sacerdoti ‘contribuiscono’ attivamente alla procedura pagando l’aborto o portando le loro vittime in una struttura per l’aborto. In molti casi è evidente che l’aborto serve soprattutto alla reputazione del sacerdote”.
Lazzarini: “Mancano ancora dati italiani o europei”
Cosa accade in Italia? Qual è l’impatto di questo fenomeno sulla libertà delle donne nella Chiesa? Ne abbiamo parlato con Paola Lazzarini, sociologa, fondatrice di Donne per la Chiesa e co-conduttrice del podcast Cristianə a chi?
I dati a disposizione riguardano l’estero. Dalla tua prospettiva, che ricadute ha questo fenomeno in Italia?
Non solo non abbiamo dati italiani per il momento, non ne abbiamo nemmeno per l’Europa. Lo studio dell’equipe condotta da Doris Reisinger è basato su dati americani quindi per il nostro Paese c’è un lavoro ancora tutto da fare. Alcuni casi in Italia sono emersi. Ricordo che nel 2018-19 nella diocesi di Cosenza una donna era stata costretta dal prete con cui aveva avuto un rapporto sessuale ad abortire. Era emerso durante una trasmissione televisiva. Di fatto ne sappiamo veramente poco. È ancora la dimensione più oscura dell’abuso sulle donne.
Quale ruolo ha giocato e continua a giocare la Chiesa nell’alimentare gli abusi riproduttivi?
La Chiesa da un lato criminalizza le donne che abortiscono e dall’altro è incapace di dare conto delle induzioni all’aborto provocate dai membri del clero. Oltre all’aborto, c’è comunque la questione dei figli dei preti non riconosciuti e abbandonati. In altri contesti ci sono delle associazioni che li difendono, ma in Italia i figli non non riconosciuti dai preti sono figli di fatto abbandonati dai loro padri e di cui la Chiesa non si fa minimamente carico.
Ci sono delle iniziative intraprese dalle istituzioni o dai gruppi autonomi per ottenere giustizia e prevenire questi fenomeni?
Che io sappia in Italia non c’è assolutamente nulla su questo. Sono emersi anche pochi casi in fondo rispetto ad altri tipi di abusi e quindi siamo ancora molto molto indietro. Ma in generale in Europa. Speriamo che il meta studio che stanno facendo con l’equipe di Doris Reisinger apra un po’ la strada ad altre ricerche di questo tipo, che si aprano agli archivi. È possibilissimo che ci siano negli archivi, per esempio delle congregazioni maschili, anche dei dati che noi non sappiamo su figli di preti e sulle vite che hanno condotto le loro madri.