Matteo Messina Denaro è stato trasferito da Palermo in Abruzzo. In queste ore è stata già individuata una struttura di massima di sicurezza per la sua detenzione. Dunque, niente più lusso e agiatezze, requisiti indispensabili riscontrati nel suo covo.
Matteo Messina Denaro dove è stato trasferito
Dopo l’arresto, Matteo Massina Denaro è stato trasferito con un volo militare all’aeroporto di Pescara. Per lui è stato individuata una struttura di massima sicurezza adatta sia per il 41 bis sia per procedere alle cure oncologiche.
L’ultimo latitante di Cosa Nostra è stato catturato in una clinica di Palermo ma si nascondeva in un altro paese siciliano negli ultimi tempi. Messina Denaro risiedeva a Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del favoreggiatore Giovanni Luppino, arrestato insieme al boss. Dunque, il suo covo che è stato perquisito per tutta la notte, si trovava in un centro abitato.
Ecco in quale carcere è detenuto il boss
Secondo quanto riferisce La Repubblica, il boss di Cosa Nostra potrebbe essere detenuto nel carcere dell’Aquila, una struttura di massima sicurezza che ha già ospitato personaggi di spicco ed anche perché nell’ospedale del capoluogo c’è un buon centro oncologico. La conferma poi è arrivata dal procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia. Nello stesso carcere si trovano già il boss di Brancaccio Filippo Graviano, Carlo Greco e Ignazio Ribisi.
“Un minimo senso di umanità e di eticità e di senso cristiano oltre a quello che insegna la Costituzione impone di curare le persone quando sono ammalate. Siamo in grado di garantire la detenzione e il diritto alla salute. Le strutture italiane riescono a garantire una assistenza sanitaria di primo livello”. Lo ha detto Carlo Nordio, ministro della Giustizia, in diretta su Radio 24. “Esistono dei luoghi compatibili con la detenzione e la garanzia dell’assistenza sanitaria non sono molti ma possiamo assolutamente garantire che coesisteranno il diritto alla salute e il diritto alla sicurezza per la detenzione di un pericoloso latitante, assicurato alla giustizia dopo 30 anni“.