(Adnkronos) – “Le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro sono determinate da forze evolutive che incidono su tre ambiti principali: tecnologie, competenze, società. Dopo le soluzioni d’emergenza sperimentate durante la pandemia, lo smart working è oggi uno strumento di evoluzione organizzativa, da sviluppare in modo coerente all’interno delle aziende, con soluzioni adeguate al se/ore, ai livelli di servizio al cliente, ai processi operativi, ma anche a quelli di sviluppo e integrazione tra funzioni”. A ricordarlo Mario Mantovani, presidente Manageritalia, in occasione della 100ma assemblea dell’associazione.
“Un compito dei manager – sostiene – che devono trovare nelle norme e nella contrattazione collettiva strumenti flessibili, un quadro generale di diritti e doveri all’interno del quale declinare le soluzioni concrete. Tra i driver tecnologici, le diverse forme di IA e gli strumenti che ne derivano sono in grado di modificare più profondamente l’organizzazione del lavoro: la capacità di tradurre e scrivere test con elevato grado di affidabilità, la possibilità di elaborare grandi quantità di dati per analizzare i comportamenti dei consumatori, dei mercati finanziari, degli agenti virali e batterici, la crescente capacità dei robot di coniugare azioni meccaniche con scelte alternative, applicabili alla logistica, ai trasporti, alle manutenzioni. I manager devono essere in grado di governare la complessità tecnologica e di gestire, come hanno sempre fa/o con le risorse umane e finanziarie, le risorse tecnologiche”.
“La transizione verde e quella digitale ricorda Mantovani – stanno aprendo nuove opportunità per l’economia, per i cittadini e per i lavoratori: disporre delle competenze necessarie consentirà alle persone di affrontare i cambiamenti del mercato del lavoro e di partecipare appieno alla vita sociale. Per questo motivo il 2023 è stato nominato Anno europeo delle competenze: ‘una forza lavoro dotata delle competenze richieste contribuisce anche alla crescita sostenibile, accresce l’innovazione e migliora la competitività delle imprese'”.
“Oltre tre quarti delle imprese dell’Ue – avverte – incontrano difficoltà a trovare lavoratori con le competenze necessarie, e i dati più recenti di Eurostat indicano che solo il 37% degli adulti ha l’abitudine di seguire una formazione adeguata. Il Digital economy and society index (DESI) mostra che 4 adulti su 10 e una persona su tre che lavora in Europa non hanno competenze digitali di base. C’è anche una bassa rappresentanza di donne nelle professioni e negli studi legati alla tecnologia, con solo 1 specialista ICT su 6 e solo un 1 laureato su tre nelle materie stem è donna”.
“Occorre quindi – suggerisce – incrementare le competenze dei lavoratori, inclusi i manager, che non possono essere soltanto utilizzatori di tecnologie, ma devono comprenderne le potenzialità e le implicazioni. Nello stesso tempo, per poter garantire una crescita basata su produttività, lavoro di qualità, eccellenza di prodotto e di servizio, occorre elevare rapidamente tu/e le competenze umane, dei giovani e dei meno giovani, delle donne e degli uomini, superando i gap che oggi impediscono a una larga parte della popolazione, in particolare in Italia, di acquisire le competenze necessarie. Un gap che si manifesta nella scuola, con un tasso di Neet e di abbandono scolastico elevatissimo e che non accenna a diminuire, nel dialogo tra università e impresa, ancora troppo limitato e condizionato da modelli divergenti, nei sistemi formativi aziendali e settoriali, spesso schiacciati verso forme di ‘addestramento’ adatte al sistema industriale ripetitivo di massa superato da decenni”.
“Non possiamo poi permetterci – rimarca – di sprecare le competenze esistenti per mancanza di un sistema che le riqualifichi, le sviluppi e favorisca l’incontro con le aziende: un sistema finalmente efficace di politiche attive, che contrasti l’obsolescenza delle competenza e riduca i tempi di ricollocamento”.
