La sosta nazionali, valida per le qualificazioni agli Europei 2024, si è rivelata un’arma a doppio taglio per l’Italia di Mancini. La rosa scelta per le gare contro Inghilterra e Malta si è rivelata “azzardata” e sfrontata e non ha trovato il consenso di tutti.
Il tecnico azzurro non ha però accettato più di tanto queste critiche, avendo ampiamente dimostrato di saperci fare.
Mancini, le dure parole dopo le partite con l’Italia
Roberto Mancini, attuale tecnico della nazionale azzurra, ha vinto l’ultimo Europeo con l’Italia, anche se non è riuscito a centrare la qualificazione ai Mondiali del 2022 in Qatar. Adesso è sotto la lente di ingrandimento, anche se ha manifestato lui stesso quanto sia difficile trovare nuovi talenti.
Il mister, classe ’64, ha così parlato durante il convegno “(L’in)sostenibile leggerezza del calcio” (avvenuto alla Sapienza di Roma), evidenziando quanti pochi calciatori italiani giochino in Italia:
“Credo siano già molti anni che questo problema esiste, ora è solo piu’ grande. Quando giocavo io erano pochi gli stranieri, ora è il contrario. Abbiamo difficoltà nel trovare talenti. Il problema maggiore, poi, è la possibilità che i giovani hanno di esprimersi. Se uno è giovane ma ha qualità deve avere la possibilità di giocare, di fare i suoi errori e poi avere altre chance. Nel mio lavoro cerco di fare questo perché in Italia ci sono tanti giovani e se gli danno modo di esprimersi ci daranno grande soddisfazioni”.
Parole dure ma secondo lui utili per capire come il mondo del calcio debba essere in grado di cambiare.
Lui per primo dimostra di cercare qualità, a prescindere dal dato anagrafico:
“Prima di tutto cerco la qualità tecnica e poi anche il modo di comportarsi con i compagni. Prendo ad esempio le convocazioni per l’Europeo vinto, c’erano tanti bravi giocatori che sono rimasti fuori e meritavano di esserci, ma in quel caso facemmo delle scelte anche in base alle caratteristiche comportamentali che ci hanno portato a vincere un campionato d’Europa quasi impossibile“.
Il 58enne conclude facendo capire quanto la compattezza di gruppo sia, spesso, più importante del singolo talento.