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L’economia politica e l’Unione Europea alla vigilia delle elezioni europee

Francesco Rotondi e Vito Rotondi

Nella ricerca di un punto di sintesi alla vigilia delle Elezioni Europee ci si deve confrontare con il tema della leadership in un limitato equilibrio tra la frammentazione e la globalizzazione, tra il desiderio individuale e lo slancio unificante. È un esercizio complesso in cui le variabili sociali pesano oltre le misure, gli indicatori, le manovre e le leadership potrebbero essere chiamate all’impopolarità a fronte di tensioni geopolitiche che tendono a creare blocchi in contrapposizione, al rigore e all’integrità rispetto al sensazionalismo.

Possiamo affermare che vi sia da sempre una condizione empirica di reciproca influenza tra le elezioni, il diritto e l’economia. Nell’economia politica ricorre la metodologia teorica della Public Choice ovvero di un pensiero secondo cui si possa cogliere la valenza politica dei fenomeni economici. Nella moderna realtà è verosimile rilevare il contrario: ovvero l’economia, unitamente allo studio delle dinamiche sociali è divenuta studiosa anche della scelta politica.  È di fatto una crescita dell’economia (sociale, razionale, comportamentale) e dell’evoluzione del diritto con particolare attenzione al giuslavorismo (dottrina, giurisprudenza, soggetti sociali, diritti economici) anch’esso composto a valutare le Public Choice e, dunque, il pensiero dell’economia, della politica e della società. Nella pratica semplice di un mondo perfetto sarebbe un percorso inevitabile per il positivo consenso, ove lo fosse senza il contagio effimero del sensazionalismo, nei fatti divenuto strumentale, a fronte di buone notizie dell’economia e della società civile. Un paese in buone condizioni economiche con buone leggi esprime generalmente un positivo giudizio su chi governa da parte di chi lo elegge, talvolta anche con il coraggio di rischiare l’impopolarità e le adeguate spiegazioni e giustificate decisioni di politica economica. A tutto ciò si dovrebbe aggiungere i fenomeni geopolitici, le tecnologie, la globalizzazione delle filiere industriali, la finanza del debito e dell’investimento, il benessere atteso, la fiducia, gli spread, i tassi delle banche centrali, l’inflazione…etc. Diremmo anche che il dibattito politico prevale mediaticamente ed operativamente sulla conduzione sociale-giuslavorista ed economico-societaria per effetto della cultura dell’opinione pubblica, degli stereotipi e dei pregiudizi. Questi ultimi sono il dato imprescindibile del clima politico che si ritrova ad incolpare della mancata crescita dell’economia l’aumento dei tassi di interesse delle banche centrali, invece della pregressa assenza di formazione, tecnologia, efficienza, produttività, investimenti, cultura dello sviluppo del vantaggio competitivo, reddituale, sociale. In luogo di un continuo stato di aspettativa sospesa, sarebbe auspicabile che tale assenza fosse colmata di contenuti evocativi della fiducia nel Continente Europeo proprio per la crescita del più grande mercato mondiale.  In tale evocazione della fiducia a breve potrebbe esserci proprio la discesa dei tassi della BCE, con la capacità e la velocità di precedere la FED nella discesa dei tassi.

La riflessione sulla discesa dei tassi della BCE che precede la FED nella decisione è un’operazione che potrebbe esistere nella realtà per aiutare e favorire il rilancio di un mercato rilevante con un tessuto industriale, sociale, umano, culturale e intellettuale, giuridico e finanziario che merita la fiducia degli investitori globali. È una lettura da intervento sull’economia reale che apparirebbe funzionale al recupero della crescita già nel primo semestre del 2024, seppure ad oggi vi sia un’asimmetrica condizione di indicatori USA / UE e FED/BCE sotto gli occhi dell’economia e della finanza globale e interconnessa.

È, altresì, vero che i segnali della mancata crescita, oggi sotto i nostri occhi, erano già tutti conclamati ad una attenta lettura ancor prima che le Banche Centrali cambiassero registro sui tassi!  La realtà è che esiste un debito voraginoso le cui coperture con sottoscrizione di titoli di stato emessi sono oggi divenute materia contesa e negoziale sul piano politico, anche a livello internazionale e il reddito dei paesi non è in grado di ripagarlo probabilmente sulla carta senza la fiducia reale. L’Eurozona nei dati aggiornati prevede crescita economica per l’area euro, al +0,6% nel 2023 (in diminuzione rispetto al +0,8% di tre mesi fa) e al +1,2% nel 2024 (in diminuzione rispetto al +1,3% di tre mesi fa) e per il 2025 l’espansione del Pil aggregato UE al +1,6%.  I dati in area Euro della Commissione Europea vedono l’inflazione 2024 al +2,9%, contro la stima del +5,6% sul 2023 già confermata. L’inflazione 2025 dell’eurozona è prevista al +2,2%.

