(Adnkronos) – Il Mezzogiorno traina l’occupazione italiana. Tra il 1° trimestre del 2019 e il 1° trimestre del 2023 su 474mila nuovi lavoratori, più della metà risiedono al Sud (262mila, il 55,3% del totale). Il tasso di crescita nell’area è più che doppio rispetto al resto del Paese (4,4%) e continua ad aumentare nell’ultimo anno a un ritmo del 3,1%. È una delle fotografie, diffusa oggi in anteprima, scattate dall’indagine della Fondazione studi consulenti del lavoro, dal titolo ‘Italiani e lavoro nell’anno della ripartenza’, che ha elaborato ad hoc gli ultimissimi dati Istat relativi al 1° trimestre 2023. E i cui esiti saranno illustrati durante la conferenza stampa di presentazione del Festival del Lavoro, in programma il 28 giugno alle 10 a Bologna, presso la sede della Regione Emilia-Romagna.
Tra le ragioni del buon risultato del Sud, l’approfondimento individua l’effetto traino delle costruzioni (+19,1%) e dei servizi di informazione e comunicazione (+42,8%), cui sono legati i processi di trasformazione digitale delle aziende. Ma anche l’ampio ricorso agli strumenti di sostegno al lavoro (Decontribuzione Sud su tutti), che ha riguardato circa il 60% delle assunzioni effettuate tra il 2021 e il 2022.
Dinamiche che, nel loro insieme, hanno lievemente ridotto lo storico divario rispetto alle altre Regioni: nel Mezzogiorno, infatti, il tasso di occupazione è passato dal 43,3% al 47% (+3,4 punti percentuali), mentre quello nazionale dal 58,2% al 60,2% (+2,4 punti percentuali). A ben vedere, la crescita del Sud (con la Puglia in testa alla graduatoria) s’inserisce nel più vasto trend positivo che attraversa l’occupazione italiana: rispetto al 1° trimestre 2022, infatti, i primi tre mesi del 2023 hanno visto un aumento degli occupati nel Bel Paese del 2,3%, con la partecipazione al lavoro salita dell’1,8%.
Avvicinando la lente, si nota come a essere cresciuta nel Mezzogiorno sia l’occupazione nella fascia 15-34 anni (5,5%) e, in particolare, in quella 55-64 anni (14,8%). Una tendenza, quest’ultima, in linea ancora una volta con quanto avvenuto a livello nazionale: proprio i giovani e i lavoratori senior, nel periodo considerato, sono stati i più richiesti dal mercato, con un aumento rispettivamente del 5,4% e del 14,8%.
Le cause del fenomeno risiedono nella contrazione occupazionale delle fasce anagrafiche centrali e nel loro calo demografico (-11,7%), che ha dirottato le imprese verso l’offerta più disponibile: giovani e senior, appunto. Ma anche l’evoluzione della domanda del mercato, che vede premiare da un lato le nuove competenze, offerte dai giovani, dall’altro esperienza e professionalità.
Una tendenza che potrebbe accentuarsi nei prossimi anni, complice la direzione intrapresa nel post-pandemia dal lavoro, sempre più attento ai ragazzi e al mantenimento in azienda dei profili più anziani, anche oltre l’età pensionabile. “La ripresa del Sud è una buona notizia per tutti, visto che circa un terzo della popolazione italiana si concentra in quell’area. Le sue potenzialità sono enormi, sebbene anni di politiche poco lungimiranti abbiano impedito un inserimento lavorativo di lungo periodo (basti pensare al reddito di cittadinanza). Sapere, poi, che a guidare la crescita sono i giovani fa presagire che qualcosa nel mondo del lavoro sta cambiando e potrebbe ancora cambiare, grazie anche ad alcuni recenti interventi normativi (come il Decreto Lavoro), che sanno intellegere la realtà e agire in nome delle nuove generazioni”, ha commentato Rosario De Luca, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.