Randy Ingerman truffata dal suo legale. Intervista all’avvocato Riccardo Lanzo per capire come tutelarci da chi… dovrebbe fare i nostri interessi. “Primo, chiedere una rendicontazione periodica dell’attività svolta. Secondo, richiedere sempre il numero di procedimento e la prima data d’udienza per verificarli sui siti del Ministero. Terzo, sentirsi liberi di consultare altri professionisti per verificare l’attività del proprio legale”. L’intervista
Tiene banco in questi giorni una notizia che fa molto discutere: Randy Ingerman truffata dal suo legale, professionista che doveva tutelarla e che invece l’ha messa, per motivi non chiari, in una posizione estremamente fragile e scomoda. Abbiamo intervistato Riccardo Lanzo dello studio legale Lanzo&Partners, per avere chiarimenti sulla vicenda. E per farci dare qualche consiglio su come tutelarci anche da chi dovrebbe fare i nostri interessi.
Cosa ne pensa di quello che è successo alla Ingerman?
È importante fare una premessa: non conoscendo le carte del processo, bisogna essere sempre cauti nelle valutazioni. Gli avvocati, in particolare, devono mantenere un atteggiamento garantista. Il rapporto tra un professionista e il suo cliente, soprattutto se si tratta di un avvocato, è sacro e si basa su fiducia, correttezza, trasparenza, lealtà e segreto professionale. L’avvocato entra inevitabilmente in contatto con la sfera più intima del cliente e, se questo rapporto viene distorto, possono verificarsi situazioni gravi come questa. Se ciò che è successo è vero, si tratta di un fatto molto grave che ha due implicazioni principali. una penale, con accuse di infedele patrocinio e falso. E una disciplinare, che potrebbe portare alla radiazione del professionista. È una delle violazioni più gravi che un avvocato possa commettere, perché distrugge il rapporto di fiducia tra cliente e legale.
Ma secondo lei, perché raccontare una frottola del genere? Un risarcimento di 277 mila euro… come poteva pensare questa persona che non sarebbe mai venuto fuori?
Una cosa incredibile è che non ci sono mai state richieste di denaro per le parcelle o le prestazioni professionali, poiché sembra che il servizio sia stato offerto gratuitamente. Nella sua intervista, Randy Ingerman accenna al fatto che il professionista si sentisse in una posizione di forza rispetto alla cliente, il che potrebbe suggerire che si trattasse di un comportamento più legato all’edonismo che a una vera e propria truffa. Non c’erano questioni economiche in gioco, ma piuttosto un rapporto personale distorto. Questo rende la situazione ancora più inquietante, considerando lo stato di fragilità fisica e psicologica della vittima. Se i fatti sono davvero questi, è una storia bruttissima che deve portare alla radiazione del professionista.
Come ha detto, il rapporto tra cliente e legale è basato sulla fiducia e sulla trasparenza. Noi non parliamo “legalese” e dobbiamo affidarci completamente a voi professionisti. Questa storia non ci insegna che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio?
Il vero tema è che il professionista ha l’obbligo di rendicontare e tracciare le attività svolte. Quando si ha fiducia in un professionista, si tende a prendere per buone tutte le sue affermazioni. Tuttavia, se ci sono segnali d’allarme come ritardi eccessivi nella rendicontazione del lavoro o mancate risposte, è lecito chiedere un riscontro. Si può anche considerare di rivolgersi a un altro professionista per ottenere un secondo parere o verificare direttamente con la cancelleria del tribunale lo stato del procedimento. Queste modalità esistono, anche se, voglio essere chiaro, si tratta di casi veramente sporadici.
Cosa può fare il cliente per assicurarsi che il procedimento esista e che l’avvocato stia dicendo la verità?
È lecito per il cliente chiedere qualsiasi tipo di documentazione al proprio avvocato. Quando un legale dice di aver iscritto a ruolo una causa, viene rilasciato un numero di procedimento dalla cancelleria, che può essere verificato gratuitamente su alcuni siti del Ministero. Inserendo il numero del procedimento, si possono vedere le parti coinvolte e, in certi casi, la data della prima udienza. Se poi non si ricevono risposte dal proprio avvocato, ci si può rivolgere direttamente alla cancelleria del tribunale competente o consultare un altro legale per avere chiarimenti.
Lei, da avvocato, si sentirebbe offeso se un cliente le chiedesse il numero di registro di un procedimento?
Assolutamente no. Anzi, siamo obbligati a fornirlo. Nelle nostre comunicazioni periodiche, informiamo i clienti fornendo i numeri di registro, le date delle udienze e tutti i dettagli necessari per tenere aggiornato il cliente. È una questione di rispetto e professionalità.
Per riassumere, quali sono le tre cose principali che un cliente può fare per sentirsi più tutelato rispetto al proprio legale?
Primo, chiedere una rendicontazione periodica dell’attività svolta. Secondo, richiedere sempre il numero di procedimento e la prima data d’udienza per verificarli sui siti del Ministero. Terzo, sentirsi liberi di consultare altri professionisti per verificare l’attività del proprio legale.