Si consideri, a valutazione della esistenza anche di un “ciclo economico politico”, presente in molte democrazie”, che le raccomandazioni economiche della Commissione dell’Unione Europea saranno probabilmente rinviate da marzo 2024 a giugno 2024, ben dopo le elezioni UE di primavera e dopo il voto del rinnovo del Parlamento Europeo previsto il 9 giugno 2024. Il punto economico non appare esauribile promettendo la crescita a fronte della presupposta severità di un primo giudizio sulle manovre di bilancio dei singoli paesi e sul contenuto atteso delle raccomandazioni. A maggior ragione se da esse possa sortire la temuta procedura d’infrazione che imporrebbe una manovra correttiva ai governi, dei paesi i cui parametri economici (es. disavanzi eccessivi, avanzi primari, crescita, fiscalità, etc.) non risultassero coerenti al Patto di Stabilità. Sono tuttora in corso proposte di riforma del Patto di Stabilità per la riunione straordinaria dell’Ecofin prevista per il 23 novembre 2023 e anche confronti accesi tra i paesi sugli aiuti di stato, che essi siano malcelati e/o autentici. Effettivamente l’effetto di raccomandazioni negative potrebbe accentuare le prudenze dei mercati, richiedere sacrifici causando perdita di consenso e aumento del senso di solitudine nella leadership di maggioranze governative. Obiettivamente tale timore non vi sarebbe se tutto andasse nelle migliori condizioni possibili. Tuttavia, vivere la raccomandazione come una sentenza, ancorché presumibilmente negata nell’immediato, l’argomento critico a Bruxelles potrebbe essere ancora l’assente crescita economica in Europa. Dall’osservazione dell’andamento dei due primi trimestri in Europa è apparsa già all’orizzonte una recessione esplicita da tecnica a tendente strutturale. È innegabile il profilo monetario restrittivo che coscientemente dalla BCE sarà tenuto invariato sui tassi, per il mandato di controllo sull’inflazione, che appena domata potrebbe sostenere l’idea della politica espansiva e favorire la ripresa anticipando tutti con un rilancio dello sviluppo economico che si prospetterebbe.

Di fatto ad oggi esiste un sostanziale equilibrio dell’economia USA per indicatori economici e indici dei mercati dei capitali, che non si ritrova in UE perché i paesi componenti l’UE hanno PIL riflessivi e questioni irrisolte che appaiono di carattere strutturale.

