Ilda Boccassini e Falcone: un amore di cui nulla si sapeva fino all’uscita del libro autobiografico “La stanza numero 30” dell’ex pubblico ministero. Un racconto a 360° di anni di vicende giudiziarie intrecciate alla vita privata: dall’amore per giovanni Falcone alle pressioni subite per non fra processare Berlusconi. Oltre al libro, sabato 30 ottobre Ilda Boccassini torna per la prima volta in tv (dopo oltre vent’anni) per rilasciare un’intervista su La7 al direttore del Tg La7 Enrico Mentana.
Ilda Boccassini e Falcone: amore raccontato dall’ex pm
Ilda Boccassini ha lavorato come magistrato nel pool antimafia a Milano e poi a Caltanissetta a seguito della strage di Capaci. Nel suo libro autobiografico “La stanza numero 30” racconta dettagli di inchieste e vita privata.
Hanno subito fatto discutere i racconti su Giovanni Falcone, di cui lei ha parlato anche in un’intervista al Corriere della Sera prima dell’uscita del libro: “Me ne innamorai. È molto complicato per me parlarne. Sicuramente non si trattò dei sentimenti classici con cui siamo abituati a fare i conti nel corso della vita. No. Il mio sentimento era altro e più profondo, non prevedeva una condizione di vita quotidiana, il bisogno di vivere l’amore momento per momento. Ero innamorata della sua anima, della sua passione, della sua battaglia, che capivo essere più importante di tutto il resto. Sapevo di non poter condividere con lui un cinema o una gita in barca, pur desiderandolo, ma non ero gelosa della sua sfera privata, né poteva vacillare la mia. Temevo che quel sentimento potesse travolgermi. E così in effetti sarebbe stato, perché lo hanno ucciso”.
Il racconto del suo rapporto e desiderio per Falcone va avanti: “A Giovanni piacevano molto i miei riccioli. Quante volte mi ha detto che i miei occhi ‘erano bellissimi’. Nel giugno del ’91 partimmo per l’Argentina per interrogare il boss Gaetano Fidanzati. Avevo anche un walkman con una cassetta di Gianna Nannini, che ho imposto a Giovanni per tutta la durata del viaggio. Alcune canzoni mi facevano pensare alla nostra storia e le ascoltai più volte, per ore, stringendomi a lui. In top class non c’erano altri passeggeri, eravamo soli in quel lusso rilassante, la nostra intimità disturbata solo dall’arrivo delle hostess. Rimanemmo abbracciati per ore, direi tutta la notte, parlando, ascoltando Gianna Nannini e dedicandoci di tanto in tanto ad alcuni dettagli dell’interrogatorio e ai possibili sviluppi dell’indagine”.
La reazione della sorella di Falcone
Tra le reazioni suscitate, c’è anche quella della sorella di Falcone, che dopo qualche giorno di polemiche è intervenuta per dire la sua. “Finora ho preferito evitare commenti su una vicenda che mi ha molto amareggiata, ritenendo che il silenzio, di fronte a parole tanto inopportune, fosse la scelta più sensata. Quando, però, si supera il limite e si arriva, forse paradossalmente con fini opposti, a commenti inappropriati che scadono nella ridicolizzazione è, secondo me, impossibile non replicare”. Così la sorella del giudice in una lettera inviata a “La Sicilia” a commento di un intervento satirico sul quotidiano di Ottavio Cappellani sul libro autobiografico di Boccassini.
Le pressioni ricevute per non processare Berlusconi
Nel libro di Ilda Boccassini ci sono dettagli anche riguardo Berlusconi e le pressioni ricevute per non farlo processare.
Il 10 novembre 2000, Gianni De Gennaro la chiama a Roma. “C’era un rapporto intenso: gli volevo bene, lo stimavo, anche perché sapevo quale affetto Falcone nutrisse per lui”. Ma quel giorno si parlava di Berlusconi: “Senza preamboli e con il suo tono ruvido, il capo della polizia mi chiese cosa stessi ‘combinando a Milano’, aggiungendo che in tutti quei mesi aveva faticato a tenere a bada Berlusconi e i suoi, che aveva parlato loro bene di me, garantendo sul fatto che fossi una persona corretta. Insomma, si era speso per ‘evitarmi il peggio’. Rimasi sbalordita, spiazzata da quel discorso così diretto che nemmeno mi venne in mente di collegare quella rampogna alla contestazione suppletiva (proprio contro Berlusconi ndr) che avrei depositato pochi giorni dopo al processo Sme-Toghe sporche. Invece era proprio quella scadenza imminente – anzi, il tentativo di neutralizzarla – che rendeva De Gennaro tanto aggressivo. Per il bene di tutti dovevo ripensarci, perché erano in gioco delicatissimi equilibri istituzionali”. Boccassini però non cede e se ne va sbattendo la porta.