Tamponi ai lavoratori senza vaccino: le Regioni hanno lanciato l’allarme sulla difficoltà di riuscire a testare chi non si è vaccinato e avrà quindi bisogno di un esito negativo del tampone per poter continuare ad accedere al luogo di lavoro.
Tamponi ai lavoratori senza vaccino: un problema per le Regioni
A pochi giorni dall’entrata in vigore del green pass obbligatorio per i lavoratori, emerge un problema per ancora i tanti dipendenti non vaccinati.
Le Regioni hanno lanciato l’allarme sulla difficoltà di riuscire a testare chi non si è vaccinato e avrà quindi bisogno di un esito negativo del tampone per poter continuare ad accedere al luogo di lavoro. Una preoccupazione condivisa anche da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “Noi oggi abbiamo raggiunto una percentuale importante di vaccinati, forse anche inimmaginabile fino a qualche mese fa. Bisogna però anche tenere conto che oggi abbiamo 8,4 milioni di italiani over 12 che non hanno fatto nemmeno una dose, tra questi ci sono 4-5 milioni in età lavorativa“, ha spiegato nel corso della trasmissione ‘L’Italia s’è desta’ condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.
Il presidente della Fondazione Gimbe avanza l’ipotesi dell’obbligatorietà vaccinale: “L’obbligo di green pass per tutti i lavoratori finora ha prodotto un effetto modesto sulle vaccinazioni. Mi aspettavo di più in questo senso. Se questi 4-5 milioni di lavoratori non si vaccineranno, bisognerebbe fare 12-15 milioni di tamponi a settimana e questo non sarebbe proprio fattibile perché non abbiamo questa capacità produttiva. La soluzione è che questi 4-5 milioni di lavoratori si vada a vaccinare oppure bisognerà andare verso un obbligo vaccinale“.
Problema tamponi e varianti
La Lega ha avanzato l’ipotesi di estendere la validità del tampone rapido a 72 ore, dalle 48 attuali. “Di fatto la validità del tampone molecolare è già stata estesa a 72 ore – ricorda il presidente della Fondazione Gimbe -, però ha dei costi molto superiori rispetto a quello antigenico e i tempi di risposta non sono immediati. Il problema reale è che le 48 ore fissate per il tampone rapido rappresentano un ragionevole compromesso che sta a metà tra politica, esigenze sociali, scienza e la reale affidabilità del tampone che in altri Paesi d’Europa viene richiesto ogni 24 ore. Più ci si allontana dal momento in cui viene effettuato il tampone più aumenta la possibilità di contagio”.
Non solo tamponi e vaccini, il problema rispetto allo scorso anno sono anche le varianti: “Noi l’anno scorso, al di là del lockdown lungo e rigoroso che aveva abbattuto in maniera netta contagi e ricoveri, avevamo l’epidemia che era arrivata fino a Roma, non tutta Italia. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo una variante (Delta, ndr) che è il doppio più contagiosa. Nel 2020 in questo periodo le curve erano tutte in salita, ora sono in discesa, l’elemento che ha determinato questo tipo di risultato è l’effetto dei vaccini”.