Perché questo articolo potrebbe interessarti? La lista degli eventi globali organizzati nei Paesi non democratici inizia a farsi consistente. L’ultima ciliegina sulla torta: il G20 di Bali, in Indonesia, Paese scivolato al 52esimo posto sui 167 presenti nel Democracy Index annuale stilato dall’Economist nel 2021. Emerge così una grave contraddizione dell’Occidente. Che da un lato sbandiera il tema dei diritti umani e sottolinea l’importanza della democrazia. Dall’altro favorisce l’organizzazione dei suddetti eventi in stati autoritari. E vi partecipa come se niente fosse.
Dal G20 in Indonesia ai Mondiali di calcio in Qatar, dalla COP 27 in Egitto al Gran Premio di Formula 1 in Arabia Saudita. I Paesi non democratici che si ritrovano ad ospitare eventi globali, siano essi di natura politico-economica che di intrattenimento, sono sempre più numerosi. L’esempio più recente arriva da Bali, dove è in corso il Gruppo 20. Certo, l’Indonesia non è un regime dittatoriale ma risulta molto lontana dagli standard democratici occidentali.
Basta dare un’occhiata al Democracy Index stilato annualmente dall’Economist, che rappresenta un’interessante cartina al tornasole. Con l’ascesa al potere dell’attuale presidente indonesiano, Joko Widodo, l’Indonesia è andata incontro ad un regresso democratico. Nel 2017 questo Paese ha perso ben 20 posizioni, passando dal 48esimo al 68esimo posto. E passando anche dallo stato di “democrazia imperfetta” all’estremità “autoritaria” dell’indice. Oggi la situazione è migliorata, ma non di molto.
Business e affari: il caso dell’Indonesia
L’Indonesia è però un Paese che offre interessantissime opportunità economiche. Membro principale dell’ASEAN, quello indonesiano è un mercato di sbocco ad alto potenziale, con livelli di crescita sostenuti, una popolazione giovane e numerosa di circa 270 milioni di persone e condizioni politiche favorevoli. Tutte caratteristiche che – unite al progressivo aumento dei redditi pro capite, all’incremento della classe media, passata dal 25 % del 1999 al 43 % del 2009, alle ingenti risorse minerarie e ai progressi economici compiuti nel recente passato – fanno rientrare l’Indonesia nella nuova categoria dei mercati emergenti “avanzati.
“Quei mercati, insomma, che hanno registrato le migliori performance negli ultimi anni”, si leggeva già nel 2013 nel report Italia to Indonesia a firma del Ministero dello Sviluppo Economico italiano e di ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane).
Più nello specifico, l’Indonesia è il quarto stato più popoloso al mondo. La sua economia, avendo raggiunto la soglia di 4000 dollari di PIL pro capite, rientra nella fascia a reddito medio-alto, avviandosi a diventare la quarta economia del globo nei prossimi 30 anni.
Il Paese importa prevalentemente beni strumentali e intermedi e, con 1,7 miliardi di esportazioni, e l’Italia è il suo undicesimo fornitore. La quota principale è composta da beni intermedi e strumentali, come macchinari e apparecchiature, che con oltre 700 milioni di euro di vendite nel 2019 ha raggiunto il 54% del totale delle esportazioni italiane.
Democrazia ed eventi globali
Al netto dell’Indonesia, ci sono altri esempi che meritano di essere menzionati. Il Qatar si appresta ad ospitare il Mondiale di calcio in un contesto socio-politico niente affatto democratico.
Il tema dei diritti umani è dunque salito alla ribalta. A cominciare dalla condizione precaria di oltre 2 milioni di lavoratori migranti provenienti da Asia e Africa – il 90% della forza lavoro dell’emirato – che hanno consentito e consentono al Paese di brillare. Seguono i diritti negati, oltre che ai lavoratori, alle minoranze presenti in loco: dalle donne alla comunità LGBTQ+.
L’Egitto, teatro della recente COP27, nel 2020 è stato classificato da Freedom House come “Non libero” nel suo rapporto annuale Freedom in the World.
Amnesty ha invece accertato molteplici violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita, mentre Americans for Democracy & Human Rights in Bahrain ha parlato di una “persecuzione dei difensori dei diritti umani” sistematica negli Emirati Arabi Uniti, dove nel 2023 andrà in scena la COP28, la conferenza sul clima. Per l’ennesima volta, dunque, i valori democratici occidentali e le sedi dei principali eventi globali non coincideranno tra loro.