(Adnkronos) – “Competenza e competitività sono i due elementi su cui verterà questa mia relazione. Sono l’uno causa ed effetto dell’altro, perché non è possibile immaginare un paese competitivo che non si affidi a persone capaci. Quindi partirò dall’ambizione di un’Italia competente per svelare a gran voce due, tre paradossi su cui stiamo pericolosamente capitolando. E poi affronterò il tema di come, a partire dalla competenza, abbiamo ancora chances di costruire un’Italia competitiva. Il primo paradosso sulla competenza è che tutti la invocano, in pochi la riconoscono e sempre in meno la premiano. Per ristabilire il valore della competenza, bisogna capire di cosa essa si compone: un buon livello di istruzione innanzitutto, talento in molti casi, esperienza sempre, e riconoscimento da parte dei propri pari”. Così Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager, nel corso della sua relazione all’assemblea annuale della Federazione a Roma.
“La strisciante demonizzazione di chi è più competente in un settore o in un mestiere è sempre più diffusa ed amplificata da un discorso pubblico che, mentre afferma il primato del merito, lo tradisce nelle camere d’eco in cui piace rinchiudersi. Se ogni opinione inizia ad avere lo stesso peso a prescindere dalla competenza acquisita di chi la esprime, vuol dire che nessuna opinione ha più alcun peso”, ha sottolineato.
“Insomma, la competenza per fare bene al sistema -ha continuato Cuzzilla- ha bisogno di essere riconosciuta a gran voce. E a gran voce significa: primo, invertire il trend di investimenti pubblici aumentando quel 4,1% del Pil che destiniamo al sistema dell’istruzione e che è sotto la media europea. Responsabile, tra le altre cose, del fatto che poco più di un adulto su tre raggiunge la licenza media e che è responsabile di tassi di abbandono scolastico che nel Mezzogiorno superano il 15%. Dobbiamo con coraggio rinnovare il modello di istruzione, che è troppo ancorato al passato, e incentivare la formazione continua. Guardando agli adulti tra i 25 e i 64 anni, non arriviamo al 10% di chi svolge una qualsiasi attività formativa”, ha sottolineato.
“Secondo rimedio, valorizzare – ha spiegato Cuzzilla – i talenti e trattenerli. Questo implica dotarsi di programmi di scale-up delle competenze, affinché le doti individuali possano trovare ecosistemi dove svilupparsi e crescere qui in Italia, aperti alle intelligenze di altri Paesi che dovremmo voler attrarre e poi trattenere qui, anche con sistemi di incentivazione al rientro dall’estero. Al primo gennaio di quest’anno 6 milioni di italiani hanno lasciato il nostro Paese, con una crescita del 2,2% sul 2022. In media, ogni cento giovani, 10 decidono di andarsene. Quindi, terzo elemento, riconvertire la narrazione sulle retribuzioni”, ha rimarcato.