(Adnkronos) – “Con tanti anni di lavoro ho avuto molte esperienze e il vero segreto è ‘io per prima cosa devo fare quello che è utile per il mio cliente’. I nostri risultati sono legati al servizio che abbiamo sempre dato ai nostri clienti. Il nostro obiettivo, infatti, è servire il cliente cercando di capirne le esigenze, porre la migliore soluzione e cercare di essergli vicino nei momenti difficili sia dal punto di vista finanziario, ma anche delle volte psicologico ed umanitario”. A dirlo, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Giampietro Nattino, oggi presidente onorario della Banca Finnat Euroamerica spa, in occasione della presentazione del suo libro-intervista ‘Borsa e Valori. Storia della Finnat, dall’Ottocento ai giorni nostri’, edito da Franco Angeli e curato da Maura Liberatori e Paolo Pagliaro.
“Abbiamo dei principi di fondo – sottolinea – cioè che dobbiamo lavorare anche per il nostro Paese. Questo libro nasce dall’intento di lasciare una traccia per il futuro, in modo che i miei nipoti sappiano che quello che troveranno nel tempo non viene casualmente, ma da tanto tanto lavoro, tanta applicazione, tanta prudenza e la gioia di creare lavoro anche per chi ci ha dato l’onore di ‘venire con noi’ a collaborare con la nostra azienda”. “Sono nato nel 1935, ho assistito – racconta – al primo dopoguerra e, anche se avevo 10 anni, mi sono reso conto della realtà di un Paese distrutto e di tanta povertà. Eppure, tutti si sono rimboccati le maniche lavorando giorno e notte, perché c’era l’obiettivo di migliorare la propria posizione economica e questo Paese e così è stato”.
“Il libro – fa notare Giampietro Nattino – termina con una frase che leggevo al salone d’ingresso del Banco di Santo Spirito a via del Corso, quando andavo a fare delle operazioni di cassa: ‘Faber est suae quisque fortunae’. Per questo, ai miei figli e mai nipoti dico sempre di ricordarsi che la loro fortuna non è quello che trovano, ma quello che sapranno costruire con il lavoro, il sacrificio e con la dedizione”. “E’ importante – afferma – credere ancora che il lavoro non nasce dal nulla come l’erba, ma dalla buona volontà delle persone, da chi ci si applica, da chi rischia, da chi ci mette anche i propri patrimoni e dalla felicità nel vedere il sorriso di un giovane nel dirgli ‘bene ti assumiamo’”.