Emily Ratajkowski è una delle top model più pagate al mondo. Con quasi 30 milioni di followers su Instagram, ha raggiunto la fama a soli 21 anni, comparendo nella clip di Robin Thicke. Allora si mostrò insieme ad altre modelle, mentre ballava nuda. Il video fu censurato, e oggi Emily Ratajkowski parla di quell’episodio, e di altri del passato, nel suo nuovo libro autobiografico.
Il nuovo libro di Emily Ratajkowski
Quando uscì la clip in cui la super modella ballava nuda, Emily Ratajkowski ne aveva un’idea precisa. Sosteneva che “il video era femminista“. “Sono a mio agio col mio corpo – aveva detto allora – che diritto ha la gente di dirmi che non posso ballare nuda? Dimenticano che il femminismo è libertà di scelta“. Dopo tempo, adesso che ha 30 anni, la bellissima Ratajkowski torna sulla vicenda, raccontandola nel libro autobiografico “Nel mio Corpo“. L’opera esce il 9 novembre negli Stati Uniti e in Italia, pubblicata da Piemme.
Il rapporto con il corpo, tema del libro di Ratajkowski
Emily Ratajkowski nel suo libro affronta anche un tema importante: il rapporto con il suo corpo. Lei, che adesso lavora grazie alla propria immagine, ha impiegato del tempo per trovare un equilibrio e sentirsi apprezzata.
“Avevo ricevuto messaggi contraddittori sul mio corpo. Mia madre mi diceva: ‘vestiti come ti pare, fregatene di cosa pensa la gente‘. Quando avevo 13 anni, mi comprò un abito per il ballo della scuola. Era azzurro, aderente, le chiesi: non è troppo sexy? E lei: no, sei stupenda. Invece gli insegnanti lo giudicarono scandaloso e mi cacciarono dal ballo“, ha dichiarato.
“Mia madre mi trovò in lacrime, umiliata e confusa. Da giovanissima, tante volte ho provato vergogna per le reazioni che suscitava il mio fisico e ho maturato un senso di sfida: nessuno poteva dirmi cosa potevo fare e cosa no. Quando ho iniziato a fare la modella, a guadagnare con la mia bellezza, mi sembrava una forma di rivincita, ma naturalmente la situazione era più complessa di come pensavo“.
L’altro lato della fama della top model
“Ho un seguito di milioni di persone e, tra pubblicità e campagne, ho guadagnato più di quanto mia madre, professoressa di inglese, e mio padre, insegnante di disegno, potessero sognare in una vita. Ma la verità è che mi sono sentita sfruttata e sminuita. Nei giorni buoni, quando mi sentivo giudicata solo come un bel sedere, riuscivo a liquidare quegli sguardi come sessisti. Nei giorni bui, detestavo me stessa e ogni decisione presa mi sembrava un errore clamoroso. A vent’anni, non capivo che le donne che traggono potere dalla bellezza devono quel potere agli uomini di cui suscitano il desiderio. Sono loro a esercitare il controllo, non noi. Oggi mi chiedo: ho autonomia, ma posso chiamarla emancipazione? Se ripenso ad alcuni episodi, provo vergogna per come mi è capitato di presentarmi, pensavo di essere provocatoria verso il sistema, ma non comprendevo appieno le dinamiche di potere. Però non ho rimpianti, devo fare qualche concessione alla ragazzina che ero. Hai un bisogno così disperato di approvazione da essere disposta ad accettare anche la mancanza di rispetto. Pensi solo che tutto il mondo ti dice che devi essere bella e che se sei bella hai potere, e non sai che quel potere non è tuo”.
L’obiettivo dell’autobiografia
“Non direi mai a una giovane di non intraprendere la carriera da modella. Ho scritto questo libro per portare una testimonianza, non una soluzione. Purtroppo”. Ci sono stati tanti eventi infatti, nel passato di Ratajkowski, che ancora oggi lei fatica ad interpretare. Alcuni anche di violenza.
“Mi sono chiesta se ho incoraggiato i fotografi che ci hanno provato con me o se avrei dovuto denunciare Thicke quando, girando quel video, mi afferrò i seni. Lo respinsi, ma a chi mi chiedeva se stavo bene, risposi con un sorriso, per sdrammatizzare. Pensai che, dopotutto, era il capo. E non denunciai Owen, il mio primo ragazzo, che abusò di me. Quando, tempo dopo, seppi che era stato denunciato per stupro da un’altra ragazza, mi chiesi: perché lei ha avuto il coraggio e io no? Avrei voluto essere come lei, ma incolpavo me stessa, il mio corpo. Ho scritto questo libro non per accusare qualcuno, ma per provare a capire perché noi donne accettiamo certi comportamenti e perché gli uomini si trovano a ferire una donna anche inconsapevolmente. Ma tutto è più grande di ciò che accade alla singola giovane donna o al singolo uomo anziano. È una cultura che permea tutto”.