Perché questo articolo potrebbe interessarti? I possibili dazi dell’Unione europea sulle auto elettriche prodotte in Cina. La risposta del Dragone e le conseguenze. Con il rischio, sullo sfondo, di una guerra commerciale tra Bruxelles e Pechino. Cosa succederà nei prossimi anni tra il Vecchio Continente e il gigante asiatico? “La Cina risponderà chirurgicamente ai dazi. E già oggi la Germania, grande esportatrice, è sotto ricatto. Ma serve un piano industriale di livello europeo”. Intervista all’economista Alberto Forchielli.
“Attuare dazi sulle auto elettriche prodotte in Cina? È la strada giusta per salvaguardare l’industria europea. Tuttavia queste tariffe non bastano, da sole, a proteggerla”. Parola di Alberto Forchielli, economista, grande conoscitore di Oriente e Managing Partner di Mindful Capital Partners.
In una conversazione con True-news, Forchielli ha acceso i riflettori su un aspetto ignorato da molti analisti. Al netto, e in seguito, all’eventuale applicazione dei dazi di sugli EV (Electric Vehicle) made in China da parte di Bruxelles, è necessario che l’Ue sviluppi adeguati piani industriali per contenere la spinta di Pechino.
“I dazi cristallizzeranno la situazione per un po’ di tempo. Serve però che l’industria europea sviluppi, poi, dei piani industriali di innovazione ed efficientamento”, ha puntualizzato Forchielli.
In sostanza, accanto ad una pars destruens è fondamentale che il Vecchio Continente concepisca anche una pars costruens.
Non solo dazi: cosa deve fare l’Ue per salvaguardare la propria industria
Se la pars destruens coincide con l’utilizzo del martello pneumatico sulle auto elettriche prodotte oltre la Muraglia, la pars costruens corrisponde ad un programma europeo capace di rimpiazzare la dipendenza estera sul fronte – in questo caso – dell’automotive.
“Bisogna rimpiazzare le esportazioni cinesi, altrimenti non avrebbe senso mettere soltanti dazi e sarebbe bastato soltanto bloccarle. È necessario trovare imprenditori che ricoprano un ruolo simile, creare un sistema di incentivi, fare piani industriali, concepirli, eseguirli, controllarli. Non è semplice”, ha spiegato ancora Forchielli.
Più nel dettaglio, ha specificato l’economista, “bisogna individuare i settori industriali all’interno dei quali si vogliono rimpiazzare le importazioni cinesi. Individuare, poi, quanti di questi prodotti vogliamo produrre in Europa e quanti importare. E poi bisogna incentivare i produttori non cinesi a venire a produrre nel nostro continente”.
Detto altrimenti: nel caso in cui l’Ue vorrà davvero avventurarsi su questo percorso, dovrà concepire una road map precisa e dettagliata. Valida nel medio-lungo periodo, propositiva e che vada oltre i dazi e le semplice barriere commerciali.
Gli incentivi e il ruolo dei singoli Paesi
A proposito di incentivi, i piani industriali citati da Forchielli possono prendere forma mediante ingenti quantità di fondi pubblici.
“L’Italia purtroppo non ha soldi. Sarebbe meglio quindi se questi piani venissero sviluppati a livello europeo più che su base nazionale. Sembra però che ci sia molta resistenza. Infatti adesso si sta procedendo a livello nazionale, con ogni Paese dell’Ue che sborsa gli incentivi che crede. In questo, la Germania – più che la Francia – è estremamente avvantaggiata perché Berlino ha il bilancio disponibile per reindustrializzarsi”, ha aggiunto l’esperto.
La citata Germania rischia di pagare il conto più salato dell’intero continente europeo in caso di dazi Ue sulle auto cinesi. Il motivo è semplice: le grandi industrie automobilistiche tedesche producono saldamente all’ombra della Città Proibita.
È per questo che a Berlino c’è chi non intende soffiare sul fuoco dei dazi. “La Germania è sotto ricatto. I cinesi sono pronti a rispondere all’Ue mettendo i dazi sulle macchine ad alta cilindrata. E quindi: Mercedes, Bmw e Audi. La Germania, che ha un volume di esportazione estremamente più alto degli altri Paesi europei, si sente minacciata. Perché è l’unica nazione che può soffrire grandemente dall’imposizione dei contro dazi da parte cinese”, ha dichiarato Forchielli. Ecco perché Berlino farà di tutto per tenere bassi i dazi europei.
Non solo auto: la risposta cinese
Quando chiediamo a Forchielli come potrebbe muoversi la Cina, l’imprenditore non ha dubbi: “La reazione cinese sarà chirurgica. Pechino andrà a toccare le produzioni più sensibili. Metterà contro dazi su auto, formaggio e vini per punire francesi, e anche un poi noi italiani, poi però la cosa finirà lì”.
La prospettiva dei dazi da parte di Bruxelles potrebbe incentivare i cinesi ad investire in Europa per bypassarli. “Vale la pena darci, a livello europeo, una legislazione per regolarli?”, si è quindi chiesto Forchielli.
La sua risposta è stata affermativa: “Ritengo di sì. È fondamentale impedire investimenti sconsiderati. Il mondo del resto si sta ribaltando: 30 anni fa eravamo noi che volevamo andare in Cina. In quel periodo i cinesi mantenevano alti i dazi e ci obbligavano a fare delle joint venture con loro. Ecco: noi dovremmo imparare dai cinesi. Come hanno fatto loro ad industrializzarsi? Obbligando i partner stranieri a fare joint venture, a volte di maggioranza a volte di minoranza, e riservando alcuni settori soltanto per loro stessi”. L’Europa farebbe bene a prendere appunti. In vista del presente, ma soprattutto del futuro.