È intorno alle scelte che verranno fatte sul lavoro che dovranno «girare tutti gli altri temi, dall’energia alla finanza. Centrale è il lavoro». Così il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, intervenendo durante l’assemblea annuale e a margine di un’udienza con il Pontefice, ha rimarcato la strategicità delle misure che il nuovo esecutivo dovrà mettere in campo per tutelare l’occupazione di fronte alle crisi che si stanno susseguendo: pandemica, geopolitica ed energetica. Senza dimenticare le disuguaglianze sociali che si stanno accentuando con i rischi che ne conseguono.
In questo scenario si è inserito il primo appuntamento della stagione del Think Tank Dopodomani, promosso dall’Associazione Amici delle Stelline in collaborazione con la Fondazione Stelline, dal titolo “Il lavoro oltre le crisi” che si è svolto lunedì 19 settembre.
A introdurre i lavori è stata PierCarla Delpiano, Presidente della Fondazione Stelline che ha posto l’accento sulla necessità di “un grande patto formativo, tra vecchie e nuove competenze. Un patto generazionale che va a legare chi esce e chi entra nel mercato del lavoro”.
La moderazione, curata da Fabio Massa, Presidente dell’Associazione Amici delle Stelline e Alessia Liparoti, Senior Editor di True-News.it ha visto alternarsi istituzioni, HR Director, giuslavoristi e parti sociali: Stefano Scarpetta, Direttore per il lavoro, l’occupazione e le politiche sociali dell’Ocse, Cristina Tajani, Docente al Politecnico di Milano e Consigliera del Ministro del Lavoro, Alessia Cappello, Assessora allo Sviluppo Economico e Politiche del Lavoro del Comune di Milano, Massimo Bonini, Segretario Generale CGIL Milano, Paola Boromei, Executive Vice President Human Resources, Organization & PFM Snam, Mauro Ghilardi, Direttore People & Transformation di A2A, Sonia Malaspina, HR Director Italy & Greece & Board Member Danone Italia, Emanuela Teatini, Organization and HR Director MM, Edgardo Ratti, Co-Managing Partner Littler in Italia e Angelo Zambelli, Managing Partner Zambelli & Partners.
Stefano Scarpetta (Ocse): “Ridurre le disuguaglianze sociali. L’Italia rifugga provincialismo e paternalismo”.
A portare la discussione al cuore delle storture del mercato del lavoro che le crisi attuali non hanno fatto altro che accentuare è stato Stefano Scarpetta, Direttore per il lavoro, l’occupazione e le politiche sociali dell’Ocse nonché autore del recente saggio “Un mondo diviso – Come l’Occidente ha perso crescita e coesione sociale” con Eugenio Occorsio e prefazione di Ignazio Visco (edito da Laterza). Un testo che fotografa il crescente divario di reddito e patrimonio, la scarsissima mobilità sociale e una classe media sotto pressione e che si ricollega al Rapporto Ocse: Prospettive dell’occupazione 2022 diffuso il 9 settembre.
“Negli ultimi tre decenni l’Occidente ha visto crescere i divari tra chi sta in basso e chi sta in alto nella scala sociale per reddito, patrimonio e accesso alle opportunità come scuola, sanità e lavoro – ha dichiarato Scarpetta -. Ogni decennio la forbice dei redditi si è allargata. Passando da una visione statica a una dinamica, ci si accorge che esiste un rapporto inverso tra disuguaglianze e mobilità sociale. In Paesi molto diseguali è impossibile per chi sta in basso investire sull’istruzione. In media per un discendente di una famiglia di estrazione economica bassa occorrono quattro generazioni per aspirare alla classe media; in Italia ne occorrono cinque”.
Da tempo i paesi sviluppati parlano in tal senso di necessità di una “crescita inclusiva“. Le disuguaglianze toccano in maniera diretta una parte significativa anche della classe media: coinvolgono oltre il 40% della popolazione”, ha sottolineato Scarpetta che ha aggiunto: “I salari medi in Italia sono diminuiti del 2% in trent’anni. In Francia sono aumentati del 30%, negli Usa del 50%. Intorno al 1995 l’Italia aveva recuperato il gap economico con gli Usa; nel 2020 siamo tornati al divario degli anni Settanta”.
