Perché leggere questo articolo? Conflitto Israele – Hamas e l’incognita ostaggi. True-News.it ha intervistato l’ambasciatore Marco Carnelos: “Non si sa quanti ostaggi sono ancora vivi. In questo contesto affiora una macabra e cinica convergenza di interessi tra Hamas e Netanyahu. Anche il Premier israeliano sta tentando di prendere tempo nella consapevolezza che più il conflitto si prolunga e più si allontana la resa dei conti che l’attende”. L’intervista.
Sono passati 7 mesi dall’inizio del conflitto tra Hamas e Israele e non sembra esserci, almeno per il momento, possibilità di un accordo tra le due parti. Il Segretario di Stato Usa Anthony Blinken, in visita in Israele, esorta Hamas ad una resa e cerca di ottenere un cessate il fuoco temporaneo a Gaza. True-News.it ha intervistato l’ambasciatore Marco Carnelos, già diplomatico in Iraq, sul conflitto in atto e sulle richieste di rilascio degli ostaggi. Questa richiesta però potrebbe non essere accettata anche a causa della morte della maggior parte degli ostaggi in mano ad Hamas.
Carnelos: “Dopo 7 mesi di conflitto Israele non può permettersi che Hamas sopravviva”
Terminare la guerra in questo momento potrebbe essere una grande sconfitta per Israele? “Senza dubbio!”, afferma con certezza Marco Carnelos. “Dopo 7 mesi di conflitto un numero di perdite enormi, soprattutto civili purtroppo e una distruzione quasi sistematica di tutta la striscia di Gaza, Israele non può permettersi che Hamas sopravviva”. I motivi sono ovvi. Hamas infatti, prima o poi, “si riorganizzerà e tornerà a colpire se non vi sarà un’autentica svolta politica”.
D’altro canto, la stessa “nozione di distruzione di Hamas” secondo l’ambasciatore “appare inverosimile perché l’organizzazione riscuote ancora vasti consensi sia a Gaza che nella West Bank. Ma anche nei paesi arabi soprattutto in Egitto e Giordania”. Ed è proprio questo il dilemma che si ritrova a vivere Israele ora. “Non può estirpare Hamas, ma se non estirpa Hamas andrà incontro ad una cocente sconfitta”.
Guerra Hamas – Israele. Il pericolo dell’apertura del fronte libanese
Le notizie degli scorsi giorni sembravano portare ad una svolta del conflitto. “Poi è arrivata l’improvvisa dichiarazione di Netanyahu che ha detto che Israele avrebbe invaso Rafah con o senza accordo per la liberazione degli ostaggi”, ha aggiunto Carnelos. Proprio per questo Hamas non avrebbe avuto nessuna convenienza a siglare l’accordo. “Infatti, Hamas non ha accolto l’ultima proposta. Ecco che le prospettive di un’intesa si sono di nuovo allontanate”.
La situazione potrebbe essere diversa se si parla di allargamento del conflitto su scala mondiale. “Gli Stati Uniti però”, continua il diplomatico, “hanno lavorato e stanno lavorando alacremente per evitarlo”. Qualcosa potrebbe cambiare nel caso in cui quadro attuale di Gaza dovesse rivelarsi come uno stallo permanente. Il tal caso “Netanyahu potrebbe essere tentato di aprire il fronte libanese e allora l’entità e la dimensione del conflitto subirebbe un netto salto di qualità a cui il nostro Paese, che ha un significativo contingente nel Libano meridionale, non potrebbe rimanere estraneo”. Giusta la visita recente della premier Meloni in Libano secondo Carnelos. “Ma il Governo italiano dovrebbe avviare una propria iniziativa per sventare il rischio di allargamento del conflitto”. “Roma non può lasciare a Parigi la gestione di un dossier delicato come quello Libanese”, ha dichiarato.
Carnelos: “Operazione israeliana su Rafah irrealizzabile”
Tramite la spinta americana però, pare che Israele stia iniziando a considerare l’opzione di rallentamento della presa per puntare sulla restituzione degli ostaggi. “Sono mesi che gli americani stanno premendo su Israele ma finora di fatti concreti, purtroppo, se ne sono visti pochi”, ha affermato l’ambasciatore. “La stessa Amministrazione Biden non ha un’opposizione di principio all’operazione militare israeliana su Rafah asseritamente finalizzata alla completa distruzione di Hamas che, a mio modesto avviso, è irrealizzabile”.
Riguardo questa operazione, Carnelos ha le idee chiare. “Nelle attuali condizioni tale operazione sarebbe l’ennesimo massacro perché al momento non vi sono opzioni credibili per trasferire il milione di persone che si sono assiepate a Rafah”, ha rivelato. “Non dimentichiamo infine che gli ostaggi israeliani restano l’ultima carta in mano ad Hamas e quest’ultima se la vuole giocare bene”.
L’incognita degli ostaggi di Hamas
Con riferimento agli ostaggi però, la situazione è poco chiara. E potrebbero non esserci più ostaggi da restituire. “L’obbiettivo è difficilmente raggiungibile, occorrerebbe una soluzione politica ma al momento non se ne parla. L’unica ipotesi ventilata è quella di riportare l’Autorità Nazionale Palestinese a Gaza, ma non è affatto chiaro se questa possa essere praticabile. Soprattutto, si teme che possa rivelarsi un boomerang perché buona parte della popolazione palestinese di Gaza considera l’ANP come eccessivamente collusa con Israele”, aggiunge Carnelos.
I dati che abbiamo sugli ostaggi sono poco confortanti. “Stime di intelligence indicherebbe che i due terzi degli ostaggi che Hamas ufficialmente ancora detiene potrebbero essere morti e non è nemmeno chiaro se quelli che restano siano tutti nelle mani di Hamas”. Risulta quindi chiaro il motivo per Hamas stia cercando di tergiversare e prendere tempo. “In questo contesto affiora una macabra e cinica convergenza di interessi con Netanyahu, anche il Premier israeliano sta tentando di prendere tempo nella consapevolezza che più il conflitto si prolunga e più si allontana la resa dei conti che l’attende”. Scelte sbagliate del Primo Ministro. “Non traspare alcuna strategia nelle scelte di Netanyahu, solo una mera tattica dilatoria”, ha affermato il diplomatico.
La deposizione di Netanyahu potrebbe “servire a poco”
Marco Carnelos inoltre non pensa che un’ipotetica deposizione di Netanyahu potrebbe cambiare le sorti del conflitto. “Netanyahu appare isolato, ma quello che pensa lo condividono anche coloro apparentemente destinati a sostituirlo”, ha dichiarato. “Le posizioni di Menachem Gantz, il principale candidato alla successione, sulla questione palestinese non differiscono molto da quelle di Netanyahu e, circostanza ancora più inquietante, sono ancora condivise dalla maggioranza dell’opinione pubblica israeliana”.
Togliere il Primo Ministro dal suo ruolo quindi non sarebbe molto utile. “Deporre Netanyahu, temo, servirà a poco, salvo, forse, far recuperare qualche voto a Biden in vista delle presidenziali di novembre”, ha concluso Carnelos.