(Adnkronos) – E’ partita la petizione ‘Salviamo il ceto medio’ lanciata da Cida, la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità, promossa su change.org e indirizzata alla Presidenza del Consiglio, al ministro dell’Economia e al ministro del Lavoro. L’obiettivo è quello di salvaguardare il ceto medio dai ripetuti interventi iniqui che ormai da anni colpiscono ingiustamente coloro che rappresentano il motore dell’economia e la reale fascia produttiva del Paese. Ci riferiamo a tutti i contribuenti da lavoro o da pensione da 35 mila euro lordi in su, che pagano il 63% di tutta l’Irpef e che anche in quest’ultima ultima legge di bilancio sono stati penalizzati.
“La categoria dirigenziale – afferma Stefano Cuzzilla, presidente Cida – si fa portavoce della difesa di tutte le forze produttive e intraprendenti del Paese, presenti negli ambiti socioeconomici, pubblici e privati, che generano pil, posti di lavoro e muovono l’economia e che, nonostante ciò, si sentono orfane di attenzione politica. Da troppi anni la classe media è colpita da reiterate vessazioni e ripetuti provvedimenti falsamente redistributivi che mettono seriamente a repentaglio i valori della professionalità e del merito. Il rischio è un progressivo assottigliamento della categoria con conseguente instabilità sociale”.
“E’ con questa consapevolezza – spiega Cuzzilla – che abbiamo sentito l’urgenza di lanciare una petizione per chiedere un Paese più equo e giusto, che punti su lavoro, crescita, imprese produttive, stipendi più elevati e pari opportunità per giovani e donne senza sottrarre altre risorse a chi ha pagato onestamente tasse e contributi in un’economia alterata e inquinata dall’evasione. Se perdiamo il ceto medio perdiamo l’equilibrio di tutto il sistema e ipotechiamo il nostro futuro”.
La petizione, che in poco più di 24 ore ha già raccolto più di 10mila firme, si pone diversi obiettivi. 1) Sostenere il potere d’acquisto delle pensioni: applicare la perequazione per scaglioni in base all’art. 34 comma 1 legge 448/98 e all’art. 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
2) Dare trasparenza e consentire la reale sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico: separare in maniera contabile la previdenza dall’assistenza.
3) Dare maggiori opportunità di crescita retributiva: abolire il divieto di cumulo fra redditi e pensioni di qualsiasi tipo in applicazione dell’art. 19 del decreto-legge 112/2008.
4) Valorizzare i contributi previdenziali versati dai lavoratori: eliminare i tetti sulle prestazioni pensionistiche anticipate (Legge 92/2012 e art. 24 comma 11 DL 6 dicembre 2011 n.214).
5) Una maggiore equità fiscale: eliminare il meccanismo di riduzione progressiva delle detrazioni fiscali in relazione al reddito, individuato dall’art.1 comma 629 Legge 27 dicembre 2019, n.160.
6) aumentare le risorse disponibili a famiglie e imprese: ridurre la progressività delle aliquote Irpef evitando disparità di trattamento fra le diverse categorie di lavoratori. 7) Rafforzare il welfare pubblico a sostegno di chi ha effettivamente bisogno: attivare una vera lotta all’evasione fiscale, utilizzando tutti i dati disponibili ed evitando i condoni.