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Rapporto Ue sull’Italia, Castellani: «Valutazioni discutibili»

Rapporto Ue sull’Italia, Castellani: «Valutazioni discutibili»

Il Rapporto 2024 sullo stato di diritto della Commissione Ue calca la mano sull’Italia, e lo fa in maniera discutibile.

Con 46 pagine dedicate al Belpaese, da Bruxelles arrivano raccomandazioni dure su vari temi che hanno impegnato il governo negli ultimi mesi, come premierato, riforma giustizia e libertà di stampa.

In particolar modo, uno dei quattro capitoli riservati all’Italia si concentra proprio sulla riforma del premierato, affermando che «non sarebbe più possibile per il presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al Parlamento come primo ministro».

La risposta di Meloni

C’è poi il focus sulla tutela dei giornalisti e la garanzia d’indipendenza dei media, in cui la Commissione invita il Paese ad uniformarsi alla direttiva anti-Slapp, ovvero a proteggere i giornalisti dalle cosiddette querele temerarie.

Nonostante questi report non creino conseguenze sull’operato di governo, potrebbero però essere usati come arma da chi siede sui banchi dell’opposizione, sia interna, che al di fuori della penisola.

Dopo aver appreso la notizia, la premier Giorgia Meloni decide di controbattere con una lettera destinata direttamente al vertice della Commissione europea, Ursula Von der Leyen.

Meloni sottolinea la distorsione del documento a uso politico nel tentativo da parte di alcuni di attaccare il governo italiano.

Ne abbiamo parlato con Lorenzo Castellani, analista politico e ricercatore. «I report? L’approccio burocratico della Commissione si salda con quello ideologico». L’intervista.

Castellani, un commento sulle direttive della Commissione Ue?

Mi sembra assurdo che un ufficio burocratico di un’istituzione sovranazionale, fondata sui trattati e non su una costituzione, esprima valutazioni su riforme che sono di pertinenza degli Stati nazionali, e che quindi c’entrano molto poco con quelli che sono i compiti dell’Unione europea.

Se da un lato sono comprensibili i giudizi sulla politica economica, monetaria o sul PNRR, dall’altro lato sono molto meno comprensibili quelli sulle riforme istituzionali, come la riforma sulla giustizia o l’abolizione del reato di abuso d’ufficio.

Dobbiamo poi considerare che, per esempio, la fonte di ciò che viene detto sulla magistratura è esclusivamente l’Associazione Nazionali Magistrati.

I giornalisti usati come fonti sono quasi tutti afferenti a testate di orientamento di sinistra. C’è un uso delle fonti viziato. Non si può dire che la riforma sulla magistratura italiana potrebbe porre un problema di indipendenza senza considerare i problemi di politicizzazione che la magistratura subisce da parecchio tempo.

Questi sono dei report in cui l’approccio burocratico di regista dell’Ue si salda a un approccio ideologico. Da questo punto di vista ho molte perplessità su questo tipo di esercizi, soprattutto nei momenti in cui i discorsi sullo stato di diritto valgono fino a un certo punto, fino a che l’Unione non è politica e finché l’Unione non ha una costituzione.

Perché viene criticato il premierato ma viene accettato il presidenzialismo francese?

L’ordinamento giudiziario della Francia è un ordinamento dove c’è meno indipendenza PM rispetto a quello italiano, ma nessuno dice nulla.

Teniamo a mente che questi report, pur essendo fatti in buona fede, si prestano a grandi strumentalizzazioni politiche. Sono poi usati dalle opposizioni in Italia per attaccare il governo, o possono essere usate da altri Stati per attaccare il governo italiano e creare una conflittualità che di fatto non è giustificata.

Meloni ha risposto con una lettera, ha fatto la cosa giusta?

Sì, ma secondo me Meloni è stata fin troppo generosa. Forse questioni del genere non meriterebbero nemmeno una risposta, perché hanno una consistenza politica nulla.

Chi ha scritto questo report? Non Von der Leyen. Sono analisi scritte dagli uffici o dai dirigenti dell’Unione europea, secondo me non c’è nemmeno da difendersi se sei un governo che rispecchia la costituzione del tuo paese.

Poi, visto che si era sollevata polemica, ha fatto bene a rispondere. Però queste sono quelle cose su cui poi l’Unione europea perde molta legittimità agli occhi di un pezzo dell’elettorato, perché si possono accettare i vincoli, i suggerimenti, e i limiti su questioni finanziarie e monetarie, ma non questi report quasi di denuncia unilaterali.

In un’ottica futura, questi report potranno compromettere i rapporti tra Italia e Commissione?

No, non penso, perché questi report vengono fatti di routine appunto da dirigenti, che diventano più zelanti quando in Italia c’è un governo di centrodestra. Tuttavia, non sono dichiarazioni che provengono da Von Der Leyen né tantomeno da altri Paesi.

L’Italia è un Paese che purtroppo subisce degli attacchi inaccettabili come sono stati quelli fatti dai ministri degli Esteri francesi o spagnoli dopo le elezioni in Italia del 2022. Questo proviene dal fatto che una parte della classe dirigente italiana ama dipingere il Paese per molto peggio di quello che è in realtà.

Per questo dico che Meloni ha fatto bene a difendersi da questi report, perché i governi italiani di centrodestra hanno comunque sempre rispettato le prerogative costituzionali e non c’è stato nessun tentativo di sovversione.

La narrazione dell’Italia di un Paese sempre sull’orlo della dittatura, della Democratura e del fascismo è ridicola e purtroppo presta degli strumenti in mano a Paesi che sono alleati ma sono anche concorrenti e che hanno tutto l’interesse ad usarli contro di noi.

Non c’è quindi un ostacolo alla libertà di stampa?

Assolutamente no. La Rai è sempre stata lottizzata, non c’è stata alcuna riforma.

C’è stato semplicemente un cambio di governo, e ora c’è un governo con una maggioranza omogenea e chiaramente la Rai ha più attrazione per il centrodestra.

Sulla libertà di stampa, è chiaro che se hai le mafie i giornalisti sotto scorta sono di più. È ovvio che in alcuni territori fare il giornalista è più complicato, ma di sicuro non è una colpa del governo Meloni, ma di un male endemico dell’Italia.