Ti fai male al bar durante la pausa? È a tuo rischio e pericolo. Secondo la Cassazione, in caso di infortunio avvenuto in orario di servizio durante la pausa caffè non si ha diritto a l’indennizzo di invalidità o malattia. La sentenza arriva in risposta al ricorso dell’INAIL contro indennizzo e invalidità del 10% richieste da un’impiegata a Firenze. La donna si era rotta il polso cadendo mentre si recava al bar in pausa caffè, su autorizzazione del suo capo.
Cassazione: nessun indennizzo per gli infortuni in pausa caffè: “Rischio non legato all’attività lavorativa”
Cassazione: infortunio in pausa caffè? Cavatela da solo. Gli infortuni avvenuti durante la pausa caffè al bar non sono coperti da indennizzo di malattia o invalidità: questo il parere della Corte di Cassazione. La sentenza arriva dopo il ricorso dell’INAIL contro il pagamento di indennizzo e invalidità al 10% in favore di un’impiegata infortunatasi mentre si recava al bar per la pausa caffè. Secondo la sentenza della Corte, non ha diritto alla tutela dell’INAIL chi si prende rischi “scaturiti da scelte arbitrarie” o “mosso da impulsi, e per soddisfare esigenze personali, crei e affronti volutamente una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa”. Per i giudici della Corte, la tazza di caffè non è una necessità legata all’attività lavorativa, ma una scelta personale.
La Cassazione prosegue nel verdetto: “È da escludere la indennizzabilità «dell’incidente» subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dell’ufficio giudiziario ove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè, dato che allontanandosi dall’ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all’attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente”.
L’atto di recarsi al bar a bere il caffè, secondo i giudici, funge da interruzione del rapporto causale tra infortunio e prestazione lavorativa. La Cassazione continua: “È irrilevante la circostanza della tolleranza espressa dal soggetto datore di lavoro in ordine a tali consuetudini dei dipendenti. Una mera prassi o comunque una qualsiasi forma di accordo tra le parti del rapporto di lavoro, non può allargare l’area oggettiva di operatività della nozione di occasione di lavoro”.
10 anni dopo l’infortunio, l’impiegata condannata a pagare le spese legali
Rossana B., un impiegata di un ufficio giudiziario a Firenze, si era rotta il polso cadendo mentre usciva dall’ufficio per prendere un caffè. Il luogo di lavoro era sguarnito di punti ristoro e l’impiegata aveva il permesso del proprio superiore. L’impiegata aveva vinto in primo e in secondo grado di fronte al Tribunale e alla Corte d’Appello di Firenze. Con le sue vittorie giudiziarie, Rossana B. aveva ottenuto l’indennità di malattia assoluta temporanea e l’indennizzo per danno permanente del 10%. In risposta, l’INAIL ha fatto ricorso in Cassazione. La caduta risale ormai al Luglio del 2010, e la sentenza di secondo grado è stata emessa nel 2014. Dopo sei anni di attesa per la fissazione dell’udienza in Cassazione, Rossana B. ha perso il diritto agli indennizzi e dovrà pagare 5300 euro di spese legali.