(Adnkronos) –
Basta fastidi e stop a preparazioni non sempre ben tollerate dai pazienti, per via dei liquidi da assumere in discreta quantità, responsabili di una bassa adesione ai programmi di screening.
Torino, 20 novembre 2023 – Ogni anno viene diagnosticato un tumore del colon retto a 2 milioni di persone nel mondo e, purtroppo, quasi 1 milione muoiono della stessa malattia. In Europa i numeri si attestano fra i 500 e i 600 mila, con più di 300 mila decessi all’anno. Basta fastidi e stop a preparazioni non sempre ben tollerate dai pazienti, per via dei liquidi da assumere in discreta quantità, responsabili di una bassa adesione ai programmi di screening.
Questo è inaccettabile e la ragione è una sola: non abbiamo ancora capito l’importanza del fare lo screening. Se n’è parlato nel corso della seconda giornata di lavori “ONCOnnection Stati Generali NORD OVEST – LIGURIA, LOMBARDIA, PIEMONTE, VALLE D’AOSTA”, promosso da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Johnson & Johnson Med Tech, Sobi rare strength, Merck, GSK.
“Sottoporsi a una colonscopia è imprescindibile oltre una certa età e salva la vita, ma pochi lo fanno”, ha commentato Alberto Arezzo, Professore Associato di Chirurgia Generale Dipartimento di Scienze Chirurgiche Università degli Studi di Torino e Dirigente Medico Chirurgia Generale 1 U Città della Salute e della Scienza di Torino.
Il problema è che l’esame, è ritenuto dai più come fastidioso, e richiede una preparazione anch’essa non sempre ben tollerata per via dei liquidi da assumere in discreta quantità. Questo spiega la bassa adesione ai programmi di screening. La tecnologia però sta facendo passi da gigante anche in questo campo, come spiega il Professor Arezzo: “Ci sono due strategie che si possono attuare e che non è detto che non vengano proposte in maniera combinata: per risalire all’interno dell’intestino in maniera tollerabile, non è sufficiente utilizzare uno strumento flessibile, che poi molto flessibile non è. E’ sicuramente preferibile utilizzare uno strumento “soffice”, come un cosiddetto “soft-robot”. Ecco perché stiamo sviluppando dei robot che si gonfino prendendo forma all’interno dell’intestino e che possano quindi avanzare in maniera del tutto impercettibile per il paziente, dei cosiddetti “eversion robots”; la seconda possibilità è quella di usare delle capsule che invece di essere ingoiate, vengono introdotte come fossero supposte. Queste capsule, possiedono dei magneti a bordo e risalgono lungo il colon a ritroso trascinate da un campo magnetico determinato da un magnete permanente esterno, governato da un robot. Così facendo, eseguono una colonscopia in tutto e per tutto identica alla colonscopia standard, ma senza il dolore determinato dalla spinta da tergo che distende l’intestino. Sia gli “eversion robots”, sia le capsule sono in grado di navigare all’interno di un intestino anche non perfettamente pulito e di eseguire in maniera molto migliore quello che si chiama il ‘colon wash’. Tradotto: la preparazione per la colonscopia si potrà limitare a una dieta e, magari, a qualche farmaco per rendere le feci più soffici”.
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