Home Economy Lituania, mercato delle startup in crescita costante: il futuro del Venture Capital

Lituania, mercato delle startup in crescita costante: il futuro del Venture Capital

Lituania, mercato delle startup in crescita costante: il futuro del Venture Capital

Conversazione con Jonė Vaitulevičiūtė, managing partner di Firstpick: “Operatori molto competenti e fattore ecosistema. I founders rimangono in Lituania, c’è un grande network qui”

(di Gabriele Junior Pedrazzoli)

L’impressionante crescita del mercato lituano delle startup negli ultimi anni ha reso la Lituania oggetto di molta attenzione. Emergendo come uno degli ecosistemi dell’innovazione più dinamici d’Europa, dal valore di oltre 13.7 miliardi di euro, la Lituania si distingue per il suo particolare approccio al Venture Capital, all’imprenditorialità e alla digitalizzazione. Realtà di successo come Vinted, Nord VPN, BCG e Flo Health sono solo gli ultimi prodotti di questo ambiente ad aver superato la soglia del miliardo di dollari in capitalizzazione. Ne abbiamo parlato con Jonė Vaitulevičiūtė, managing partner di Firstpick. L’intervista.

Sono sempre stato affascinato dalla legge di Rachleff sul successo delle startup: quando un team modesto incontra un buon mercato, il mercato vince. Quando un buon team incontra un mercato modesto, il mercato vince. Quando un buon team incontra un buon mercato, accade qualcosa di speciale. Qualcosa di speciale sta chiaramente accadendo in Lituania: come si spiega?

Io credo che un founder coraggioso con il giusto team, anche nel momento in cui si confronti con un mercato non all’altezza, possa sempre arrivare ad un buon risultato. Sono convinta di questo e forse è proprio ciò che sta accadendo in Lituania: in generale ci sono molte startup ben consolidate, come Vinted, e moltissime altre startup autofinanziate (Tesonet per dirne una) che riscuotono un certo successo. In comune questi due modelli hanno una cosa: operatori molto competenti. C’è poi il fattore ecosistema. I founders rimangono in Lituania, c’è un grande network qui. Entrando in un bar la sera è facile incontrarne qualcuno ed è normale condividere suggerimenti e visioni. Non credo sia comune trovare questo tipo di ambiente. Quindi questo è ciò che sta accadendo: ci sono startup autofinanziate, ci sono startup consolidate nel mercato internazionale e attraverso l’afflusso di capitale straniero il mercato continua a espandersi e crescere. Quello che cerchiamo adesso e in cui, come Firstpick, vogliamo investire sono founders con esperienza in aziende bigtech che vogliano cambiare, che vogliano costruire qualcosa di loro. Li stiamo aspettando. La settimana scorsa alla Startup Fair c’erano i nostri poster con scritto “this is a sign you should start your startup”.

Riguardo al capitale straniero, proprio alla Startup Fair lei ha fatto notare che al momento l’afflusso non è sufficiente. Il capitale straniero manca. Perchè secondo lei?

Non la chiamerei mancanza, ma capisco perfettamente perché non ci sia un massiccio interesse da parte dei principali fondi di investimento internazionali: perché la quantità di startup di Serie A o B, in cui questi fondi investono, che il nostro mercato produce è bassa. Non possiamo offrire 15 Serie A all’anno, il numero è più vicino a 3. Chiaramente una volta raggiunto il round di Serie A ci si assicura un buon investitore occidentale e l’accesso al capitale: è così che il nostro ecosistema cresce. Lavoriamo molto perché questi fondi vengano in Lituania, visitino le nostre startup, le nostre fiere e ci assicuriamo che capiscano l’ambiente, che conoscano le persone, che non si limitino a presenziare alle conferenze. Lo step successivo a quel punto è investire.

Qual’è quindi la strategia del governo per incentivare il fenomeno nei prossimi anni?

Dieci anni fa, quando ho iniziato a lavorare nel mondo del Venture Capital, i fondi erano pochissimi e non c’era quasi nessun attore privato. Non era solo la rischiosità dell’investimento, ma principalmente la poca conoscenza del modello a spaventare. La parola startup non poteva nemmeno essere usata, ci si riferiva a queste genericamente come “imprese”. Il governo ha iniettato molta liquidità, fornendo capitale iniziale di costituzione per diversi fondi ed è così che il Venture Capital lituano è nato. Adesso il governo sta gradualmente attenuando il suo coinvolgimento, lasciando il mercato ai privati. In dieci anni abbiamo sviluppato un forte ecosistema in cui adesso partecipano moltissimi investitori privati. I vari governi hanno fatto un ottimo lavoro e continuano, supportando gli acceleratori. Plug and Play è in Lituania grazie ad un’iniziativa governativa.

