Maura Mormile, Think Tank Rischi & Scenari Secursat
Il recente dibattito sul clima in Italia è stato prevalentemente orientato dai dati, pubblicati da diversi studi internazionali, che ci dicono che il 2022 per l’Europa è stato l’anno più caldo della storia, con una conseguente siccità che ha colpito il continente, e non solo, con impatti significativi sui già labili equilibri economico – finanziari. Questi dati e gli scenari futuri che di conseguenza si aprono rendono, dunque, sempre più attuali i temi di progettazione sostenibile e orientano con maggiore forza le decisioni non solo verso materiali green e fonti di energia rinnovabile ma anche verso soluzioni e tecnologie innovative capaci di rendere gli edifici “intelligenti”.
L’UE aggiorna la direttiva lanciata nel 2021
L’UE aggiorna la direttiva lanciata nel 2021 dichiarando di passare da edifici NZEB (Nearly Zero Energy Buildings) a edifici ZEB (Zero Energy Buildings) entro il 2030 passando da edifici a emissioni quasi zero (NZEB) grazie ad altissime prestazione energetiche ed un fabbisogno coperto in gran parte da fonti rinnovabili, ad edifici a emissioni zero (ZEB) dove l’altissima prestazione energetica è accompagnata da una quantità molto bassa di energia ancora necessaria, anche se coperta da fonti rinnovabili. Occorre, però, porsi importanti interrogativi: che ruolo ha la tecnologia nella progettazione sostenibile? E questo ruolo è sempre positivo?
Importante chiedersi: qual è il tasso di obsolescenza della tecnologia ipotizzata?
La stratificazione tecnologica a cui stiamo assistendo in questi anni, infatti, dall’IOT, ad Alexa alle varie app per la gestione della sensoristica, perché sia coerente rispetto allo scenario “sostenibile” di cui tutti noi vogliamo essere partecipi, va orientata secondo un modello di gestione chiaro e deve essere definita attraverso approcci modulari, scalabili e soprattutto aperti all’integrazione, altrimenti da elemento di semplificazione può trasformarsi in ulteriore elemento di complessità economica, da un lato, e gestionale dall’altro.
Occorre domandarsi, tra gli interrogativi chiave, e già in fase progettuale qual è il tasso di obsolescenza della tecnologia ipotizzata? Quanto costa la futura manutenzione? E questa può essere gestita da remoto? Come si integra la nuova tecnologia rispetto a quella esistente o rispetto a possibili evoluzioni future? E, soprattutto, come verrà gestita tutta questa tecnologia? Con quali complessità? Con quali competenze? Per rispondere a queste domande occorre unire ad uno stesso tavolo più competenze, non solo quelle tradizionali di progettazione architettonica dello spazio, dei materiali, delle soluzioni ma anche quelle relative ai modelli di gestione tecnologica che ci immaginiamo, e quelle relative proprio alla gestione del rischio che, per definizione, possono ampliare gli scenari e prevedere fin da subito evoluzioni utili per semplificare e affrontare così un futuro più sostenibile.
Non è più il tempo di modelli e protocolli chiusi, blindati, prodotti personalizzati home made, ciò che la tecnologia oggi può e deve offrirci è una più ampia visione ed un modello di gestione remota, integrata e, allora sì, anche sostenibile.