Arriva su Netflix il film Yara, ispirato alla scomparsa e all’omicidio di Yara Gambirasio nel 2010. Dopo la proiezione speciale al cinema dal 18 al 20 Ottobre, il docufilm di Taodue è ora disponibile sulla piattaforma streaming americana.
Yara, quando esce il film su Netflix
Su Netflix arriva Yara, un film true crime su una delle vicende più cupe e seguite della cronaca nera italiana. La pellicola seguirà le vicende attorno al rapimento e omicidio della giovane Yara Gambirasio, dalla scomparsa alle indagini, fino all’arresto del muratore Massimo Bossetti. Yara è disponibile in streaming su Netflix dallo scorso 5 Novembre. Il film è stato prodotto da Taodue e RTI, con la regia di Marco Tullio Giordana, vincitore di 4 David di Donatello, tra cui uno come miglior regista per La meglio gioventù.
Isabella Ragonese interpreta il ruolo della PM Letizia Ruggeri, insieme ad Alessio Boni, che partecipa nel ruolo di un colonnello dei Carabinieri, e Thomas Trabocchi, nel ruolo di maresciallo. Nel cast anche Sandra Toffolatti e Mario Pirello nel ruolo dei genitori di Yara. La vittima 13enne è interpretata da Chiara Bono, mentre Roberto Zibetti recita nel ruolo di Massimo Bossetti.
La sintesi di Netflix descrive così la pellicola: “Il premiato regista Marco Tullio Giordana dirige un film drammatico basato su una storia vera. L’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio sconvolge la cittadina di Brembate di Sopra. Per assicurare il colpevole alla giustizia, il pubblico ministero Letizia Ruggeri ha solo un esile indizio: tracce di DNA che non servono a molto senza un database con cui metterle a confronto”.
La reazione rabbiosa dei genitori: “Nessun accordo, contattati solo a cose fatte”
Il docufilm è da giorni al centro di una bufera mediatica. Tutto nasce da alcune dichiarazioni rilasciate a Fanpage dal legale della famiglia di Yara Gambirasio, Andrea Pezzotta. Il penalista bergamasco ha dato voce alla rabbia dei genitori che sostengono che la pellicola sia stata girata senza il loro consenso: “Non c’è stato nessun accordo, nulla. La famiglia lo ha scoperto a cose fatte, solo dopo hanno fatto una telefonata a me, ma a film già confezionato. Il film non l’ho neanche visto. I Gambirasio non hanno rilasciato alcuna dichiarazione, non lo fanno in altre circostanze figuriamoci in una situazione del genere”. Anche l’avvocato Claudio Salvagni, legale di Massimo Bossetti, ha colto l’occasione per criticare la produzione. Intervistato dal settimanale Oggi, afferma: “Non siamo stati consultati dal regista, un errore viste le mancanze del film, ci sono gravi inesattezze”.
La produzione difende il film di Yara: “La famiglia non voleva essere coinvolta”
La risposta della produzione non si è fatta attendere. Pietro Valsecchi, amministratore di TaoDue e produttore del film, si è opposto categoricamente alle affermazioni di Pezzotta: “Non è andata così: come ho sempre fatto quando ho scelto di raccontare storie ispirate a fatti e personaggi reali, ho chiamato l’avvocato quando ancora stavamo scrivendo il film. In quell’occasione rispose che la famiglia Gambirasio non intendeva essere coinvolta e ovviamente ho rispettato questa decisione. A fine montaggio l’abbiamo richiamato nel caso avessero cambiato idea, ma la risposta è stata la stessa”.
Il regista Marco Tullio Giordana si è difeso in un intervista de La Repubblica, sostenendo di essersi attenuto alle fonti: “Controllo i verbali d’interrogatorio, gli atti processuali, le sentenze, i libri, i resoconti dei giornali, ma li studio come fossero collocati nella preistoria, ogni rabbia o passione spenta, detestando per indole ogni illecita morbosa curiosità. Bisogna che la sceneggiatura sia puntigliosa, ma un film dovrebbe soprattutto evocare un flusso di emozioni guidato dalle immagini, dalla loro composizione, dal loro ritmo, dalla musica o dai silenzi (anch’essi musica) e, soprattutto, dalla capacità degli attori di “trasmettere”, come stazioni radio, come onde ipersensibili al confine della telepatia”.
Il caso Yara Gambirasio: oltre 10 anni dopo
Il rapimento e omicidio della 13enne Yara Gambirasio sconvolse l’opinione pubblica italiana nel 2010, diventando ben presto un vero e proprio processo mediatico. La ragazza di Brembate di Sopra scomparve la sera del 26 Novembre 2010, di ritorno dal centro sportivo dove era solita allenarsi nella ginnastica ritmica. Le prime indagini portarono all’arresto di Mohammed Fikri, un operaio marocchino di 22 anni che lavorava in un cantiere edile a Mapello, luogo in cui le unità cinofile avevano rilevato le ultime tracce di Yara. Il giovane operaio si dimostrò ben presto estraneo al caso.
Il corpo della ragazza venne ritrovato solo tre mesi dopo, il 26 Febbraio 2011, riversa in un campo a Chignolo d’Isola. Subito dopo il ritrovamento del cadavere, gli inquirenti trovarono tracce di sangue sui leggings e sugli slip di Yara che appartenevano a un’altra persona. Tale profilo DNA venne battezzato Ignoto 1 e fu la base di una campagna di prelievi di campioni genetici tra la popolazione di Brembate di Sopra per identificare il sospetto. Sarà questa campagna a portare all’arresto di Massimo Bossetti, muratore di 45 anni. La Corte d’Assise di Bergamo condannò Bossetti all’ergastolo nel 2016, per omicidio pluriaggravato. Il muratore continua a dichiararsi innocente.