Da qui l’invito del direttore per il lavoro dell’organizzazione di Parigi all’Italia di superare due mali endemici del nostro Paese: il provincialismo, da un lato e il paternalismo, dall’altro, con quell’eccesso normativo che, anziché tutelare, rischia di soffocare l’impresa. “Serve un serio investimento sul capitale umano a partire dalla formazione, scolastica e professionale”, ha concluso l’economista.
Cristina Tajani (Ministero del Lavoro): “Servono nuove politiche industriali che superino le differenze Stato-Regioni”
La tutela del capitale umano, in particolare giovanile, e la lotta alle disuguaglianze sono state alla base anche dell’intervento di Cristina Tajani, Docente al Politecnico di Milano e Consigliera del Ministro del Lavoro. “L’Italia sta registrando una tendenza all’aumento delle disuguaglianze con il crollo del potere d’acquisto dei salari a cui si aggiunge una profonda crisi demografica. Siamo un Paese che invecchia e l’impatto si fa sentire anche nel mercato del lavoro. Non è così per tutti i Paesi europei. A Milano non si trovano lavoratori per concorsi che vanno deserti”.
Per questo secondo la Presidente di Anpal Servizi “servono nuove politiche industriali dello Stato. Il Pnrr ha aperto un nuovo filone dell’incremento della produttività di sistema, con il rispetto delle scadenze e degli interventi. Occorre poi tutelare il capitale umano dei giovani che, essendo sempre meno, hanno un valore relativo maggiore. E anche i lavoratori stranieri potrebbero essere fonte di competitività e invece, a causa di una mobilità internazionale dei talenti limitata a causa delle difficoltà per ottenere il permesso di soggiorno, fatichiamo ad avvalercene”.
Tajani ha poi rimarcato come in materia di politiche attive del lavoro il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza abbia previsto 5,6 miliardi di investimenti, scommettendo molto su questo fronte, ma il rischio che l’opportunità non venga colta si annida nella concorrenza tra Stato e Regioni come nel caso del Gol – Garanzia di occupabilità dei lavoratori. “Sono stati stanziati 5 miliardi per la profilazione e l’indirizzo dei lavoratori e il potenziamento dei Centri per l’impiego. Anpal servizi ha pubblicato un resoconto su Gol, che ha raggiungo il 58% dei beneficiari attesi in meno di tre mesi. Il target per il primo anno dovrebbe venire raggiunto al 100% entro fine anno. Stato e Regioni devono però trovare il modo di superare differenze territoriali e condividere gli obiettivi”.
Paola Boromei (Snam): “Maggiore flessibilità e premi di risultato strutturali per trattenere i talenti”
È stata Paola Boromei, Executive Vice President Human Resources, Organization & PFM Snam a fornire per prima il punto di vista dei direttori delle risorse umane sull’attuale congiuntura. “La gestione della fase emergenziale tra smart working e flessibilità sul lavoro è stata complicata. Abbiamo assistito a un indebolimento delle strutture sociali, ma anche a una svolta culturale: il benessere della persona è diventato centrale così come il welfare”.
Per questo Snam ha posto grande attenzione all’ascolto dei dipendenti e al tema della salute attraverso piani di sanità integrativa per i dipendenti. Eppure il fenomeno delle Grandi Dimissioni ha raggiunto anche per il colosso dell’energia delle proporzioni fuori controllo. “Nel 2022 – ha testimoniato la manager – si è raggiunto il 100% di tasso di dimissioni rispetto al 2019 pre-pandemia. Il lavoro ha assunto una dimensione differente per le persone: non ha più il peso esistenziale del passato.
Occorrono leve diverse tra cui un adeguamento delle logiche salariali, considerando il potere d’acquisto sempre più basso dei salari. Noi stessi stiamo consolidando la contrattazione collettiva rispetto al premio di risultato. Servirebbe in tal senso un intervento istituzionale a livello pubblico, così da agevolare la flessibilità e gli incentivi produttivi. Penso ad esempio a un premio di risultato strutturale, una tassa che sia di per sé modulare a seconda delle performance e dei risultati aziendali”.
