Monta la protesta di piazza degli israeliani contro il premier Netanyahu, considerato il vero responsabile per la morte dei sei ostaggi da ottobre nelle mani di Hamas. Roberto Vivaldelli, giornalista esperto di comunicazione e relazioni internazionali: “Il popolo israeliano è l’unico fronte che davvero può cambiare la storia”. L’intervista
Il popolo è sceso in piazza, e Israele fa i conti con l’avanzata senza precedenti di Netanyahu. Circa 500mila i cittadini israeliani che solo a Tel Aviv hanno preso parte alle proteste contro l’interminabile conflitto nella Striscia di Gaza. A far esplodere la rabbia di molti israeliani, la tragica scoperta che Hamas ha giustiziato sei ostaggi israeliani, prigionieri dallo scorso ottobre, con un colpo alla testa. E per i manifestanti la responsabilità è tutta di Bibi.
L’accusa che giunge dalle piazze è che il premier pensava a come occupare il corridoio Filadelfia al posto di coordinare un negoziato tempestivo volto alla liberazione degli ostaggi. I sei israeliani erano prigionieri di Hamas dal famigerato 7 ottobre. I terroristi li avrebbero uccisi tra le 48 e le 72 ore prima che i soldati dell’Idf riuscissero a trovarli, abbandonati in un tunnel nei pressi di Rafah.
Lo sciopero generale contro Netanyahu
Oggi è iniziato lo sciopero generale in tutto il Paese. Dalle ore 6, uffici governativi e comunali rimangono chiusi, così come scuole e diverse aziende private. A dichiararlo, è stata l’Histadrut, la più grande organizzazione sindacale israeliana. Affermando che lo sciopero generale terminerà alle ore 18 locali. Tuttavia, la risposta da parte del Tribunale del lavoro non tarda ad arrivare. «Dopo aver ascoltato le posizioni delle parti, ordiniamo la fine dello sciopero generale alle 14:30».
L’ennesimo tentativo di forte pressione da parte del governo per non bloccare le attività del Paese sembra però rivelarsi inefficace. La morte dei sei ostaggi può essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso? L’amministrazione statunitense guidata da Joe Biden ha fatto sapere che il presidente sta valutando la possibilità di presentare a Israele e Hamas una proposta definitiva per un accordo sul rilascio degli ostaggi e sul cessate il fuoco entro la fine della settimana.
Vivaldelli: “Il popolo israeliano può cambiare la storia”
La voce che si leva dalle piazze israeliane può quindi riuscire a rovesciare le sorti del conflitto? Ne abbiamo parlato con Roberto Vivaldelli, giornalista de Il Giornale. «Il popolo israeliano è l’unico fronte che davvero può cambiare la storia».
Vivaldelli, il popolo israeliano potrebbe riuscire a cambiare le sorti del conflitto?
Dato che l’amministrazione Biden se n’è lavata le mani di ciò che accade a Gaza e ha dato semaforo verde a Netanyahu. Ignorando le stesse “linee rosse” che ha più volte annunciato e continuando a rifornire di armi Israele, direi che sì, il popolo israeliano è l’unico che – davvero – può cambiare la storia e pretendere un cambiamento rispetto alla politica del Paese.
Il dissenso nei confronti di Netanyahu continua a crescere. Ma agli israeliani cosa importa davvero?
C’è da dire che una parte importante del Paese ha protestato contro Netanyahu sin dall’inizio. Prima del conflitto, Bibi era inoltre contestato per la controversa riforma della giustizia del Paese. Poi per come ha deciso di gestire la partita degli ostaggi. Ora forse ci si è resi conto che questa guerra sta costando molto a Israele in termini di prestigio internazionale. Dal canto suo Netanyahu, che affronta crescenti richieste da parte di buona parte del suo popolo di porre fine a quasi 11 mesi di guerra con un accordo per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi rimasti, ha detto che Israele non si fermerà finché non avrà catturato i responsabili. Per i manifestanti, tuttavia, Bibi – e non solo Hamas – è il principale responsabile della morte degli ostaggi. Ed è principalmente per questo motivo che i manifestanti sono scesi in piazza in molte città. Da Gerusalemme a Tel Aviv.
Come potrebbe cambiare la situazione occupando il corridoio Filadelfia?
Netanyahu ha più volte dichiarato l’intenzione di controllare questa stretta zona cuscinetto lungo il confine tra Egitto e Gaza da quando le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno lanciato la loro guerra contro Hamas in seguito agli attacchi del 7 ottobre. La recente votazione del gabinetto di guerra a favore di occupare parti del corridoio è giustificata dal fatto che, secondo Israele, gli attacchi del 7 ottobre sono stati resi possibili “dal fatto che il corridoio Filadelfia non era nelle mani di Israele”. Questa decisione – a cui l’Egitto si oppone fermamente e non è presente nel piano di pace presentato dall’amministrazione Biden – non fa altro che allontanare ogni prospettiva di accordo negoziale.