Negli ultimi giorni si è parlato molto del caso Andrea Papi, giovane ragazzo ucciso per mano di un’orsa in Trentino-Alto Adige. Già effettuati i funerali (che hanno visto la partecipazione di circa 3000 persone), a parlare della morte di Andrea Papi è stato il padre, che crede che abbattere l’orsa non sia la scelta giusta.
Le parole del padre su Andrea Papi
Perdere un figlio è ciò che un genitore non vorrebbe mai pensare di dover provare. Questo però è accaduto al padre di Andrea Papi, runner che, durante la normale attività fisica, si è scontrato con un’orsa in un bosco, perdendo la vita. Morto “a causa” dell’attacco di un animale selvatico, la scelta giusta sembra essere l’abbattimento di quest’ultimo.
Questa decisione non ha trovato il favore di moltissime persone, anche perché non rappresenta la soluzione. Il vero problema è stata la negligenza di chi avrebbe dovuto perlustrare – e gestire – la zona.
A parlare della situazione anche il papà, durante un’intervista per la Repubblica:
“Qualcuno deve avere il coraggio di assumersi la responsabilità della morte di Andrea. A costo di fare un passo indietro rispetto al ruolo pubblico che ricopre. Quella di nostro figlio non è stata una morte naturale. Nessuno si è ancora fatto vivo per chiederci scusa, per spiegarci le cause che hanno contribuito a creare le condizioni di questa tragedia. Confidiamo nella Procura di Trento e nei nostri avvocati: il governo attuale della Provincia, come quelli che l’hanno preceduto, hanno il dovere di chiarire, assieme allo Stato, se è stato fatto il possibile per garantire la sicurezza”.
Le prime parole sono legate al fatto che il decesso del figlio non sia stato affatto naturale e che si attende ancora delle spiegazione e delle scuse.
Ha poi continuato dichiarando che la morte del figlio poteva essere tranquillamente evitata:
“Si poteva evitare. Le istituzioni non hanno fatto niente per spiegare alla gente come comportarsi con un numero così alto di orsi: cosa fare per prevenire incontri, quali zone non frequentare, come reagire a un attacco. Hanno lasciato tutti ignoranti e tranquilli, senza nemmeno installare i cassonetti anti-orso in tutti i paesi a rischio”.
Il padre lamenta (e rimprovera) la poca attenzione alla sicurezza, dato che mai nessuno si è adoperato per rendere più sicure, e consapevoli, le persone.
Chiude infine toccando la tematica degli ultimi giorni, quella relativa all’abbattimento:
“Le vendette simboliche non ci interessano, la colpa della tragedia non può essere circoscritta a un’orsa. Ucciderla non significa fare giustizia. Pretendiamo un’assunzione morale di responsabilità da parte di chi per quasi un quarto di secolo ha gestito gli orsi in Trentino, spingendo tutti nel disastro a cui assistiamo”.
Un’autentica ammonizione, visto che il vero colpevole sembra essere il disinteresse.