(Adnkronos) – Bioingegnere, per la ricerca contro il cancro usa scatolette di plastica che sostituiscono egregiamente le cavie. Ha fondato un’azienda che ha trasformato la sua intuizione in un brevetto e in un giro d’affari promettente. E’ Silvia Scaglione, una delle 22 imprenditrici protagoniste del volume ‘Una marcia in più. Storie italiane di imprenditrici vincenti’, di Manila Alfano, Giorgio Gandola e Stefano Zurlo, ed edito da Wise Society. Il futuro abita dentro scatolette di plastica dall’aria innocua ma assai sofisticate. “Coltivi al loro interno le cellule tumorali -spiega Silvia Scaglione-, poi inietti un farmaco e osservi, e poi puoi fare tutti gli esperimenti che su un topo, una cavia, sarebbero preclusi: per esempio puoi immettere cellule immunitarie umane, che il topo respingerebbe perché estranee, e vedere cosa succede”.
Sì, perché queste scatolette, tecnicamente organ-on-chip, riproducono fedelmente il corpo umano, con i flussi di sangue e tutto il resto, anzi, da un certo punto di vista, maneggiare quelle cellule è come immergersi dentro di noi. Dentro un organismo vivente. Per riproporre la battaglia fra le medicine e gli agenti che attentano alla nostra vita. E ancora, tutto questo avviene, come dire, a vista, perché l’occhio del ricercatore può controllare da fuori in diretta quel che accade dentro. Quasi si potesse lavorare fra i nostri organi appunto alla luce del sole.
Silvia Scaglione, giovane e sorridente mamma di due ragazzine, Sara e Elena, è la madre di questo capolavoro della bioingegneria che ora è anche un business promettente, con incrementi del fatturato nell’ordine del 40 per cento l’anno, e una società, una start up, la React4Life, con sede naturalmente a Genova. Genio e regolatezza, dunque, perché le scoperte vanno di pari passo con l’aumento degli ordini in portafoglio. La testa non abita fra le nuvole, secondo l’immagine un po’ stereotipata del ricercatore, anzi Scaglione mette insieme il bernoccolo della matematica, e più in generale la mentalità scientifica, col profilo del manager sempre pronto a viaggiare, a intraprendere relazioni dall’altra parte del mondo, a esplorare nuove frontiere commerciali. “Siamo – riprende- alla vigilia di una rivoluzione epocale: questi dispositivi affiancheranno e sostituiranno, almeno in parte, i topi nella sperimentazione. Già avviene così, perché questa branca della bioingegneria nata una quindicina di anni fa a Boston, è letteralmente esplosa, ma ancora manca il riconoscimento da parte dei grandi enti che regolano la ricerca. Però, ormai, ci siamo: negli Usa, come sempre all’avanguardia, questo passaggio storico viene formalizzato proprio in queste settimane”, conclude.