Guillermo Mariotto racconta le sue esperienze con il bullismo: “Mi picchiavano a 13 anni perché ero gay”. Lo stilista e giudice di Ballando con le stelle racconta la sua infanzia difficile: “Ero battagliero, ho reagito ed è cambiato tutto”.
Guillermo Mariotto e il bullismo: “Picchiato ed insultato a 13 anni perché ero gay”
In una recente intervista concessa al Corriere della Sera Guillermo Mariotto, celebre stilista venezuelano nonché giudice storico di Ballando con le stelle, ha parlato di alcuni episodi difficili della sua infanzia ed adolescenza. Il designer 57enne ha raccontato di essere stato vittima di bullismo a causa della sua omosessualità: “Stare chiusi in un bagno e non sapere a chi potersi rivolgere. Non ai genitori, non a un fratello, non a un amico, è una tortura, un incubo. A me andò bene, reagii, picchiai i bulli che mi dicevano che ero gay. Ero forte, battagliero. Ma non tutti hanno questo carattere, c’è chi si chiude in se stesso. Penso a quel povero ragazzino che si è tolto la vita a a Palermo. Penso ai suoi genitori, al loro dolore”.
“Si capiva che ero gay.” -racconta Mariotto- “Vestivo in un certo modo, forse più elegante degli altri. I bulli sbroccavano perché ero forte nello sport. Ciò li mandava letteralmente in bestia. Figurarsi, un omosessuale…”. Le aggressioni erano frequenti: “Mi picchiavano regolarmente, mi aspettavano sotto casa. Se sono andato bene nell’atletica, con buoni tempi nei 100 metri, è perché ho imparato presto a scattare e scappare”. Ad aiutarlo in questo periodo difficile è stato anche il supporto della sua nonna materna, Leonor, che gli ripeteva: “Guarda che non sei sbagliato, sei solo nato nel posto sbagliato. Prenditi una laurea e vai via da qui”.
La reazione contro i bulli: “Esploso dopo l’ennesimo insulto, gli strappai i capelli”
Tutto cambia con una reazione furiosa, in un campo di calcio della sua scuola a Caracas, quando si avventa contro il capo dei bulli. “”Ero sui 13 anni e quel giorno giocavo in difesa.” -spiega lo stilista- “Come sempre ero bersagliato da insulti irriferibili. All’ennesimo, esplosi. Raggiunsi a centrocampo il boss del gruppo con cui avevo già questionato, un malandrino, tale Muniz, e gli montai sulle spalle, strappandogli i capelli dalla testa. Fu spettacolare, una scena davanti a genitori e professori”. Un episodio che ribalta le dinamiche: “Banalmente, divenni un intoccabile. Avevo vinto la mia guerra, quando Muniz mi vedeva cambiava strada”.
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