È possibile, per legge, chiedere un permesso dal lavoro per la cura dei propri animali domestici? In certe circostanze specifiche, il lavoratore può assentarsi dal lavoro senza perdere la paga. Cosa dice la legge riguardo le emergenze legate ai nostri amici a quattro zampe?
Permesso retribuito dal lavoro per la cura di animali domestici: è possibile?
Secondo i dati di Zoomark International, l’Italia è al secondo posto in Europa per numero di animali domestici. Nel 2022 infatti oltre 64 milioni gli amici a quattro zampe delle famiglie italiane. Cani, gatti e compagnia sono ormai parte integrante della vita di moltissime persone e la legge, negli anni, si è adeguata per garantire loro diritti e un livello adeguato di benessere. I proprietari di un animale domestico sono obbligati alla sua cura e vi sono inoltre severe sanzioni penali per chi li abbandona o maltratta.
Il diritto dei lavoratori, tuttavia, pare sia rimasto un po’ indietro da questo punto di vista. Di norma, un lavoratore può ottenere un permesso retribuito dal proprio posto di lavoro in determinate circostanze emergenziali. Ma cosa succede quando l’emergenza riguarda la salute del proprio animale domestico? È possibile assentarsi senza perdere la retribuzione in quel caso? Al momento, non esiste una legge specifica che assicuri al lavoratore un permesso retribuito per la cura del proprio animale. Analizziamo la questione più nel dettaglio.
Permessi e animali domestici: i casi specifici, il precedente in Cassazione
Per legge, il permesso retribuito dal lavoro viene concesso in alcuni casi specifici. Nello specifico, è possibile assentarsi nelle seguenti circostanze:
- In caso di lutto o malattia del coniuge.
- Per partecipare ad esami o concorsi. In questo caso i permessi valgono per 8 giorni e non sono cumulabili.
- Per sposarsi. Il congedo matrimoniale ha una durata massima di circa 15 giorni.
- Per allattamento. Il permesso vale per l’intero primo anno di vita del bambino ed è usufruibile anche dal padre, se la madre non lo utilizza.
- Per la cura del figlio, nel caso vi sia un solo genitore.
Non sono perciò direttamente incluse le circostanze legate alla salute di un animale domestico, per il quale un eventuale permesso risulterebbe non retribuito. Qualche anno fa, tuttavia, un caso molto noto ha portato la Corte di Cassazione a pronunciarsi sulla questione. Una ragazza, dipendente dell’Università La Sapienza di Roma, aveva chiesto un permesso retribuito per prendersi cura del proprio animale domestico. La dipendente viveva da sola e il suo cane aveva bisogno di un urgente intervento alla laringe. L’ateneo, tuttavia, rifiutò la richiesta, portando la giovane donna a rivolgersi a Lav, la Lega Antivivisezione, in cerca di assistenza legale.
La questione arrivò in Cassazione, che confermò l’esistenza di un diritto al permesso retribuito per l’assistenza di animali domestici. La Corte sottolineò infatti che, per legge, «la non cura di un animale di proprietà integra il reato di maltrattamento degli animali» e concesse il permesso retribuito alla ragazza.
Quando spetta il permesso retribuito?
La sentenza della Corte è un precedente importante, che da speranza alle associazioni animaliste che spingono per un intervento diretto del legislatore. Esistono tuttavia degli specifici limiti alle circostanze in cui è possibile richiedere un permesso retribuito per curare i propri amici a quattro zampe. È infatti possibile solo nei seguenti casi:
- Il lavoratore vive da solo e non ha la possibilità di delegare l’assistenza a terzi.
- Ha un certificato veterinario che attesti la malattia dell’animale.
- Vi sia effettiva necessità di prestare cure o fare accertamenti improrogabili.
- Il lavoratore non ha alternative per il trasporto o per fornire l’assistenza necessaria al proprio animale.