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Olimpiadi e pugili transgender, l’esperta: “Bene che gareggino, ma serve equità”

Olimpiadi e pugili transgender, l’esperta: “Bene che gareggino, ma serve equità”

Perchè leggere questo articolo? Olimpiadi, verso la sfida tra l’azzurra Angela Carini e l’algerina Imane Khelif, pugile transgender. La dottoressa Carolina Sellitto spiega le regole del Cio. E aggiunge: “Molto più contenta di vedere un transgender che gareggi anzichè un trangender in netto sovrappeso come alla cerimonia di inaugurazione”

Iniziate il 26 luglio, le Olimpiadi stanno tenendo attaccato allo schermo tutto il pianeta. Tra vittorie e sconfitte non mancano le polemiche. L’ultima vede come protagonista l’atleta transgender Imane Khelif che competerà giovedì 1 agosto con l’azzurra Angela Carini. Forti le parole della Lega: “Calpestati i diritti delle donne”. Il motivo della contestazione? Khelif è una atleta intersex che ha superato per le Olimpiadi 2024 i test di idoneità. Appena dodici mesi fa era invece stata esclusa dalla finale dei Mondiali di pugilato. Allora aveva fallito la verifica ormonale. il timore è che possa partire avvantaggiata nella competizione.

Atleti transgender alle Olimpiadi: le regole del Cio e di World Athletics

Abbiamo chiesto un parere ad una esperta nel settore. La dottoressa Carolina Sellitto, biologa, embriologa e nutrizionista: “Negli ultimi anni, l’inclusione degli atleti transgender nelle competizioni femminili ha sollevato dibattiti accesi. I criteri medici per la partecipazione variano tra le diverse organizzazioni sportive. Il Comitato Olimpico Internazionale richiede livelli di testosterone sotto i 10 nmol/L per almeno 12 mesi, mentre World Athletics impone una soglia di 5 nmol/L. Gli effetti dei livelli ormonali sulle prestazioni e i rischi di infortuni sono al centro delle discussioni. Le organizzazioni cercano di bilanciare equità e sicurezza, ma rimane complesso garantire una competizione giusta per tutte le atlete.”

Quali sono i criteri medici attualmente utilizzati per determinare l’idoneità di un atleta transgender a partecipare a competizioni femminili? Questa la panoramica aggiornata che ci riporta la dottoressa.

I criteri medici attualmente utilizzati per determinare l’idoneità di un atleta transgender a partecipare a competizioni femminili variano tra le diverse organizzazioni sportive, ma alcuni principi comuni sono applicati. Ecco una panoramica delle linee guida più rilevanti:

Comitato Olimpico Internazionale (CIO)

  1. Dichiarazione di genere: L’atleta deve dichiarare di identificarsi come donna. Questa dichiarazione non può essere cambiata per almeno quattro anni.
  2. Livelli di testosterone: L’atleta deve dimostrare che i suoi livelli di testosterone nel siero siano inferiori a 10 nmol/L per almeno 12 mesi prima della competizione e devono rimanere sotto questa soglia per tutto il periodo di competizione.

World Athletics (ex IAAF)

World Athletics, l’organo di governo dell’atletica leggera, ha criteri specifici per le atlete transgender:

Livelli di testosterone: Le atlete transgender devono mantenere i livelli di testosterone sotto i 5 nmol/L per almeno 12 mesi consecutivi prima della competizione e continuare a mantenere questi livelli durante il periodo di partecipazione.

NCAA (National Collegiate Athletic Association)

L’NCAA, che regola le competizioni sportive nei college negli Stati Uniti, ha criteri leggermente diversi:

Transizione da uomo a donna: L’atleta deve avere completato un anno di terapia ormonale per la soppressione del testosterone.

Altri criteri

In generale, altre federazioni sportive e leghe potrebbero avere le proprie regole e criteri specifici, ma molti si basano su principi simili a quelli sopra descritti. Alcuni dei criteri comuni includono:

  • Durata della terapia ormonale: Un periodo minimo di trattamento ormonale per ridurre i livelli di testosterone a un range considerato accettabile.
  • Monitoraggio continuo: Verifica periodica dei livelli di testosterone e di altri parametri biologici.
  • Documentazione medica: Fornire documentazione che attesti il rispetto delle linee guida stabilite dall’organizzazione sportiva di riferimento.

Discussioni e controversie

La questione dell’inclusione degli atleti transgender nelle competizioni femminili è oggetto di dibattito sia medico che etico. Alcuni ritengono che le linee guida attuali non eliminino completamente i vantaggi fisici derivanti dalla pubertà maschile, mentre altri sottolineano l’importanza dell’inclusione e della non discriminazione.

Questi criteri sono in continua evoluzione, con nuove ricerche e discussioni che influenzano le politiche sportive a livello internazionale.

Dottoressa, come influisce il livello ormonale sulle prestazioni sportive di un atleta transgender rispetto alle atlete cisgender?

Può variare la forza, la potenza e di conseguenza si è avvantaggiati nelle prestazioni

Esistono differenze significative nei rischi di infortuni quando atlete cisgender competono contro atlete transgender?

Sì. E bisogna tenerne conto

Come possono le organizzazioni sportive garantire equità e sicurezza per tutte le atlete, indipendentemente dal genere?

Cercando di controllare i livelli ormonali oppure cambiando le regole

Ma ha senso che una atleta trans gareggi contro donne biologiche?

Ha innanzitutto senso che gareggi perché lo sport dovrebbe favorire tutti, e tutti devono dare importanza al proprio corpo. Personalmente sono molto più contenta di vedere un transgender che gareggi e che quindi abbia costruito, con l’allenamento e con l’alimentazione, un corpo al meglio delle sue possibilità, anziché una scena come quella presentata alla cerimonia dove c’era un trangender in netto sovrappeso. Dobbiamo smetterla di pensare che cervello e corpo siano due cose separate. E avere rispetto per entrambi, come i tanti atleti diversamente abili ci dimostrano ogni giorno. Però, così come non faremmo gareggiare un peso massimo contro un peso piuma, con altrettanta attenzione dobbiamo organizzare i range e le categorie.