Perchè leggere questo articolo? Operazioni come quella tra Sony e Paramount sono il segnale del passaggio verso una nuova fase per l’industria dell’entertainment. Pochissimi, enormi, player e minori contenuti. “E per gli utenti sarà meglio”, commenta Stefano Bini intervistato da true-news.it
Sony che assieme ad Apollo formula una proposta da 26 miliardi di dollari per acquisire Paramount. Warner Bros che in Italia allestisce una sontuosa campagna acquisti per i palinsesti di Discovery. Netflix che ha recentemente aggiornato al rialzo i suoi abbonamenti. Amazon Prime che ha invece introdotto gli spot. L’industria dell’entertainment è in fermento. L’impressione è che si sia entrati in una fase di accelerazione verso quelli che saranno gli scenari futuri. Probabilmente diversi da quelli che molti ipotizzavano qualche tempo fa, quando si pensava che il modello-Netflix avrebbe spazzato via tutto il resto. Ed invece i “vecchi” broadcaster sono passati al contrattacco provocando una autentica escalation.
Il bottino di guerra? Siamo noi. Gli utenti, il pubblico. Le ore che trascorriamo davanti agli schermi. Un bene che si è dimostrato ampiamente disponibile. Ma che non è tuttavia inesauribile. Secondo Stefano Bini, esperto di comunicazione, autore e conduttore televisivo e radiofonico, “è in corso una lotta nella quale gli squali più grandi mangeranno i pesci più piccoli. L’offerta già oggi eccede la domanda, ma questo fa parte di una precisa strategia dei broadcaster, che vogliono conquistare il proprio target di riferimento, disposti anche a spendere più di quello che guadagneranno. Questa corsa al rialzo è tuttavia destinata a finire. E per gli utenti sarà un bene“. L’intervista.
Bini, cosa ne pensa della possibile operazione Sony-Paramount?
E’ una operazione che dimostra che i broadcaster sono più vivi che mai. Sia sul fronte del digitale che su quello dello streaming. Ed anzi, questo è ormai un doppio canale imprescindibile: sia digitale che streaming rappresentano il core business. Ma la sovrabbondanza dell’offerta è tale da portare ormai le realtà più grandi a mangiarsi tra loro. Lo squalo più forte vincerà sugli altri pesci e sugli squali più piccoli. Prendendosi tutto: visualizzazioni, ascolti, pubblico
Una sfida per la sopravvivenza.
Operazioni gigantesche. E non è detto che vadano a buon fine. Vale la pena per Sony acquisire un broadcaster con un target leggermente diverso dal suo? Il passato dice che non sempre la risposta è positiva: l’acquisizione di Endemol da parte di Mediaset è stata fallimentare. Ed anche Murdoch a volte ha sbagliato nel compiere certe acquisizioni. Sono operazioni da condurre in modo molto intelligente. Anche perchè la concorrenza non sta a guardare e si è fatta spietata per via della troppa offerta. Ma in ballo oltre a ingenti quantità di denaro ci sono anche enormi giochi di potere
Se questo è lo scenario, si andrà verso una sorta di oligopolio dominato da pochissime, gigantesche società?
Gli investimenti nel settore sono talmente rilevanti che alla fine avremo tre o quattro grandissimi gruppi ai quali farà capo l’intero intrattenimento globale
Un processo che non sarà indolore per tutti. Forse nemmeno per gli stessi broadcaster
Già oggi l’offerta supera la domanda. Perchè? I broadcaster sono impegnati ad accaparrarsi fette di pubblico corrispondenti al loro target. Netflix e i giovani, Raiplay e i giovanissimi, Paramount e le famiglie. Con progetti sempre più targettizzati e mirati. Ma i contenuti sono talmente numerosi che non solo non si riesce a stare al passo con le nuove uscite. Non si riesce più nemmeno a cercarle. Ci troviamo nella più grande voragine dei contenuti mai esistita. Ogni target è presidiato con una sovrabbondanza di proposte: contenuti per bambini, famiglie, anziani, giovani, single, categorie specifiche
Che senso ha produrre più contenuti di quanti possano essere materialmente consumati?
Questa esplosione di contenuti deriva dalla necessità di farsi identificare dal proprio potenziale pubblico e legarlo al proprio brand attraverso la generazione di una offerta amplissima
E funziona?
In realtà questa situazione non fa il bene degli spettatori, che si smarriscono. Inoltre ritengo che questa corsa al rialzo sia destinata a finire per il semplice fatto che richiede un investimento del tutto insostenibile economicamente. Broadcaster e piattaforme a fine anno hanno comunque necessità di portare degli utili
Cosa succederà dunque?
Netflix cerca di tamponare aumentando i costi degli abbonamenti. Amazon Prime introduce la pubblicità. Ma credo che a breve, mentre proseguiranno le operazioni di accorpamento, si assisterà ad un grande rallentamento nella produzione dei contenuti. Meno prodotti ma di maggiore qualità. E anche per gli utenti sarà un bene
Nel piccolo dell’Italia che partita si giocherà?
La via è quella tracciata da Warner Bros con Discovery-Nove. La7 e Mediaset saranno le prossime. Tra qualche anno Piersilvio Berlusconi lascerà. Ma sta già ora lavorando in modo molto attivo per rendere la società appetibile sul mercato globale, ingolosendo i potenziali investitori.