Naufragio in Calabria, il numero dei migranti senza vita continua a salire. Ci sono ancora tanti dispersi da recuperare e dopo tanto tempo la speranza di trovare qualcuno ancora in vita è molto bassa.
Naufragio in Calabria, sale il numero dei migranti morti
Nella mattinata di domenica 26 febbraio, si è verificato un terribile naufragio di fronte alle coste calabresi. L’imbarcazione stava tentando di sbarcare a Cutro, a venti chilometri da Crotone, ma non ha retto il mare agitato, oggi forza 3-4. Il peschereccio, fin troppo pieno, ha ceduto e si è spezzato in due. In base alle testimonianze di alcuni sopravvissuti, il barcone trasportava almeno 180 persone, molte delle quali provenienti da Pakistan, Afghanistan e Sri Lanka. Tanti cadaveri sono stati ritrovati sulle spiagge di Steccato di Cutro, molti dei quali erano bambini.
Purtroppo il numero di vittime continua a salire. Le ultime notizie riferiscono di almeno 62 i cadaveri recuperati. Tra le vittime ci sono anche due gemellini di pochi anni e un bimbo di alcuni mesi, di meno di un anno. I corpi dei gemellini sono stati recuperati in mare, mentre quello del bambino è stato trovato sulla spiaggia. Nel naufragio, secondo alcune stime, sarebbero morti una ventina di bambini di varia età.
Ci sono ancora diversi dispersi
“Quando siamo arrivati nel punto del naufragio – ha raccontato Laura De Paoli, medico della Fondazione Cisom Cavalieri di Malta – abbiamo visto decine di cadaveri che galleggiavano ovunque. Ad un certo punto abbiamo visto due uomini che tenevano in alto un bambino. Siamo riusciti a recuperali, erano il fratello e lo zio del bambino che, però, era senza vita. Abbiamo provato a rianimarlo, ma aveva i polmoni pieni d’acqua e non ce l’ha fatta. Abbiamo saputo poi che aveva appena 7 anni”.
Nella serata di domenica è arrivato il commento e l’aggiornamento sui dispersi da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “L’unica cosa che va detta ed affermata è: non devono partire. Non ci possono essere alternative. Noi lanciamo al mondo questo messaggio: in queste condizioni non bisogna partire. Di fronte a tragedie di questo tipo non credo che si possa sostenere che al primo posto ci sia il diritto o il dovere di partire e partire in questo modo. Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità di non chiedermi cosa devo chiedere io al luogo in cui vivo ma cosa posso fare io per il Paese in cui vivo per il riscatto dello stesso”. Secondo il ministro il numero dei dispersi sarebbe lievemente più basso: “Dovrebbero essere tra le 20 e le 30 le persone che mancano all’appello”.