(Adnkronos) – “Non sono favorevole o contrario alla flat tax in senso lato, anche perché, al di là dell’imposta sostitutiva, questo il nome nel nostro ordinamento della cosiddetta flat tax, applicata ai regimi forfettari e di vantaggio, ne esistono già varie tipologie nel nostro Paese, dall’imposta delle società di capitali alla cedolare secca sui redditi da locazione, solo per fare due esempi. Pertanto, chi contesta questa tipologia d’imposta per le persone fisiche, per il fatto di non rispettare la progressività, dovrebbe contestarla anche per tutte le altre applicazioni, ciò non sempre è avvenuto e può far sorgere qualche dubbio circa posizioni più da fisco-politico che da politica fiscale”. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto nazionale tributaristi.
“Oggi però – avverte – chi parla di flat tax si riferisce soprattutto a quella applicata alle partite iva individuali con ricavi fino a 65.000 euro. In questo caso, la convenienza è direttamente proporzionale al vantaggio derivante dall’applicazione di un’imposta ad aliquota fissa, perché, per come è normata attualmente, si basa su un imponibile determinato, nel caso del regime forfettario, detraendo dai ricavi una percentuale prestabilita e non i reali costi sostenuti”.
“Ciò – spiega – determina già una disparità tra le attività di servizi, normalmente con minori spese di gestione, e le attività commerciali, che inevitabilmente sostengono maggiori costi. Inoltre, l’imposta sostitutiva non permette in sede di dichiarazione dei redditi l’applicazione degli oneri detraibili e neppure le detrazioni per lavoro autonomo come accade per i regimi ordinari”.
“Una convenienza soggettiva – sottolinea il presidente Alemanno – che va ben valutata prima di applicare questo tipo di regime fiscale-contabile, anche se fortemente sburocratizzato. Inoltre, l’introduzione di un’imposta sostitutiva con specifiche regole di applicazione in un fisco così complesso può far sorgere qualche perplessità. Personalmente, manterrei un regime agevolato per i primi 7 anni di attività di lavoro autonomo, magari evitando di mettere paletti come quello del tetto dell’importo di redditi da pensione, attualmente a 30 mila euro lordi”.
“Oggi però – suggerisce – serve una riforma strutturale del fisco, ciò permetterebbe di avere poi anche regimi agevolati in taluni settori senza che qualcuno possa paventare una forma di ingiustizia. Infatti, la sburocratizzazione dei regimi agevolati che applicano la flat tax potrebbe essere estesa, per talune tipologie di adempimenti obbligatori, anche ai regimi ordinari se si ottimizzasse l’utilizzo dei milioni di tati digitali in possesso della Pa”.
“Quindi – sintetizza – un’analisi generica non può determinare la convenienza della flat tax. Una cosa però è certa: la pressione fiscale e contributiva nonché la burocrazia che scontano i regimi, diciamo, ordinari ha raggiunto un limite non più sopportabile, per cui a una revisione della flat tax dovrebbe attuarsi, quantomeno, una ulteriore revisione dell’lrpef. In ultimo, relativamente ad annunci di ampliamento della flat tax per le partite iva e di possibile applicazione anche ai redditi da lavoro dipendente, bisognerebbe conoscerne dettagliatamente le modalità di applicazione, perché non si possono fare valutazioni solo da semplici annunci”.