Mauro Ghilardi (A2A): “Destiniamo i soldi della decontribuzione a chi assumiamo e una parte della Cig alle attività formative”
Secondo Mauro Ghilardi, Direttore People & Transformation di A2A, l’aumento delle dimissioni volontarie in Italia non va letto necessariamente come un dato negativo. “Un mercato del lavoro che funziona è quello in cui la gente cambia impiego per trovare opportunità migliori – ha dichiarato -. È una cosa diversa dal fenomeno della Great Resignation degli Usa: in Italia i 30-35enni cercano opportunità in aziende concorrenti. Questo è un bene, perché permette di modificare la struttura del mercato”.
Nell’illustrare la strategia adottata in questi ultimi due anni dalla sua azienda, Ghilardi ha sottolineato come abbia cercato di avere un impatto positivo sulla vita dei dipendenti e dell’ambiente. “Abbiamo fatto tanti investimenti sui manager e sulla loro formazione, ma le istituzioni possono facilitarci la vita. Invece vediamo ancora tante farraginosità dei finanziamenti pubblici”.
Secondo il direttore delle risorse umane della multi-utility le aziende che hanno credibilità dovrebbero avere garanzie sugli investimenti. “Non si chiedono soldi in più, ma che i fondi stanziati arrivino più velocemente. Non assumiamo persone per la decontribuzione, ma perché ci servono. Indipendentemente dal costo. E invece si fa fatica ad assumere”. E da qui la proposta: “Diamo i soldi della decontribuzione a chi assumiamo. Lo smart working è una straordinaria opportunità, crea una commistione tra territori e mobilità sociale. A costo zero. Il welfare in Italia è una corsa a ostacoli. Il sistema pubblico ha dei limiti dei fondi, ma deve almeno rendere tax-effective i contributi di welfare. Inoltre una parte della cassa integrazione dovrebbe essere utilizzata per attività formative”.
Edgardo Ratti (Littler): “Lo strumento del welfare aziendale va potenziato”
Ad arricchire il dibattito il punto di vista dell’avvocato di diritto del lavoro, Edgardo Ratti, Co-Managing Partner Littler in Italia. “Viviamo in un periodo contradditorio: da una parte, assistiamo al fenomeno delle dimissioni di massa con le connesse difficoltà per le aziende di fidelizzare le risorse e trovarne di nuove e, dall’altra parte, vediamo all’orizzonte, causa soprattutto il rincaro delle materie prime e dell’energia, la crisi occupazionale delle tante aziende manifatturiere del nostro Paese e ciò peraltro con l’aggravante che, con la pandemia, si è già dato ampiamente fondo agli ammortizzatori sociali”.
Per il giuslavorista occorre che le imprese adottino politiche di fidelizzazione delle risorse e quello del welfare aziendale può essere uno strumento funzionale.
“Il fenomeno delle dimissioni di massa si può in parte spiegare con il fatto che, nel corso della pandemia, sono emerse aspettative di vita differenti, ma è comunque opportuno che le aziende tentino il più possibile di contrastare la tendenza fidelizzando le risorse e cercando di essere attrattive nel recruitment. Ad esempio, creando un clima di lavoro sempre più positivo ed inclusivo e stimolando il committment delle risorse tramite idonee politiche, anche salariali. Il nostro è uno studio americano che ha una forte sensibilità verso le tematiche dell’inclusione e della trasparenza.
Le grandi multinazionali possono essere un modello di riferimento per quanto riguarda tali tematiche e ciò anche con riferimento alle politiche salariali. Interessante anche la possibilità di riconoscere ai lavoratori beni e servizi tramite il welfare che è una leva su cui le aziende è opportuno che agiscano anche se tale strumento, di qui l’appello al Governo, dovrebbe essere potenziato: l’innalzamento del tetto a 600 euro annui per ogni lavoratore, la possibilità che entro tale importo vi rientri anche il rimborso dell’energia ed il bonus carburante vanno bene, ma sono ancora misure irrisorie rispetto all’aumento dei costi della vita”.
