(Adnkronos) – “Noi abbiamo chiuso il 2022 con una forte crescita del fatturato, +14%, che è stato un risultato storico perchè negli ultimi 10 anni l’azienda non era mai cresciuta tanto, e contemporaneamente siamo riusciti nonostante il rincaro dei costi a crescere anche in Ebitda del 14%, cosa che ci ha inorgoglito perchè è stato il risultato di un processo non solo di efficientamento dell’azienda ma soprattutto di crescita. Nel 2023 con le stesse strategie stiamo continuando il processo di crescita. Stimiamo di crescere il fatturato nei maggiori Paesi e nei maggiori canali, come ad esempio gli Stati Uniti”. Così, in una lunga intervista con Adnkronos/Labitalia, Cristina Scocchia, ad di illycaffè, sull’andamento della multinazionale nel 2023 nei diversi mercati.
“Gli Usa -spiega Scocchia- per noi sono il maggior mercato dopo l’Italia, che è il cuore dell’azienda e pesa un terzo del fatturato. Gli Usa però sono il nostro secondo Paese e l’obiettivo strategico dell’azienda è da qui alla fine del piano industriale e quindi al 2027 di farli ‘pesare’ quanto l’Italia. Anche lì stiamo crescendo e stimiamo di chiudere l’anno con una crescita del 16-18% rispetto all’anno scorso. Un dato -aggiunge- che ci permetterebbe di confermare per due anni di seguito che la strategia di raddoppio degli Usa si sta materializzando. E a livello di Ebitda continuiamo a crescere in doppia cifra solida, e contiamo di continuare sulla scia dei risultati dell’anno scorso”, spiega.
E per il 2024 Scocchia annuncia una novità per l’offerta dell’azienda. “Noi vorremmo l’anno prossimo lanciare -spiega- un’innovazione importante, ci stiamo lavorando, non abbiamo ancora deciso il mese in cui riusciremo a lanciarla. Da sempre siamo leader nell’innovazione e vogliamo nel 2024 accelerare su questo e farne un vettore di crescita per l’azienda. Stiamo parlando di un nuovo prodotto, i dettagli sono confidenziali ma sarà l’anno in cui lo lanceremo”, rimarca.
L’ad dello storico brand italiano ribadisce che “noi continuiamo a essere ottimisti e a puntare sulla crescita internazionale. Vogliamo difendere la posizione competitiva che abbiamo in Italia e migliorarla ma al contempo stiamo spingendo molto sull’acceleratore sugli Stati Uniti da una parte e sulla Cina dall’altra”.
“Sono -spiega- mercato molto grandi, gli Usa sono il primo mercato mondiale per il caffè e lì non abbiamo la quota di mercato che abbiamo nel nostro Paese e quindi la conquista di distribuzione sia del canale horeca sia del canale della gdo per noi è un’opportunità. La Cina anche è un mercato enorme, non per il caffè, che è piuttosto piccolo, ma noi sappiamo che i tassi di penetrazione in un mercato così ampio come quello cinese comunque costituiscono un’opportunità di business di rilievo”, aggiunge ancora.
“E quindi -sottolinea- vogliamo essere presenti anche in quel mercato dove abbiamo appena firmato un accordo di esclusiva con Chancemate. Noi ci mettiamo la conoscenza del mercato del caffè, loro ci mettono la conoscenza del mercato e della cultura cinese e pensiamo che sarà un matrimonio che darà buoni frutti”, aggiunge ancora.
Attività e risultati raggiunti nonostante la situazione del mercato mondiale del caffè non sia dei migliori. “Nel mercato mondiale del caffè -sottolinea la manager- permane una situazione critica. Ormai da due anni infatti la domanda di caffè supera l’offerta a causa del cambiamento climatico. Quello che stiamo osservando è un progressivo deterioramento del clima nei paesi produttori di caffè: si alternano gelate a periodi di siccità e ci sono quindi i microbioti che in un clima così altalenante crescono in maniera molto rapida e attaccano le piantagioni di caffè, soprattutto quelle di arabica. Addirittura da qui al 2050 si stima che metà dei terreni oggi utilizzati per piantagioni di caffè non saranno più utilizzabili per piantare caffè. Questo è un problema non solo economico ma anche umanitario se pensiamo a tutte le popolazioni di questi Paesi in via di sviluppo che vivono grazie appunto alle piantagioni di caffè”, spiega ancora.
