(Adnkronos) – Sempre più giovani, soprattutto laureati e donne, punteranno da qui al 2030 su una professione tecnico-scientifica. Professioni che saranno sempre più a ‘banda larga’ cioè estremamente diversificate per ruoli, competenze e servizi offerti. Parallelamente il mondo delle professioni evolverà sostanzialmente, così come il ruolo degli Ordini professionali che saranno sempre più erogatori di servizi. A queste evoluzioni faranno da traino le innovazioni tecnologiche, in particolare l’intelligenza artificiale, che modificheranno il lavoro intellettuale assorbendo un quarto delle attuali occupazioni. Questi alcuni dei risultati emersi dall’indagine previsionale ‘Il futuro delle professioni tecnico-ingegneristiche. Scenario 2030’, realizzata dallo studio del Professor Domenico De Masi attraverso il metodo ‘Delphi’ e presentata oggi a Roma, presso l’Auditorium Antonianum, in occasione della giornata inaugurale del XV congresso nazionale dei Periti Industriali, organizzato dal consiglio nazionale e dall’ente di previdenza di categoria, che si chiuderà domani.
Obiettivo: tracciare uno scenario che sia il più plausibile possibile sulle evoluzioni delle professioni tecniche da qui al 2030 considerando le influenze tecnologiche, sociali ed economiche. A metterne in luce gli aspetti salienti il professor Francesco Giorgino, chairman scientifico – Università Luiss, insieme ai 7 esperti che hanno preso parte alla ricerca: Franco Bonollo, Alberto Brambilla, Federico Butera, Luca Giustiniano, Giuseppe Rossi, Stefano Sacchi, Pasquale Sandulli.
Al centro della ricerca, quindi, il tema delle innovazioni tecnologiche che da qui al 2030 continueranno ad aumentare quantitativamente e a svilupparsi qualitativamente: più robotizzazione e più automazione, ma soprattutto più Intelligenza Artificiale, che assorbirà e modificherà soprattutto il lavoro intellettuale, sia impiegatizio che creativo e avrà notevoli impatti sulle competenze dei lavoratori e sulle forme organizzative.
Questo obbligherà a puntare su formazione e competenza, tanto che le professioni emergenti ascrivibili ai contesti tecnologici e ingegneristici, richiederanno una formazione di livello terziario. Del resto da qui al 2030 il paradigma dominante del lavoro sarà quello delle professioni dei servizi a “banda larga”, ossia di professionisti che hanno un altissimo numero di attività e di ruoli per contenuto, livello e formazione. Un modello che permetterà alle persone di passare da un ruolo all’altro senza perdere l’identità. A cambiare, nello stesso tempo, sarà il ruolo degli Ordini professionali che assumeranno sempre più le caratteristiche di fornitori di servizi per i propri iscritti.
Pertanto l’offerta di formazione diventerà cruciale. La tendenza dei giovani laureati, fortemente orientata a non iscriversi, imporrà la necessità di rinnovarsi sotto differenti punti di vista: effettiva rappresentatività dei propri iscritti e dei loro legittimi interessi; capacità di stimolare innovazione e nuove prospettive nei percorsi professionali; capacità di organizzare, fornire, integrare la formazione professionale e di coinvolgere chi opera nel settore della libera professione.
E come cambierà il lavoro dei periti industriali da qui al 2030? Più portatile e automatizzato rispetto ad oggi, con modalità di lavoro sempre più “fuori ufficio”. E’ quanto emerge dall’indagine previsionale ‘Il futuro delle professioni tecnico-ingegneristiche. Scenario 2030’, presentata oggi al congresso nazionale dei periti industriali in corso a Roma.
Il ‘core’ del lavoro resterà abbastanza simile a quello attuale, ma necessiterà di aggiornamenti continui a causa delle nuove tecnologie legate alla transizione energetica. La formazione del perito industriale sarà comunque sempre più caratterizzata dall’unione di cultura tecnica con i saperi scientifici proprio per garantire quel necessario approccio culturale e interdisciplinare alle competenze.
Ma quali saranno i settori in espansione da qui al 2030? Per la ricerca non ci sono dubbi, la domanda di lavoro crescerà soprattutto negli ambiti relativi alla trasformazione digitale, economia circolare, transizione energetica ed ecologica, trasformazioni demografiche, quindi all’adattamento a una silver economy con tutti i bisogni (abitativi, sanitari, ecc.) che ne deriveranno. Il recupero del patrimonio abitativo esistente in ottica di sostenibilità ambientale, e di supporto alla silver economy, rappresenterà una tra le opportunità di incremento occupazionale.
E, come emerge dalla ricerca, sarà necessario un ripensamento del sistema di welfare della categoria dei periti industriali. Da qui al 2030, sarà essenziale, spiegano i periti industriali, infatti mettere a punto anche percorsi individuali di welfare previdenziale ed assistenziale per consolidare le azioni attuate al fine di migliorare l’adeguatezza dell’assegno pensionistico, tutelare la salute e le situazioni di vulnerabilità. Ovvero, un welfare della persona, che la sostenga nella vita privata e nelle esigenze familiari e di salute, con uno sguardo attento al fine previdenziale e alla sostenibilità.
“Il nostro virtuoso modello di welfare -spiegano i periti industriali- dovrà essere pronto ad aprirsi ad ulteriori platee di riferimento, e favorire l’aggregazione di servizi comuni agli altri enti di previdenza, assicurando con responsabilità, il valore dell’autonoma gestionale riconosciuta dalla legge istitutiva”, concludono.
Il XV congresso dei Periti Industriali si concluderà domani, venerdì 22 settembre, con una giornata dedicata alla presentazione del documento programmatico di categoria che sarà sottoposto a mozioni e votazioni da parte dei delegati e si chiuderà con le relazioni del presidente del consiglio nazionale dei periti industriali, Giovanni Esposito, e del presidente dell’ente di previdenza di categoria, Paolo Bernasconi.