Proteste Iran, le terrificanti testimonianze dei dissidenti torturati: “Ci picchiavano e ci minacciavano, costretti dalle guardie a violentarci tra di noi”. Le atroci storie dei manifestanti detenuti nelle carceri iraniane: “Si comportano meglio con gli animali che con noi”.
Proteste Iran, le testimonianze dei dissidenti torturati in carcere: “Costretti a violentarci tra noi”
Continuano le proteste in Iran esplose lo scorso settembre dopo la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa dalla polizia morale per aver indossato il velo in modo sbagliato. Nonostante le vuote promesse del regime, la repressione dei manifestanti è più dura che mai. Sono ormai oltre 18mila i dissidenti arrestati, dei quali 26 sono stati condannati a morte. Sono terrificanti le testimonianze dei carcerati, giunte in Europa grazie al lavoro di ONG locali. In un intervento pubblicato dal Corriere della Sera, un tassista 42enne ha raccontato la sua atroce esperienza nelle carceri del regime: “Sono stato arrestato di fronte all’università di Isfahan, a fine ottobre. Sostenevo gli studenti nelle proteste contro il dittatore Khamenei. Si comportano meglio con gli animali che con noi. C’era un uomo molto alto, con un passamontagna. Non faceva che insultarci e picchiarci”.
Ma non si è ancora arrivati al peggio: “Ci portavano in una stanza e ci riempivano di botte. Ci minacciavano e ci ordinavano di violentarci a vicenda. Sul soffitto, una telecamera che riprendeva tutto“. L’orrendo materiale così ripreso era poi usato per ricattare i manifestanti e poi costringerli a dichiarare il falso. Si tratta, purtroppo, di un metodo molto usato dal regime, come spiega un portavoce dell’ONG Iran Human Rights Monitor: “L’uso sistematico degli stupri nelle carceri non è una novità. Avvengono sia sulle donne che sugli uomini, senza differenza”.
Il lavaggio del cervello: “Mi dicevano che avevo rovinato la mia vita, mi imbottivano di pillole”
C’è anche la testimonianza di una giovane ragazza che, oltre alle torture e agli stupri, racconta le violenze e pressioni psicologiche subite: “In prigione, i medici cercano di farti il lavaggio del cervello. Mi ripetevano: “Hai rovinato la tua vita, perché manifesti?”. Lo psicologo mi diceva che i giovani come me poi si suicidano: “Che senso ha una vita vissuta così?”. Gli aguzzini convincevano i detenuti ordinari a maltrattarci. Mi imbottivano di pillole. Ero obbligata a ingoiarle, loro aspettavano che deglutissi. Se mi rifiutavo, la destinazione era la cella d’isolamento“.