Di fronte al profilarsi di crisi occupazionali, prefigurate dalla stessa leadership di Confindustria, Ratti è convinto che l’impegno delle parti sociali sarà fondamentale per contrastarla. “Gli accordi di prossimità di dieci anni fa sono un modello. L’intervento delle parti sociali è un’opportunità fondamentale per cercare soluzioni di buon senso, calibrate su ogni singola realtà, idonee a cercare di scongiurare tagli al personale. Può davvero garantire pace sociale, occupazione e benessere, ma occorre coraggio e pragmatismo da ambo le parti. L’appello alle istituzioni è comunque imprescindibile: più che mai in questo momento, infatti, servono flessibilità in entrata e in uscita e regole più chiare. Anche il legislatore quindi dovrà fare la sua parte”.
Emanuela Teatini (MM): “In Italia il costo del lavoro è sproporzionato. Investiamo su formazione e competenze”
Ha aggiunto un ulteriore tassello alla riflessione l’esperienza di Emanuela Teatini, Organization and HR Director MM, la società di ingegneria del Comune di Milano che si occupa del servizio idrico integrato, dell’edilizia residenziale pubblica, di mobilità sostenibile e verde urbano. Una realtà articolata che si riflette in una grande complessità contrattuale “per cui la sfida di trovare chiavi di gestioni comuni è quotidiana”.
“Quello che riscontro oggi è che dal tema della necessità, il mondo del lavoro si è spostato verso la convenienza. Oggi un lavoratore si pone il quesito se gli convenga o meno lavorare. E chi ha presentato le dimissioni volontarie negli ultimi anni lo ha fatto perché sosteneva che non gli convenisse più”.
Si è aperta dunque, anche per una realtà come quella della partecipata meneghina una gestione del turnover tutt’altro che scontata. “Stiamo investendo nelle sinergie con il mondo della scuola. È fondamentale per noi puntare sulla formazione che deve essere radicata sulle esigenze. Prioritario è inoltre trasmettere sul territorio le opportunità lavorative che stanno aumentando”.
Sempre più centralità del dipendente, ma nel caso di MM, anche dell’utente. “Anche gli utenti delle realtà più popolari spingono per la digitalizzazione. Questo cambiamento genera benefici. Dobbiamo inoltre considerare, e mi riallaccio alle parole di Cristina Tajani, che a Milano negli ultimi dieci anni la popolazione straniera è aumentata del 7%. Investendo sulle competenze si possono trasformare situazioni critiche in opportunità”.
Un nervo scoperto resta comunque quello del costo del lavoro. “In Italia il costo del lavoro è sproporzionato e l’incidenza delle politiche retributive aziendali sui dipendenti sconta questo aspetto. Il welfare può essere uno strumento utile se va nella dimensione della formazione e della differenziazione territoriale”.
Angelo Zambelli (Zambelli & Partners): “Troppa polarizzazione legislativa: il diritto del lavoro non può cambiare ad ogni esecutivo”
Ma un altro nervo scoperto è quello della normativa legata al diritto del lavoro, oggetto di continue revisioni, che ne minano la certezza, come ha testimoniato Angelo Zambelli, Managing Partner Zambelli & Partners. “Se confrontiamo la produzione normativa rispetto agli sforzi delle aziende, emergono strabismo e dimenticanze legislative – ha evidenziato il noto giuslavorista -. Una misura come il blocco dei licenziamenti durante la pandemia non ha trovato eguali in Europa: sono stati spesi milioni di euro per la cassa integrazione. I conti dello Stato a marzo 2021 dicevano: 25 miliardi in CIGO Covid e solo 3 erano previsti in formazione nel Recovery Fund”.
Secondo Zambelli questa è “una fotografia plastica di un Paese e di un mercato del lavoro che protegge l’esistente, ma che non è proiettato verso il futuro”. Un Paese che non riesce a fare tesoro di esperienze positive come nel caso degli Accordi sindacali di incentivazione e di risoluzione consensuale. Introdotti ad agosto del 2020, “le parti sociali ne hanno fatto un ottimo utilizzo in questi due anni, ma col venir meno del periodo emergenziale abbiamo perso questo strumento gestionale e non conflittuale delle crisi di impresa”.
