Alla fine del mese di aprile terminerà la proroga dello smart working: fino ad ora non c’è stato nessun provvedimento ufficiale inerente alla possibilità di allungare l’utilizzo dello smart working. Soltanto i genitori con figli fino a 16 anni, oppure costretti a rimanere a casa per motivi di quarantena disposta dall’autorità sanitaria potranno continuare a lavorare in smart working fino al 30 giugno.
Perchè è in scadenza lo smart working?
Se ad oggi il Governo non ha dato nessun segnale ufficiale per l’emanazione di un’eventuale proroga, è anche vero che pare ormai certo che verrà estesa almeno fino al 31 luglio. La possibilità per le aziende di poter concedere ai lavoratori lo smart working era inclusa nel decreto Mille Proroghe: tutti i datori di lavoro senza alcun incontro individuale possono concedere lo smart working semplificato, ma soltanto fino al 30 aprile. Precisamente il decreto rilancio, all’art.90 comma 4 del dl 34/2020 ha previsto che i datori di lavoro privati possono concedere lo smart working ai propri dipendenti con contratto di lavoro subordinato in assenza di accordi individuali. Diversa invece la concessione dello smart working dei lavoratori dipendenti pubblici come prevede la norma 263 del dl Rilancio.
La proroga arriverà presto
Anche se non si conosce una data certa, molto probabilmente la proroga dello smart working è in arrivo, per evitare problemi a tutte le aziende che fra due settimane sono consapevoli che è in scadenza il provvedimento. La proroga potrebbe arrivare anche fino al 30 settembre, insieme sarà prolungata anche la durata dello stato di emergenza. Nei giorni scorsi, la sottosegretaria al lavoro della Lega Tiziana Nisini ha dichiarato di essere favorevole al prolungamento dello smart working, favorire tutte le aziende e non caricarle di burocrazia ed eventuali adempimenti complessi. Dello stesso parere è Paolo Zangrillo di Forza Italia, componente della commissione lavoro. Tutte le aziende concordano al prolungamento, sarebbe veramente problematico richiamare tutti i lavoratori in questo periodo, soprattutto considerando che lo stato di emergenza non è ancora terminato, come pure le vaccinazioni sono ancora in corso. La Gran Bretagna ha aperto, raggiungendo 40 milioni di persone vaccinate.
Le procedure per l’attivazione dello smart working
Il datore di lavoro che vuole utilizzare lo smart working semplificato deve inviare una richiesta unilaterale al lavoratore senza stipulare un accordo collettivo, invio dell’informativa sulla salute e sicurezza come prevede l’art.22 com.1 della legge n.81/2017, per tutte le aziende è prevista una comunicazione massiva al Ministero del Lavoro attraverso il sito, invio dei nomi dei lavoratori e inizio e fine della prestazione di lavoro agile. Il lavoro in smart working ha messo in sicurezza i lavoratori, rimanendo a distanza e quindi inevitabilmente non c’è stata una diffusione del contagio negli ambienti di lavoro. Dall’altra parte anche le piccole imprese che hanno beneficiato del lavoro agile hanno potuto sperimentare lo smart working per la prima volta. Sicuramente l’incremento dello smart working si è avuto con l’inizio della pandemia, è una procedura semplificata che porta l’impiegato a svolgere la sua attività da casa, l’assenza di regole è comunque un vuoto normativo, non essendo condivise possono scaturire in un contenzioso tra le parti, soprattutto quando le richieste del datore di lavoro non trovano un riscontro e una soddisfazione.
Il dibattito sullo smart working
Una questione sollevata sul lavoro agile da parte degli esperti del settore, come dal mondo della politica, è la possibilità di inserire norme più stringenti. In particolare l’introduzione del diritto di disconnessione per il benessere psicofisico del lavoratore. Lo scopo principale è permettere di non utilizzare in maniera continuativa il computer. Il datore di lavoro non può in qualsiasi ora del giorno entrare nella vita del dipendente e controllarla, bisogna concordare un giusto orario: riconoscere al lavoratore di disporre del proprio tempo, connettersi in determinate fasce orarie, avendo il diritto a non utilizzare h24 il computer e tutte le altre apparecchiature usate durante lo smart working.
Smart working, il diritto alla disconnessione
Nel disegno di legge, è prevista l’introduzione di una sanzione penale in caso di violazione del dritto alla disconnessione, una pena da 6 mesi a 4 anni di reclusione. Troverà applicazione quando il datore di lavoro al di fuori delle fasce orarie di connessione o reperibilità possa violare il diritto al lavoratore di disconnettersi dal proprio computer, non provocando alcuna sanzione o provvedimento disciplinare, ed eventuali decurtazioni retributive al dipendente. E’ importante portare delle modifiche allo smart working, introducendo delle regole rigorose, dare meno possibilità alle parti di poter decidere. Da una parte questo tipo di orientamento potrebbe non piacere al datore di lavoro, ma è fondamentale intervenire su tutti quegli elementi più controversi che sono nati intorno all’istituto, principalmente sulla disconnessione degli strumenti informatici.
Secondo un‘indagine Ipl Mayr, chi ha lavorato da casa in modalità smart working, nel 55% dei casi vorrebbe continuare a lavorare da remoto per 2-3 giorni a settimana. Il 16% degli attuali lavoratori da remoto dichiara che non vorrebbe lavorare da remoto. Tra i dirigenti il 27% vorrebbe lavorare una volta a settimana da casa e il 18% due giorni. Il 43% del personale pubblico vorrebbe lavorare due volte a settimana da casa.