Il crollo del Ponte Morandi non è mai stato dimenticato. A distanza di cinque anni le dichiarazioni dell’ex Amministratore delegato alzano delle forti critiche.
A quanto pare Gianni Mion sapeva che la struttura fosse a rischio.
Ponte Morandi: l’ex amministratore delegato, le sue dichiarazioni
La disgrazia del Ponte Morandi è un ricordo vivo nella memoria di tutti, soprattutto delle persone che hanno perso i loro cari, amici e familiari. Quel lontano 14 Agosto 2018, alle ore 11:36, ha tolto la vita a 43 persone, causando anche lo sfollamento di ben 566 residenti, per via dell’abbattimento di molti edifici.
Il processo non si è ancora chiuso e le dichiarazioni dell’ex amministratore delegato di Edizione Holding, Gianni Mion, sono a tutti gli effetti scioccanti:
“Emerse che la struttura era a rischio di collasso. Avevo l’impressione che nessuno controllasse. Ma non ho parlato forse perchè temevo di perdere il lavoro. Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose ‘ce la autocertifichiamo’. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico”.
Dalle sue parole sembra pentito, ma questo non può di certo renderlo perdonabile. Era, a detta del testimone, il 2010, quindi otto anni prima che avvenisse il crollo. Un atto di negligenza che deve essere punito.
La risposta dell’associazione delle vittime
A controbattere all’ex ad (amministratore delegato) è stata Egle Possetti, a sua volta presidente dell’associazione dei familiari delle vittime coinvolte nel crollo.
Lei stessa ha così commentato la situazione:
“La situazione del ponte era perfettamente a conoscenza dei vertici della società e dei suoi manager che però non hanno fatto nulla per evitare il disastro. È in ogni caso fuorviante affermare che il ponte era a rischio per un difetto costruttivo originario: se è stato su per 50 anni una ragione c’era. Chiaro che se per mezzo secolo non si investe in manutenzione e sicurezza poi si arriva al disastro: qualsiasi infrastruttura invecchia”.
Dopodiché ha lanciato un messaggio a Gianni Mion e allo stato, definendo ormai le sue dichiarazioni “inutili e tardive”:
“Se già da prima era a conoscenza della situazione doveva fare un gesto civile, denunciare. Andarsene dopo non basta, doveva dimettersi subito. Anche lo Stato tuttavia ha mancato gravemente in termini di controlli. Qui sono tutti responsabili: se già nel 2017 avevano capito che il ponte era a rischio e che stava per crollare perché non hanno fermato il traffico? La verità è che non volevano chiudere il Morandi per non perdere soldi e perché le manutenzioni strutturali costano molto”.
Una vera e propria denuncia. Il caso ha così dei risvolti.