(Adnkronos) – Complessivamente, nel triennio 2019-2021, il ricorso alla Cig – in una delle sue varie forme – ha interessato 6,9 milioni di lavoratori: circa 700.000 ne erano stati beneficiari già prima del Covid-19 (tra gennaio 2019 e febbraio 2020); 5,5 milioni sono entrati nel corso del lock down di marzo-maggio 2020 e, infine, altri 750.000 lavoratori si sono aggiunti successivamente. Emerge dal XXI Rapporto annuale Inps.
Dopo il tetto toccato dalla cassa integrazione guadagni (cig) ad aprile 2020 (5,6 milioni di beneficiari) si è scesi rapidamente fino agli 1,2 milioni di settembre. Il primo picco successivo – determinato dalla seconda ondata pandemica – è stato registrato a dicembre 2020 (1,9 milioni); successivamente il livello è rimasto elevato e un picco analogo è stato raggiunto a marzo 2021 (2 milioni). Da allora il decremento è stato continuo fino ad agosto, stabilizzandosi quindi attorno a 6-700.000 beneficiari fino a fine anno.
Un ulteriore ridimensionamento è stato notato nei primi mesi del 2022, contestualmente alla caduta delle facilitazioni nell’accesso alla Cig-Covid-19. “Il proseguimento di queste tendenze positive per i prossimi mesi è condizionato dai riflessi possibili della guerra in Ucraina con le sue conseguenze geopolitiche e geoeconomiche”, annota l’Inps. Oltre che il numero di beneficiari anche la dimensione media delle ore mensili pro capite è significativamente mutata nel tempo: se ad aprile 2020 era stata pari a 106 ore per beneficiario, successivamente si è attestata generalmente tra le 65 e le 75 ore pro capite, con segnali di ulteriore contrazione negli ultimi mesi osservati.
L’intervento della Cig configura, per i dipendenti coinvolti, situazioni molto eterogenee in relazione alle diverse condizioni di salute delle aziende: si va da casi decisamente congiunturali, transitori, a realtà di crisi perdurante e conclamata, in cui la sospensione è di fatto l’anticamera della cessazione del rapporto di lavoro.
L’Inps ha studiato (sempre su dati 2021) quanto intensità e durata della Cig sottendano rischi rilevanti per il mantenimento dei posti di lavoro. “Nella primavera 2021 -spiega Inps- i cassaintegrati di lunga durata, con un’anzianità nel beneficio di almeno dodici mesi, risultavano attorno a 300.000 unità; questo contingente si è dimezzato entro la fine dell’anno; l’incidenza sul totale dei persistenti (quelli che erano già in Cig nel mese precedente) ha raggiunto il valore massimo a settembre 2021 (42%), riducendosi successivamente; i cassaintegrati di lunga durata e con intensità elevatissima (una sorta di proxy della figura del ‘cassintegrato a zero ore’) hanno raggiunto il valore massimo (78.000) a maggio 2021, poi sono lentamente diminuiti; in termini di incidenza sul totale dei cassaintegrati di lunga durata, quelli ad alta intensità sono costantemente aumentati, salendo da circa un quarto a oltre un terzo”.
È evidente che il miglioramento della congiuntura ha avuto un impatto minore sulle situazioni di crisi più forte (spesso con origini lontane nel tempo), che tendono a permanere e quindi a incidere maggiormente man mano che la situazione generale migliora.