La mancata crescita sarebbe da interpretare come una misura di minore “Competitività Intelligente” dell’Europa e offrirebbe una lettura possibile e un rimedio con una scelta di fiducia per la ulteriore perdita strutturale di quote dei mercati e marginalità delle medesime, rispetto agli USA e all’Asia con una inevitabile diversa attenzione della finanza globalizzata; dunque, minori redditività, più onerosi capitali e finanziamenti di investitori in un mondo che è alla costante ricerca di creditori e investitori. Si ricordi che la Cina è il principale creditore degli USA dopo la FED, come suggerisce l’incontro (il terzo tra loro nella storia ufficiale) a San Francisco del 15 novembre tra i leader di USA Joe Biden e di Cina Xi Jinping. Il Lavoro, l’Economia, il Diritto, il Benessere, la Tecnologia, la Produttività, la Fiducia, la Cultura potrebbero essere poli di “confronto sensibile” per giuslavoristi ed economisti sull’Europa Comunitaria. La Fiducia sia dell’Economia reale sia degli Investitori della Finanza sarebbe un preliminare tema per le leadership sociali e politiche deputate ad affrontare la complessità delle scelte imposte dalla situazione economico-sociale del Paese e dell’Unione Europea, ben prima che ci si possa ritrovare nella “spirale del silenzio”. Il “confronto intellettuale sensibile con leadership autorevoli” potrebbe non riguardare soltanto i valori identitari, le coscienze sociali, le sensibilità ambientali, le tutele dell’immigrazione, le regole e le normative da armonizzare, il rischio sanitario, energetico, geopolitico, bellico, umanitario e di consenso politico. Quando si osservano le dinamiche e le ipotesi probabilistiche di un fenomeno, attraverso esse si analizza e si scopre il fenomeno stesso. È l’esperienza maturata anche in Europa con il Reddito Civile nella simulazione scientifica, giusnaturalistica ed accademica dell’economia di una Società Europea in cui riconoscersi! La realtà normativa deve incontrare la realtà operativa del PIL, dei contribuenti per una Società migliore. Il Reddito Civile è la sintesi della leadership che si pone concettualmente alla ricerca della misura di Reddito Economico e Reddito Sociale ed è come tale, “essenza”; realizza un “ponte ideale” che completa “l’essere umano economico razionale” nel divenire e sentirsi “l’essere umano socialmente adattabile”. Il Reddito Civile è, altresì, anche per la vita politica e comunitaria un parametro di Risultato e Strumento di “effettualità” del cittadino, soggetto a divenir sé stesso, misurabile nella natura materiale e nell’economia sociale, comportamentale di etica del benessere. Inevitabilmente, anche i numeri sono già loro stessi! Certamente, il “confronto intellettuale sensibile” sarebbe anche la cifra della necessità di investimenti per la conservazione di vantaggi competitivi, l’innesco di virtuose filiere economico-sociali-reddituali ad alto valore aggiunto, grazie a piani industriali che coinvolgano e convincano attenti mercati dei capitali, di sistemi infrastrutturali (comprensivi di Istruzione, Stati, Imprese e Centri di Ricerca e Tecnologia) e progettuali di Risorse Umane talentuose, motivate da passione e coscienza, con competitivo ritorno economico e di elevata umanità sociale. Inoltre, ad una garanzia programmatica di prossime conformità, la manovra correttiva che contempli ristrettezze imposta prima delle elezioni non sarebbe un’azione pro-ciclica. Qualsiasi manovra, già per la terminologia, in materia di rischio/coraggio a valere sulla popolarità sarebbe pregiudizievole; seppure a favore del Paese, dell’elettorato di riferimento per qualsiasi governo in carica e, forse, anche per il successivo. Sono i fatti che, a fronte delle raccomandazioni negate, esprimerebbero domanda di paziente accondiscendenza sui dati esistenti (per i livelli di deficit, dell’avanzo primario necessario per la riduzione del debito, del controllo della spesa pubblica, dell’occupazione, delle esportazioni) e in generale della mancata crescita. Debito, spesa e crescita, nell’attuale stagione complessiva del mondo, non sono soltanto dati quantitativi dell’Unione Europea; essi ne rappresentano il punto di equilibrio economico-civile, anche prospettico di vantaggio competitivo, vantaggio reddituale, vantaggio sociale e vantaggio fiduciario della comunità e del mercato UE dentro e fuori dalle proprie mura. L’Europa avrebbe capacità e livello di coesione idoneo per varare politiche industriali sostenibili da tutti i paesi membri ove le scelte unificanti di politica economica avessero in serbo miglioramenti di produttività, ricerca, innovazione, benessere purché tali scelte non abbiano natura centralistica nella accezione antica di insensibilità all’economia reale. Inoltre, il centralismo della politica industriale non potrebbe essere, date le interdipendenze dell’economia e della finanza globali, effettivo statalismo vecchio stile, reale o percepito protezionismo, dumping finanziario e ostacolo ai concetti di moderno liberismo, di tutela anche per distretti industriali sottocapitalizzati etc. L’Europa deve poter condurre ad equilibrio nuovo anche per meritare la fiducia della discesa dei tassi della banca centrale. Data la congiuntura in UE è probabile che continui una condizione di recessione che potrebbe manifestarsi anche negli USA attualmente protetti da sovra consumi degli americani con crescenti finanziamenti individuali, perdita di potere d’acquisto reale e continuità di reddito delle imprese ed inflazione clemente. Infatti, negli USA per i dati di ottobre l’inflazione tendenziale si è infatti attestata al 3,2% rispetto al 3,3% indicato dagli analisti, mentre la crescita sul mese è nulla contro il +0,1% del consensus. In economia appare un dato positivo tale da convincere, nell’unità di tempo osservata l’idea che il ciclo dei rialzi dei tassi Fed si consideri concluso; il rapporto euro/dollaro supera 1,08 e l’occupazione segna +0,3. Dati che le borse del mondo hanno immediatamente premiato, seppure lo scenario attuale USA preveda la tenuta restrittiva della politica monetaria, invarianza dei tassi di interesse FED, tale da ricondurre l’inflazione verso l’obiettivo del 2%.