“Di fronte alle chiusure, demagogicamente ascritte alla delocalizzazione, in realtà più spesso per pura cessazione di attività – ha proseguito l’avvocato – il governo Draghi ha risposto con una procedura barocca che appesantisce senza risolvere i problemi strutturali di fondo. Anche un governo di qualità come quello uscente ha fatto una legge farraginosa, dovendo forse gestire la quantità di achievement garantiti all’Europa per il Pnrr. Così non si tutela la libertà d’impresa. Penalizzare oltremodo i licenziamenti collettivi (di questi giorni l’intento di inasprire ulteriormente queste regole) significa bloccare anche la nascita delle imprese impaurendo potenziali investitori. E le crisi occupazionali non possono che peggiorare”.
E le prospettive all’orizzonte non sono rosee. “La concomitanza di varie crisi esogene al Paese (pandemica, energetica, geopolitica) sta producendo una tempesta perfetta all’orizzonte per i livelli occupazionali, con un quadro del diritto del lavoro che in questi anni anziché aggiornarsi ne è solo uscito azzoppato. È stato infatti sostanzialmente impedito il ricorso al contratto a termine, è stata ribaltata la portata innovativa della legge Fornero sull’art. 18 SL, stravolto il Jobs Act, la prescrizione dei crediti da lavoro è stata persino riportata alle regole del lontano 1966.
Come se non bastasse, le (inesistenti) politiche attive di cui tutti parlano: lo strumento della Naspi non ha alcuna velleità di formazione. In sintesi c’è stata troppa polarizzazione legislativa: dover studiare ogni sei mesi una nuova legge sul lavoro a seconda dell’esecutivo che vi mette mano, non solo non dà certezza del diritto, ma destabilizza il quadro economico-normativo su cui fanno affidamento gli investitori internazionali”.
Sona Malaspina (Danone): Isopensione e attenzione a giovani e donne: un modello su cui investire
E a proposito di investimenti, a fronte del percorso a ostacoli che spesso il sistema-Paese sembra mettere di fronte alle aziende, possono scaturire modelli virtuosi, come quello fortemente sostenuto da Sonia Malaspina, HR Director Italy & Greece & Board Member Danone Italia.
“Siamo una realtà di 500 persone, il 50% delle quali sono donne. Siamo un’azienda benefit: perseguiamo obiettivi non solo economici, ma anche sociali tanto che abbiamo puntato in piena crisi economica sulla formazione, senza mai tagliare i budget. Il costo del personale è sceso grazie a dei piani di investimento per una staffetta generazionale al punto che l’età media è scesa da 46 a 41 anni. Abbiamo convertito in contratti a tempo indeterminato negli ultimi anni circa il 70% delle persone in stage grazie al virtuosismo innescato dallo strumento dell’isopensione”.
A differenza di altri, la multinazionale francese di prodotti alimentari non ha sofferto gli effetti delle dimissioni volontarie. Merito di forti investimenti che hanno trovato l’appoggio di Parigi, come il ricorso all’isopensione, lo scivolo pensionistico pagato internamente dalla società in attesa della maturazione del diritto alla pensione del lavoratore.
“L’isopensione è uno strumento complesso e costoso – ha spiegato Sonia Malaspina -. Genera però un forte trust tra lavoratori e imprese e va incentivato per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo nel lavoro. Così come il piano sulla maternità che abbiamo adottato tanto da vantare un tasso positivo di natalità in azienda pari al +7%. Questi investimenti abbattono i costi del personale. Si tratta di scegliere dove indirizzare le risorse”.
Massimo Bonini (CGIL Milano): “Restituiamo qualità al lavoro. Occorre una governance aziendale più orizzontale”
Non poteva mancare l’analisi di un rappresentante delle parti sociali, il cui apporto è stato più volte richiamato dai diversi relatori come imprescindibile. “La mancanza di mobilità sociale è un problema decennale. Ma è il punto da rimettere in equilibrio per i nostri figli – ha esordito Massimo Bonini, Segretario Generale CGIL Milano -. E proprio guardando al futuro, ci sono le transizioni di innovazione tecnologia e di sostenibilità ambientale da mettere in atto che incideranno sempre di più su modelli di vita, consumo e produzione con dei cambiamenti notevoli. Al momento non abbiamo la forza lavoro per gestire queste transizioni”.