Insomma è proprio cambiata la mentalità dei privati che investono?

Sì, in modo importante. I primi investitori erano guidati da una prospettiva finanziaria, adesso i privati si approcciano al Venture Capital accettandone i tempi. Sapendo che i fondi saranno stanziati per un periodo di anche otto anni e nel mentre non avranno accesso a tale liquidità.

Tornando alla dimensione governativa: a breve si terranno le elezioni, potranno avere un impatto sull’approccio dello Stato rispetto al Venture Capital?

Potrebbero. Io faccio parte della Lithuania Venture Capital Association e in questi giorni abbiamo incontrato i rappresentanti dei vari partiti per discutere della loro visione riguardo al Venture Capital. Alcuni partiti sono stati molto chiari nell’esprimere la loro mancanza di fiducia nel sistema. L’attuale governo ha fatto un buon lavoro nella costruzione del nostro ecosistema e si è sempre impegnato per la crescita del mercato delle startup. Ad ogni modo credo che per come si è ormai sviluppato, nessun governo in quattro annipossa smantellare il nostro sistema ormai consolidato.

Però allora c’è un po’ di preoccupazione?

C’è, non si può mai sapere, però nel complesso sono fiduciosa. Abbiamo un solido track record alle spalle e sono convinta che quello che i manager dei vari fondi hanno costruito in questi anni possa superare qualsiasi eventuale difficoltà, anche senza aiuti.

Recentemente Raoul Fiano (DN capital) ha osservato come l’early stage delle startup lituane sia particolarmente rapido, ma allo stesso tempo ad alta intensità di capitale. Amministrare una startup sta diventando più costoso. Come mai?

Si tratta semplicemente della nostra economia che è molto cambiata negli ultimi anni. La qualità della vita è cresciuta in maniera impressionante e conseguentemente il suo costo. I salari si sono dovuti adeguare ed è principalmente questo il fattore che determina l’aumento nei costi per i founders. In più l’offerta di lavoratori qualificati è limitata nel settore, le startup si contendono programmatori e sviluppatori e il loro valore sul mercato sale. Nei prossimi anni mi aspetto che la nostra economia continui a crescere, sempre più rapidamente, ma non credo che seguirà un conseguente aumento dei costi. Il mercato si normalizzerà e le persone si abitueranno presto a questo nuovo ordine di grandezza.

Venendo a Firstpick più nel dettaglio: dopo aver selezionato una startup in cui investire, come la aiutate nel raggiungere il fatidico Product/Market Fit?

Come nome abbiamo scelto Firstpick perché siamo i primi ad investire, the first to pick. Spesso siamo l’unico investitore nella cap table e la nostra missione quindi è proprio quella di aiutare a trovare il PMF, senza il quale la vita di una startup è destinata ad essere breve. Ad ogni startup in cui investiamo, offriamo il nostro “acceleratore” che però non è un programma standardizzato per l’avviamento sul mercato, come solitamente accade. È un programma studiato su misura per le esigenze della singola startup finalizzato proprio al raggiungimento del PMF. Finora solo in un caso non siamo riusciti nell’intento. Spesso i cambiamenti richiesti sono minimi, non per questo meno importanti per raggiungere l’obiettivo.

Una cosa che si nota subito osservando il nostro portfolio è la dimensione internazionale di tutte le vostre startup. In molti altri ecosistemi, soprattutto in fase di Pre-Seed, si tende prima a trovare una zona di comfort nel mercato interno e solo dopo si tenta l’inserimento nella dimensione internazionale. Perchè qui è diverso?

Penso tu l’abbia detto bene: nel momento in cui trova una zona di comfort è poi difficile per il founder inserirsi in altri mercati. In più il mercato lituano è troppo piccolo per un business di grandi dimensioni, anche le nostre imprese più tradizionaliste sono votate alla dimensione internazionale. Questo agli investitori stranieri piace, è ciò che preferiscono del Baltico in generale, non solo della Lituania. I founder sono sempre internazionalmente orientati.