Dell’area euro, abbiamo scritto e secondo un’opinione diffusa sui mercati Anglo-Saxon l’atteggiamento tipico della politica europea sarebbe quello di rivolgere attenzione ai mercati stessi generalmente perché si stanno profilando guai all’orizzonte. Tali attitudini ed esperienze, sempre secondo l’opinione dei mercati Anglo-Saxon, avrebbero condotto i politici europei ad essere storicamente diffidenti nei confronti dei mercati e considerarli nell’errato stereotipo di Anglo Saxon: mutevoli con rapidità e soggetti ad essere vigilati nella loro volatilità, prima che ad essere ascoltati. Invero, invece ci sarebbe molto da apprendere sul futuro dai segnali provenienti dagli investitori, dalla loro fiducia, sui debiti, le valute, i finanziamenti, le politiche fiscali etc. I numeri non sono soltanto indicatori quantitativi di alchimie matematiche ed econometriche. Essi sono segnali risultanti di cause, effetti, timori, fiducia, speculazione, prospettive, calcoli e pensieri, risorse e aspettative, proprio come è stato dimostrato con il “whatever it takes” degli anni più recenti! Sapere leggere i numeri, non come una sentenza, bensì come una raccomandazione significa evitare errori. Addirittura, da giusnaturalisti e giuslavoristi senza trascurare i segnali dei numeri, il saperli trascendere oltre i tecnicismi monetaristi e neokeynesiani, significa sapere cogliere per gli stessi numeri e il loro significato una dimensione di efficacia empirica e teorica di rara umanità con la forza dei valori. Inevitabile sapere leggere la Storia, gestire il Presente e costruire il Futuro. Il futuro del nostro continente pone tra le altre, le profonde domande sui temi del lavoro, della competitività, della tecnologia e della transizione ecologica. Ecco il valore di una misura del “Reddito Civile” sulla dimensione UE che ascolta e parla ai mercati superando le demarcazioni di monetaristi e neokeynesiani, di stabilità dei prezzi e reddito, di liberismo e interventismo nell’economia!  Il “Reddito Civile’ nelle misurazioni è il PIL pro capite calcolato al netto delle quote del PIL destinate al risparmio e le quote destinate agli investimenti. IL PIL pro capite netto di investimenti e risparmi risulta appropriatamente ponderato per le disparità dei dati conferiti di ciascuna selezione (es. Territori, Settori Industriali, Mercati…) L’idea quantitativa è che il Reddito civile possa suggerire una misura del minimo livello di reddito necessario alla vita civile per un cittadino, con il vincolo figurativo che il medesimo non possa, unicamente, permettersi gli accantonamenti di risorse del risparmio e degli investimenti. Questi ultimi, risparmio e investimenti, sarebbero compiti dello Stato in una condizione di recessione e di equilibrio a zero della crescita del PIL.

L’effetto netto della transizione politica che gli Europei affidano alla lettura dei mercati e a ciò che i mercati hanno da dire sembrerebbe pari alla loro preoccupazione.

A proposito di numeri l’Ufficio Studi per la politica economica dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) di Parigi sostiene che l’inflazione seppure diminuita, risulti ancora elevata. La tenacia dell’inflazione merita attenzione continua da parte delle Banche Centrali. Il costo della vita nell’Eurozona era già diminuito a settembre fino al +4,3% dal +5,2% di agosto 2023 e risulta in calo anche l’inflazione «core», dato che esclude energia, alimentari, alcol e tabacco. L’inflazione di ottobre è risultata, migliore del consensus al +3,1%, la stima flash Eurostat, puntualmente confermata nella diminuzione al +2,9%, il minimo da luglio 2021, rispetto al +4,3% di settembre e al +10,6% di ottobre 2022. Per l’intero gruppo dei 38 Paesi avanzati, a settembre – l’ultimo mese per il quale i dati sono completi – l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del +6,2%, dal +6,4% di agosto, con un rallentamento generalizzato in 27 Paesi membri, un dato stabile in 3 paesi e un’accelerazione in 8 Stati. L’inflazione «core» è scesa al +6,6%, dal +6,8%, e si conferma superiore all’inflazione complessiva, raffreddata dai prezzi in calo dell’energia. Il dato dell’Ufficio Studi Ocse è la media ponderata dei dati Eurostat (non armonizzati) degli istituti di statistica nazionali.

Francesco Rotondi Giuslavorista – Vito Rotondi Economista

Francesco Rotondi sarà tra i protagonisti di Italia Direzione Nord – “Riflessioni sulla leadership” in programma lunedì 27 novembre presso la Fondazione Stelline di Milano. Interverrà insieme al Ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone nel panel dal titolo Lavoro e leadership tra nuovi diritti e sviluppo economico“.