“Contemporaneamente – afferma il presidente di Manageritalia – si trasforma la società, con una richiesta di migliore equilibrio e minore distinzione tra lavoro e tempo libero, con la volontà di ridurre gli spostamenti quotidiani e i trasferimenti verso i conglomerati urbani più grandi, con una domanda di sostenibilità nei comportamenti quotidiani. Cambiamenti che, coniugati alla crescente carenza di competenze e in generale di popolazione in età lavorativa, per effetto di una dinamica demografica destinata a prevalere per almeno il prossimo mezzo secolo nel nostro paese, obbligano le imprese a sviluppare 7 modelli organizzativi non più centrati su poche sedi di lavoro e orari prefissati”.
“Il capitale umano – dice – sarà (e in molti casi è già) la leva più scarsa in molti settori e la competizione per a/rarre i lavoratori migliori sarà sempre più forte. Non si può dimenticare il ruolo positivo che può essere garantito da un’immigrazione ordinata, da processi di formazione e integrazione per chi proviene da altre culture, da incentivi per i lavoratori più qualificati, dalla proposta di uno stile di vita e lavoro attrattivo per i giovani (e meno giovani) lavoratori di altri paesi”.
A seguire gli ambiti e le proposte di policy. Semplificazione delle norme sul lavoro, favorendo la convergenza tra lavoro subordinato e autonomo, evitando distorsioni dovute a norme fiscali e contributive – progettazione e potenziamento dei sistemi formativi, superando il dualismo – spesso anche contrapposizione culturale – tra scuola e lavoro, creando continuità tra i sistemi di apprendimento e favorendo la crescita complessiva, in luogo di un’enfasi eccessiva sui processi selettivi. Introduzione di incentivi alle imprese per facilitare la crescita e lo sviluppo imprenditoriale attraverso l’assunzione di manager qualificati. Creazione di un’agenzia dedicata al monitoraggio e alla manutenzione delle competenze, in particolare dei lavoratori più qualificati, sul modello dell’Apec francese, abbinando le aspirazioni e le competenze delle persone alle opportunità offerte dal mercato del lavoro, in particolare per la transizione verde e digitale. Sviluppo di sistemi di politiche attive con l’utilizzo integrato di risorse pubbliche e private, seguendo lo schema del provvedimento appena varato dalla Regione Lombardia.
Provvedimenti che consentano di raggiungere gli obiettivi sociali dell’Ue per il 2030, legati all’apprendimento, in base ai quali almeno il 60% degli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione. Misure necessarie anche per raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di un tasso di occupazione di almeno il 78%, che consentirebbe di limitare i gravi e crescenti problemi legati alla diminuzione della popolazione italiana in età lavorativa.
Politiche d’immigrazione che consentano d’incrementare la forza lavoro qualificata, a tutti i livelli, a/raendo persone provenienti da paesi terzi con le competenze necessarie, anche rafforzando le opportunità di apprendimento e la mobilità e agevolando il riconoscimento delle qualifiche.
Restituzione del cosiddetto ‘prelievo forzoso’: il legislatore italiano ha a/ribuito ai Fondi Interprofessionali di formazione continua maggiori risorse finanziarie, derivanti dalla restituzione del cosiddetto ‘prelievo forzoso’ (il versamento di cui all’art. 1comma 722, della legge n. 190/2014), per la il miglioramento delle competenze dei soli lavoratori beneficiari di integrazioni salariali straordinarie, implicitamente escludendo i Fondi dei dirigenti, che non beneficiano dell’integrazione salariale. Il recente Decreto 14 marzo 2023 ha espressamente stabilito tale esclusione. Manageritalia ha chiesto che anche i dirigenti possano usufruire dell’incremento delle risorse assegnate ai Fondi interprofessionali, come già disposto per le altre categorie di lavoratori – Incentivi al reimpiego di personale con qualifica dirigenziale.