“Ci sono -spiega Scocchia- due grandi varietà di caffè che vengono usate per scopi alimentari: la robusta e l’arabica. La robusta, lo dice il nome, è una pianta che regge di più ma è meno prestigiosa perchè sono piante che hanno aromi meno sofisticati e quantità di caffeina più elevata. Invece l’arabica, che è di qualità più elevata, è una pianta che dura sei-sette anni a differenza della robusta che dura una ventina di anni”, sottolinea. “E queste piante di arabica sono molto colpite da questi microbioti che si stanno sviluppando in modo esponenziale a causa dei cambiamenti climatici. Quindi il problema che abbiamo è che se continua così tutte le informazioni a nostra disposizione protendono per confermarci che nel futuro la domanda di caffè sarà superiore all’offerta”, aggiunge.
Per Scocchia la strada per provare a invertire la tendenza è chiara: “Il futuro è l’agricoltura circolare e rigenerativa, è chiaro a tutti -sottolinea- che il modello di business attuale che sfrutta senza rigenerare è un modello che ha portato a situazioni di non ritorno. Per cui adesso bisogna agire auspicabilmente tante aziende insieme per andare a lavorare su questo, sulla sostenibilità, sull’agricoltura di precisione, sull’agricoltura circolare e rigenerativa. Noi siamo stati dei pionieri su questo, ci crediamo molto e ci investiamo molto da anni. Secondo noi è il futuro e speriamo di condividerlo con sempre più operatori”, rimarca.
Nonostante le difficoltà legate al rincaro dei costi Scocchia chiarisce che “al momento non abbiamo in piano ulteriori aumenti del prezzo del caffè prodotto finale per i consumatori nei prossimi mesi. Poi come sempre il contesto è molto volatile e quindi queste decisioni non sono scolpite nella pietra, ma ad oggi non ci sono piani su ulteriori aumenti del prezzo del caffè per i consumatori”.
“Per quanto riguarda la nostra attività è ovvio -spiega- che quando comunque la domanda supera l’offerta il prezzo del caffè verde, materia prima, resta molto alto. Ad oggi siamo a 175 dollari per libbra, quotato alla Borsa di New York, e pensiamo che nel novembre del 2021 era a 110 dollari. Poi c’è stata questa corsa inflazionistica che ha portato il prezzo fino a 234 dollari per libbra, raggiunti a marzo 2022, quando ero arrivata da pochi mesi in illy e mi sono ritrovata il prezzo più alto della storia. Adesso è 175 che rispetto al 110 di partenza è un aggravio di costo notevole”, aggiunge Scocchia.
E, spiega la manager, “soprattutto per chi come noi non solo compra caffè, ma compra caffè di qualità superiore. Intendo che noi non compriamo la robusta ma solo l’arabica, e all’interno di questa compriamo solo il top, il miglior 1% di chicchi, quelli con zero difetti e che sono coltivati in piantagioni sostenibili. Questo perchè da 90 anni, fin dalla nostra fondazione, illycaffè crede nella qualità superiore e sostenibile”.
Nonostante l’incremento dei costi di questi ultimi anni quindi la scelta di illycaffè è stata chiara. “Noi -spiega Scocchia- abbiamo adottato una politica etica, nel senso che crediamo che un’azienda come la nostra, una benefit corporation, e anche una Bcorp, debba trattenere su di sè una parte della pressione dei costi e non scaricarla interamente a valle. L’anno scorso noi abbiamo avuto un rincaro dei costi del 17%, soprattutto dovuto al rincaro del prezzo del caffè verde oltre che i costi dell’energia e della logistica, e abbiamo deciso -sottolinea- di aumentare il costo del prodotto finale del 3%a gennaio del 2022 e del 3% a gennaio del 2023. Quindi in totale abbiamo riversato a valle sul consumatore finale il 6% mentre abbiamo trattenuto sulle nostre spalle gli altri due terzi del rincaro dei costi”, ribadisce. “Credo -spiega la manager- che sia stata la scelta giusta perchè ha permesso comunque all’azienda di comportarsi in modo etico e responsabile e allo stesso tempo abbiamo reagito bene a questo rincaro delle materie prime perchè poi siamo riusciti comunque a crescere il nostro Ebitda, la nostra profittabilità grazie al mercato internazionale”, aggiunge.
E per quanto riguarda i conflitti in atto in Ucraina e in Medio Oriente, “non hanno un impatto diretto sul nostro business, perchè noi in Russia e in Ucraina piuttosto che nei Paesi medio orientali -spiega Scocchia- non avevamo dei grandi business e una presenza molto forte quindi non siamo impattati in maniera diretta”. “Certamente però come tutti -aggiunge- soffriamo per un contesto macroeconomico particolarmente sfidante perchè come tutti avevamo sofferto l’effetto pandemico, poi c’è stata la corsa inflazionistica spinto aggravata della guerra in Ucraina e oggi il conflitto in Medio Oriente. Tutta questa tensione a livello macro economico spinge i consumatori a diminuire i consumi e aumentare i risparmi. E soprattutto a ridurre i consumi sui prodotti che sono premium e super premium, mentre crescono le marche più basse”, conclude.