(Adnkronos) – La legge di Bilancio, nella sua ultima versione in discussione alla Camera, iper-rivaluta le pensioni minime, garantisce rivalutazione piena alle rendite fino a 4 volte il trattamento minimo e taglia in maniera progressiva gli adeguamenti agli assegni di importo superiore. Un meccanismo che, rispetto alla prima formulazione è ancora più penalizzante nei confronti del cosiddetto ceto medio e, in particolare, nei confronti dei titolari di assegni dai 2.500 euro lordi in su. Pensionati che hanno versato nel corso della propria carriera professionale contributi sociali e imposte, sostenendo attivamente la tenuta del welfare state italiano.
“La Legge di Bilancio – ha affermato Stefano Cuzzilla, presidente Cida -colpisce ancora una volta in modo pesante il ceto medio, e l’ultima versione sembra esse ancora più penalizzante. Al peggio non c’è mai fine. Questa è decisione iniqua che danneggia ulteriormente chi oggi ha una pensione che è il frutto di anni di lavoro e contribuzione. Aiutare chi è più fragile è un dovere per un Paese civile, ma è altrettanto doveroso premiare il merito e la fedeltà fiscale”.
“Dobbiamo notare – ha continuato Cuzzilla – che nessun Governo, certamente nessuno negli ultimi 20 anni, ha interrotto la spirale di tassazione che si abbatte sul ceto medio. Le risorse risparmiate dalla lunga serie di provvedimenti riguardanti la perequazione automatica dell’ultimo ventennio sono andate, nella maggior parte dei casi, a sostenere la spesa per le prestazioni assistenziali, che ormai ha superato i 90 miliardi l’anno. Come si può pensare che il 40% della popolazione paga oltre il 92% delle imposte e contributi e il 60% ne paga solo l’8%? C’è qualcosa che non torna se 12 milioni sui 16 di pensionati hanno una pensione bassa, fino a quattro volte il minimo, solo parzialmente coperta da contributi”.
Lo studio dell’Osservatorio Itinerari Previdenziali sulla spesa pubblica e sulle entrate 2022 – ‘La svalutazione delle pensioni oltre 4 volte il minimo’ pubblicato, in collaborazione con Cida, analizza gli effetti sui trattamenti pensionistici dei diversi schemi di rivalutazione che si sono susseguiti negli ultimi vent’anni e mostra come il numero delle prestazioni sociali erogate ogni anno è in continuo aumento: ormai quasi la metà di tutte le prestazioni sono assistenziali, non sostenute da contributi sociali e imposte e con costi a carico della fiscalità generale.
Il totale di tutti questi interventi assistenziali ammonta per il 2021 a 91,975 miliardi di euro, cui ora si aggiungono risorse recuperate all’interno delle gestioni previdenziali per finanziare gli aumenti delle pensioni integrate al trattamento minimo e ‘Quota 103’, circa 48 miliardi in 10 anni, finanziati quasi totalmente dalla ridotta perequazione dei redditi pensionistici a partire da quelli che superano 4 volte il trattamento minimo (2.101,53 euro lordi mensili, circa 1.500 euro netti).