Perché leggere questo articolo? Il conflitto tra Israele e Hamas continua e le tensioni internazionali aumentano. True-News.it ha intervistato il politologo e studioso Alessandro Cassanmagnago sul ruolo di supporto politico che sta avendo l’Iran in questa guerra.
Il conflitto tra Israele e Hamas è una guerra che sta monopolizzando l’attenzione dei media di tutto il mondo anche a seguito dell’escalation partita il 7 ottobre 2023. Il primo ministro israeliano Netanyahu appare sempre più isolato dal mondo. Una questione importante è comprendere l’influenza che sta avendo l’Iran sulla guerra in atto. Qual è quindi il ruolo dello Stato iraniano nel conflitto? True-News.it ha intervistato Alessandro Cassanmagnago, politologo e studioso di Medio Oriente.
L’Iran e il supporto politico ad Hamas
“Il ruolo dell’Iran per ora è stato quello di supporto a livello politico, quindi riconoscimento di Hamas come un attore legittimo”, ha dichiarato Cassanmagnago. Ma il supporto ad Hamas da parte iraniana era evidente già prima del famoso 7 ottobre. I finanziamenti iraniani però solo “solo” al terzo posto se guardiamo gli indici delle risorse ottenute da Hamas. “Il primo posto arriva dai dazi che Hamas fa pagare per i beni che entrano ed escono dalla Striscia di Gaza e al secondo troviamo il Qatar”. Il 7 ottobre quindi si inserisce in uno scontro già esistente fra Israele e Iran ma anche fra Usa e Iran. L’intelligence americana però “ha già detto che l’Iran non ha né pianificato né eseguito quello che è successo il 7 ottobre. Pare addirittura che i vertici politici non fossero neanche stati allertati”, spiega il politologo.
Questo però non toglie l’innegabile supporto dello Stato iraniano nei confronti di Hamas. Supporto che però, almeno per il momento, è limitato. Il motivo? Il timore dello scontro diretto con gli Stati Uniti e Israele. Preferiscono, piuttosto, “una guerra di logoramento in cui Usa e Israle pian piano si indeboliscono. Questo porterebbe ad un abbandono della regione nel caso americano e ad una riduzione della presenza e influenza militare nel caso israeliano”, afferma Cassanmagnago.
La minaccia iraniana agli Stati Uniti
L’Iran può essere quindi una minaccia per gli Stati Uniti? “Per il mondo in generale non è una minaccia, per gli Usa dipende. Se intendiamo la popolazione americana in America no. Se per Usa intendiamo gli interessi americani in Medio Oriente allora si”, spiega l’esperto. L’Iran si è infatti sempre mostrata di più come una potenza difensiva negli ultimi quarant’anni. Questo perché, spiega Cassanmagnago, “dal 1979 in poi è sotto sanzioni internazionali”. Questo ha causato “danni pesanti all’economia che non li ha portati ad allestire forze armate convenzionali”. L’Iran eccelle “nell’arsenale missilistico e lo dimostra l’efficacia dei missili che gli Houthi lanciano contro le navi del Mar Rosso che sono quasi tutti iraniani”. La nuova tecnologia persiana però è quella dei droni. Per abbatterli è necessario applicare strumenti “che costano 7 volte di più degli stessi droni”. Questo è “un esempio di guerra di logoramento”.
Quello che manca all’Iran, secondo il politologo sono “i nervi per avviare una guerra contro Usa e Israele”. L’assessment americano riflette quindi la timidezza iraniana a sviluppare un armamento nucleare. E questo avviene per due motivi. “In primo luogo perché Usa e Israele hanno già un armamento avanzato, quindi sono indietro ed è incolmabile. In secondo luogo c’è una risposta di diritto islamico dell’Ayatollah Khomeini e confermato ancora oggi che vieta l’utilizzo di armi atomiche da parte delle forze iraniane”.
I droni dell’Iran e l’incognita Venezuela
“Fondamentalmente la minaccia iraniana esiste per gli Usa ma è una minaccia agli interessi statunitensi, non ai cittadini statunitensi”, dichiara Cassanmagnago. Una questione interessante potrebbe riguardare però gli Stati Uniti da vicino. Questo nuovo stile di guerra dei droni potrebbe essere replicata vicino a casa degli americani “se l’Iran li dovesse fornire ad un paese alleato come il Venezuela“. In Venezuela infatti sono già presenti fabbriche di droni iraniane. “È un’ipotesi possibile se l’Iran si dovesse sentire minacciato e penso sia più probabile di un armamento nucleare. È anche più facile da realizzare. Deve solo avere la volontà politica. Nel caso in cui le sanzioni americane in Venezuela dovessero aumentare potrebbe effettivamente succedere”.
Il cambio di visione dell’opinione pubblica su Netanyahu
Il primo ministro israeliano Netanyahu appare sempre più isolato dal resto del mondo. Isolamento che però, secondo il politologo, è solo politico. “Sulla carta, isolato non è mai. L’Iran e Russia sono due paesi isolati”. Infatti non sono arrivate effettive sanzioni economiche per Israele e anche l’ultima risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu è stata bocciata. “Questo esprime che non c’è volontà di far finire questa operazione”.
Quello che sta cambiando, secondo Cassanmagnago, è la visione dell’opinione pubblica che si sta schierando sempre di più nei confronti della Palestina. Ma non solo l’opinione pubblica mondiale, anche la stessa israeliana si sta rivolgendo contro Netanyahu. I motivi sono differenti. “Il principale rimangono gli ostaggi non ancora liberati. E anche chiaramente perché la strage di palestinesi aumenta le tensioni al di fuori di Gaza”, ha dichiarato. “Ulteriori stragi potrebbero far cambiare seriamente l’opinione generale. Sarà un boomerang sul lungo periodo”.
Previsioni future sul conflitto
“Io credo che ad un certo punto il conflitto arriverà al termine”, afferma speranzoso Alessandro Cassanmagnago. “Ci potrebbe essere una tregua, come viene ipotizzato ora, col rilascio degli ostaggi e con qualche settimana di tempo per permettere agli aiuti umanitari di prendersi cura della popolazione”. L’alternativa è che Netanyahu arrivi davvero al massacro. Questo porterebbe ad un cambio completo della situazione. “Se dovesse effettivamente arrivare lo sterminio è possibile però che azioni di gruppi estremisti islamici o che appoggiano Hamas possano diventare più credibili anche in Occidente”.
Cassanmagnago rimane però scettico sul fatto che l’Iran possa effettivamente intervenire contro Israele. “L’obiettivo iraniano rimane sul lungo periodo. Il divario tra Israele e Iran a livello convenzionale è troppo sbilanciato in favore di Israele. Il loro unico obiettivo rimane quindi vincere una guerra sul lungo periodo logorando Usa e Israele”, conclude.