Perché leggere questo articolo? Ue vs Musk. In attesa delle presidenziali statunitensi, lo scontro si inasprisce. Ma tutto si deciderà dopo le elezioni di novembre, quando l’Unione Europea “potrebbe varare una stretta sui social”.
I rapporti tra l’Unione Europea e il magnate Elon Musk continuano ad essere rigidi. E l’amicizia tra Musk e Trump inasprisce ancora di più questi rapporti. “Si profilano tempi difficili per la libertà d’espressione”. L’intervista al giornalista e scrittore Roberto Vivaldelli.
Le origini dello scontro
Lo scontro tra l’Ue e Musk sembra acuirsi ogni giorno di più. E il fatto che stiamo entrando nel pieno della campagna elettorale per eleggere il prossimo presidente degli Stati Uniti tende soltanto ad inasprire questo scontro. Le origini di questa disputa però non sono recenti. “I rapporti dell’Unione europea con l’amministrazione Trump non furono buoni”, ha dichiarato Vivaldelli.
La preoccupazione Ue è facile da comprendere. “I Paesi europei temono che una futura amministrazione repubblicana a guida Trump lasci sulle spalle dell’Ue il peso di sostenere la guerra in Ucraina”. E la lettera degli scorsi giorni del commissario europeo Thierry Breton ha avuto un chiaro significato politico, “dimostrando che Bruxelles tifa per Kamala Harris”. Questo gesto però, secondo il giornalista, non è passato inosservato. Ha infatti irritato non solo la campagna di Donald Trump ma anche diversi organi di stampa Usa. “È stata vista come un’ingerenza nella campagna elettorale americana: non a caso Ursula von der Leyen ha preso immediatamente le distanze e Breton è stato lasciato solo”. Quella che Vivaldelli quindi considera “una figuraccia”.
Musk, “il libertario di destra” che ha cambiato Twitter
Ormai i social network sono a tutti gli effetti diventati il campo di battaglie degli scontri politici. Non è tutto oro ciò che luccica però. “Elon Musk ha semplicemente svelato l’ipocrisia dietro questo discorso”, ha dichiarato Vivaldelli. È infatti chiaro ed evidente che le aziende private siano soggette ad ingerenze di ogni tipo. E non succede solo ora. “Semplicemente Musk è un libertario di destra e la governance precedente, come tutte quelle delle aziende Big Tech, sono invece legate ai dem”.
Necessario tenere presente cosa succedeva su X quando ancora si chiamava Twitter, prima dell’arrivo di Musk. “Ricordiamo che la precedente governance di Twitter è quella che ha oscurato le notizie (vere!) su Hunter, il figlio di Joe Biden e l’inchiesta del New York Post”, ha commentato. “I Twitter Files diffusi dai giornalisti indipendenti come Matt Taibbi hanno acclaro le connessioni tra le Big Tech i democratici”.
Il Digital Services Act e il rischio di censurare le opinioni scomode
Le preoccupazioni dell’Ue sono quelle di far rispettare il “Digital Services Act”, affinché sia garantito che la libertà di espressione e di informazione, inclusa la libertà dei media e il pluralismo, sia effettivamente protetta. Una sorta di caccia alla diffusione di fake news, che l’Unione Europea vede nei post del candidato repubblicano.
Vivaldelli però non è del tutto d’accordo con queste affermazioni. “Al di là del fatto che è opinabile che Donald Trump diffonda fake news mentre dall’altra parte della barricata si dica sempre e solo la verità, leggi come il Digital Service Act mi lasciano molto perplesso”. Il motivo è facilmente comprensibile. “Il rischio è quello di censurare le opinioni scomode con la scusa di combattere la disinformazione, è un terreno estremamente complicato e il Dsa è stato enormemente criticato da molti giornalisti e associazioni che tutelano il Free Speech”, ha affermato.
Breton vs Musk: l’ultima escalation di un regime di censura sempre più dispotico
Quello che è stato particolarmente criticato della lettera di Breton a Musk è la tempistica con la quale è stata diffusa. È infatti arrivata a qualche ora dall’intervista da miliardi di interazioni proprio su X. Ma questo non è stato il primo avvertimento europeo contro il magnate. “L’Ue ha dichiarato guerra a Elon Musk non appena si è insediato alla guida di Twitter, oggi X. Non è la prima lettera che Thierry Breton invia infatti al patron di Tesla”. Qualche mese fa arrivò il primo richiamo. “Lo scorso ottobre, a poco più due mesi dall’approvazione della normativa, l’Ue inviò un primo avvertimento ad Elon Musk per la presunta disinformazione circolata nell’ambito dell’attacco di Hamas contro Israele, che avrebbe compreso notizie false e “immagini vecchie” e “riciclate”, come se X fosse l’unica piattaforma vittima della propaganda di guerra”.
“Breton scrisse Musk per esortarlo a garantire “una risposta rapida, accurata e completa” alla richiesta di contattare Europol, l’agenzia di polizia dell’Ue, e “le agenzie di polizia competenti”, afferma Vivaldelli. “Come ha spiegato in un thread su X il giornalista Glenn Greenwald, la mossa dell’Ue rappresenta l’ultima escalation di “un regime di censura statale sempre più dispotico” che ha messo radici non solo in Europa, ma in tutto l’Occidente”.
La “stretta sui social” dell’Ue dopo le elezioni statunitensi
Chiari i segnali dell’Unione Europea dopo la lettera di Breton. “Credo che fino alle elezioni Breton dovrà ridimensionarsi dopo la figuraccia rimediata nei giorni scorsi. È stato lasciato solo”, ha spiegato il giornalista. L’Ue potrebbe affondare il colpo solo dopo le elezioni statunitensi di novembre, “a maggior ragione se Elon Musk non dovesse avere molti amici a Washington nella prossima amministrazione”.
Bisogna quindi aspettare il risultato di queste elezioni estremamente divisive, quando l’Ue “potrebbe varare una stretta sui social”. Evidenti anche le intenzioni della presidente della Commissione Europea. “Von der Leyen ha infatti promesso uno “Scudo europeo per la democrazia” contro la disinformazione che mira a potenziare il Digital Service Act”.