(Adnkronos) – Il 53% dei direttori del personale si dichiara d’accordo sull’introduzione della settimana corta, da 5 a 4 giorni lavorativi, mentre il restante 40% lo è solo parzialmente e il 6% si dichiara non favorevole. I professionisti delle risorse umane, sostanzialmente si dividono a metà, con leggera prevalenza di coloro che esprimono una valutazione positiva. Tra le principali ragioni di coloro che sono favorevoli, il 79% indica la possibilità di migliorare la conciliazione vita-lavoro, per il 49% aumenta il benessere psico-fisico dei dipendenti e per il 27% circa aumenta la motivazione al lavoro dei dipendenti.
A dirlo Aidp – Associazione italiana per la direzione del personale –che ha lanciato una survey tra i propri iscritti composti da direttori del personale e i professionisti delle risorse umane sul tema, a cui hanno risposo ben oltre mille aderenti, e curata dal Centro ricerche guidato da Umberto Frigelli.
Tra coloro che hanno espresso una parziale adesione (il 40%), tra le criticità sottolineano soprattutto la necessità di definire (come per lo smart working) una misura delle produttività basata sulle performance, con linee guida definite dalla contrattazione nazionale (per il 41%), oltre la valutazione preliminare della sostenibilità economica (per il 34%) e difficoltà a livello di implementazione organizzativa (per il 25%). Tra coloro, invece, che hanno espresso una netta contrarietà, si sottolineano soprattutto tre difficoltà: la non compatibilità con la situazione economico-produttiva delle nostre imprese (50%), la difficile implementazione a livello organizzativo (37%) e il fatto che implicherebbe un orario di lavoro giornaliero di 9/10 ore (28%).
Quale sarebbe la migliore modalità per implementare la settimana corta nella propria azienda, secondo i direttori del personale? A questo domanda il campione ha risposto per il 62% che partirebbero con delle soluzioni sperimentali, così come già avvento in altre aziende. Molto importante, inoltre, il tema della contrattazione con i lavoratori: per il 33% attraverso una contrattazione a livello aziendale e per il 24% riportando la questione anche a livello di contrattazione nazionale. Rispetto al tema del salario, il 26% circa mantenendo lo stesso salario ma riducendo i giorni, mentre per circa l’8% riducendo parzialmente lo stipendio in proporzione alle giornate lavorate. Il 20%, infine, mantenendo lo stesso numero di ore contrattuali ma riducendo i giorni.
“Il tema dell’introduzione della settimana corta – spiega Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp – evidenza, ad oggi, luci ed ombre. Se da un lato, come si evince anche dalla nostra survey, le ricadute positive sui lavoratori in termini di migliore equilibro e qualità del rapporto vita-lavoro sarebbero evidenti, oltre all’impatto che questo avrebbe in termini di maggiore produttività, dall’altro gli aspetti di natura retributiva e organizzativa che tale soluzione comporterebbe sono ancora da valutare”.
“Quindi – commenta – seppur culturalmente siamo favorevoli nei confronti della settimana corta è sempre importante comprendere e ascoltare le situazioni delle singole aziende e delle singole persone. Una decisione standard e uguale per tutti potrebbe avere ricadute negative sulla motivazione, sulla retention e sull’economia. Per queste ragioni la via della sperimentazione è quella maestra per verificare e testare la reale e virtuosa fattibilità dell’introduzione a regime della cosiddetta settimana corta. Soluzione alla quale anche l’Aidp guarda con equilibrio e interesse visto il grande impatto sociale e economico che avrebbe”.