La petizione è stata lanciata il 16 agosto sulla piattaforma change.org. E ha un intento chiaro. “Creare subito corridoi umanitari internazionali per mettere in salvo le donne afghane e i loro bambini. Così come i bambini degli orfanotrofi di tutte le città cadute in mano ai talebani”. Hanno firmato anche esponenti politici italiani, e tre giorno dopo la pubblicazione, la petizione pensata per i corridoi umanitari da destinare alle donne afghane ha superato le 330.000 firme.
Petizione da record per i corridoi umanitari per le donne afghane
Luisa Castellazzo, assessora alla Cultura del Comune di Cellatica, ha lanciato la petizione il 16 agosto su change.org a nome del Gruppo Donne 22 Febbraio. Diventata virale sul web, l’iniziativa è destinata al ministero degli Esteri Luigi Di Maio e alla ministra dell’interno Luciana Lamorgese. Al momento, ha superato le 330.000 firme e vola verso le 500.000, l’obiettivo fissato dal gruppo. “Creare subito corridoi umanitari internazionali per mettere in salvo le donne afghane e i loro bambini, così come i bambini degli orfanotrofi di tutte le città cadute in mano ai talebani“. Ecco l’intento della petizione, che di minuto in minuto conta nuovi firmatari.
Tra di loro c’è anche Elisabetta Trenta, ministra della difesa nel primo Governo Conte, che ha apposto la firma insieme alle centinaia di migliaia di persone che in diversi modi commentano l’iniziativa. “Perché il futuro delle donne di ogni parte del mondo è il futuro di mia madre, di mia sorella, di mia figlia, di mio figlio. E non girerò lo sguardo“, scrive Manila Giovannini, un’utente, nelle ragioni per firmare. Alla sua voce fa seguito quella di Salvatore Cuoci, che aggiunge: “Nessuno è libero se non tutti sono liberi“. E ancora: “Non si può rimanere indifferenti davanti alla completa negazione dei diritti umani, alla violazione indiscriminata dei diritti dei bambini, alla misoginia e all’oscurantismo culturale!“, scrive Margherita Taras.
Nel frattempo tante associazioni e ong premono sulle istituzioni affinché aprano un canale umanitario per le donne e i bambini afghani. Tra queste, Pangea Onlus, la Casa delle Donne e il Cisda, il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane. Anche se non tutti sono del parere che una soluzione sia davvero a portata di mano. “Non è stato fatto niente in vent’anni, non si farà neanche adesso. Io sono molto demoralizzata e preoccupata”, ha dichiarato infatti Soraya Malek d’Afghanistan in un’intervista esclusiva a True News.