A proposito dell’aumento delle dimissioni volontarie, il sindacalista ha rimarcato come a Milano, prima dell’estate, il fenomeno abbia coinvolto 180mila persone, 400mila in Lombardia. Un fenomeno che va ancora studiato, ma che parla a imprese e sindacato.
“Qualcuno la chiama ‘rivoluzione silenziosa’, ma è indice che la gente è spaventata. Il problema della produttività in Italia sta nel metro dell’innovazione: le piccole e medie imprese non sanno nemmeno cosa sia. C’è un problema generale di sistema: il 65% delle imprese, secondo uno studio di Confindustria, solo fino a pochi anni fa non sapeva cosa fosse l’Industria 4.0. Anche la classe dirigente delle aziende, a tutti i livelli, non versa in buone condizioni. È quindi sbagliato pensare di consegnare alle imprese la soluzione dei problemi”.
Da qui la necessità per Bonini di “investire nell’occupazione femminile, perché genera benessere. Bisogna rimettere al centro il tema della qualità del lavoro. La competizione al ribasso viene pagata dai lavoratori. Esternalizzazioni e appalti abbassano qualità e tutele. Su 4 assunzioni oggi 3 sono a termine. Ci vuole un sistema di picchi e flessi, pensando al domani e servono una governance pubblica senza semplificazioni e un’organizzazione aziendale più orizzontale”.
Formazione è anche per lui la parola chiave. “Oggi viene chiesta la formazione, considerata come la massima tutela. Il vero successo del sindacato sarebbe scioperare per la formazione: così possiamo governare insieme il futuro. E tutti i lavoratori vanno formati, non solo i manager”.
Alessia Cappello (Comune di Milano): “Il nostro patto per il lavoro, un laboratorio di politiche attive mirate”
Nell’ottica di individuazione di modelli virtuosi a cui ispirarsi, il Patto per il lavoro promosso nei mesi scorsi da Alessia Cappello, Assessora allo Sviluppo Economico e Politiche del Lavoro del Comune di Milano può rappresentare un laboratorio utile anche per la politica nazionale.
“Sebbene il comune non abbia una competenza verticale sull’occupazione, in capo a Regione e Città Metropolitana, l’assessorato ha cercato i protagonisti della rappresentanza delle imprese e dei lavoratori, per metterli a dialogo con le istituzioni. A breve entreranno anche le Ips e le università. Il patto è frutto dell’allineamento dei sottoscrittori di 70 azioni presentate, in materia di formazione, attrattiva per il mercato del lavoro, inclusione e legalità, giovani, sicurezza e appalti. La burocrazia e gli interventi legislativi sono fondamentali per la riuscita del progetto”.
“L’obiettivo del Patto – ha precisato Cappello – è di creare un laboratorio per le politiche attive, in grado di incrociare esperienze e bisogni di tutti gli attori della partita. C’è un problema di costo del lavoro e della vita e una città come Milano ha bisogno di risolverlo. Altrimenti diventa escludente del ceto medio e per talenti provenienti da tutto il mondo”.
Tornando alla sfera nazionale l’assessora lamenta come “in Italia non esistano vere politiche attive del lavoro e che il reddito di cittadinanza ne sia una testimonianza. Ci sono opportunità di lavoro, che non si incontrano con chi le sta cercando. La creazione di un database per incrociare domanda e offerta è fondamentale; in questo momento manca. Un altro aspetto fondamentale è la ricalibratura dei finanziamenti del piano Gol – Garanzia di occupabilità dei lavoratori – che non può essere a pioggia, ma mirato”.
Il Think Tank Dopodomani rientra nell’ambito della rassegna culturale Direzione Nord – A True Event (giunta alla 17° edizione), in seno al quale sviluppare discussioni tematiche sulle policy regionali, comunali e governative, che siano di ispirazione per i decisori di oggi, di domani e – appunto – dopodomani.