(Adnkronos) – E’ l’anno della rinascita turistica, il 2023, anche per l’Egitto. Una destinazione penalizzata, negli ultimi anni, prima dalle tensioni seguite alla ‘Primavera araba’, che nel 2011 scosse l’intera regione del Nord Africa, e poi, come per tutto il mondo, dallo stop imposto dalla pandemia e dalle conseguenze della guerra in Ucraina. Ma che già in questi primi mesi del 2023 ha registrato arrivi tornati ai livelli pre-Covid e che ora guarda al futuro con nuovo slancio e nuovi progetti, persino nelle sue regioni da sempre più gettonate, come il Mar Rosso. A partire dalla sua ‘perla’, Sharm el Sheikh, angolo di paradiso esotico a sole tre ore di volo dal nostro paese (con collegamenti diretti da alcune città italiane o via Cairo con Egyptair), che proprio gli italiani hanno ‘scoperto’ e lanciato negli anni Novanta, e mai abbandonato.
Una meta per tutto l’anno, grazie al suo clima mite, che in questa ripresa post-pandemica si ripropone rinnovata e arricchita nell’offerta che tradizionalmente la caratterizza – il mare turchese e la barriera corallina, le infinite possibilità di attività acquatiche e la vita notturna con divertimenti per tutte le età – ma, soprattutto, riorientata verso una maggiore integrazione con l’immenso valore culturale che la regione del Sud Sinai esprime. Spiagge e snorkelling, certamente, quindi, ma anche escursioni nelle riserve naturali e nel deserto montuoso, esperienze ‘local’ e profonda spiritualità.
Proprio per dare un nuovo volto alla mondana Sharm, nel 2020 è stato aperto un museo archeologico con oltre 5.200 pezzi provenienti da diverse aree dell’Antico Egitto. E nella piazza del vecchio mercato campeggia da qualche anno la grande moschea El Sahaba, segno distintivo e fulcro della località che dalla cittadella si estende alle aree più commerciali e turistiche di Naama Bay e della più recente Soho Square, centro nevralgico del complesso alberghiero Royal Savoy, che ospita numerosi negozi, un mall e ristoranti con specialità da tutto il mondo, statue in bronzo a fare da orientamento e giochi di luci a illuminare le serate. In programma nei prossimi mesi, a Sharm, anche una originale corsa di cammelli, molto amata nel mondo arabo.
Non mancano, nel nuovo ‘corso’ di Sharm, nuove strutture all’avanguardia per il segmento Mice, per rispondere al crescente sviluppo del turismo congressuale e aziendale e ospitare grandi conferenze internazionali. Ultima, in ordine di tempo, la Cop27, nel novembre scorso, che ha dato nuovo impulso alla creazione di infrastrutture collegate all’International Convention Center. Forte anche di un aeroporto internazionale dove operano 33 compagnie aeree e di una ricettività in costante crescita, che conta 165 alberghi, per un totale di circa 52mila camere solo a Sharm. Una ricettività che, considerando tutto il Sud Sinai, diventa di 230 hotel e oltre 60mila stanze.
Oltre ai siti naturalistici più noti, prediletti dagli amanti del sub, come la riserva del Ras Mohamed National Park, una penisola nella penisola di 480 chilometri quadrati di fronte alla barriera corallina, che ospita oltre mille specie di pesci, da Sharm ci si può spostare più a Nord dove si trovano altri parchi e altre località costiere meno battute dai turisti. Come la cittadina di Dahab, più tranquilla ed economica, preferita dal ‘viaggiatore con zaino’, ma con strutture comunque di livello. Per arrivare fino a Taba, vicino al confine con Israele, con la sua isola del Faraone, uno dei luoghi più fotografati della regione.
Ed è proprio allo sviluppo turistico di tutta la regione che mira il governo egiziano. A confermarlo Islam Nabil, direttore area Sud Sinai dell’Egyptian Tourism Aurthority (Eta): “Grazie al continuo sviluppo logistico di Sharm e alla promozione di tutta l’area, si vogliono attrarre sempre più visitatori e ampliare le possibilità di crescita e di business. A questo punta la strategia messa in atto negli ultimi tre anni dal ministro del Turismo egiziano. L’idea è di soddisfare una varietà di esigenze per ogni tipo di turista. E nel Sud Sinai abbiamo davvero molte attrazioni, oltre al mare, alcune ancora poco conosciute: dal Canyon colorato al tempio Hathor, fino alle miniere di turchese”.
Ma il progetto più importante che attualmente interessa questa parte di Egitto, biblico crocevia di popoli, è quello che ruota attorno al monastero di Santa Caterina, alle pendici del monte Sinai dove, secondo la tradizione, Mosè ha parlato con Dio nell’episodio biblico del roveto ardente e dove ha ricevuto i Comandamenti. “Un progetto che interessa l’intero centro di Santa Caterina per favorire lo sviluppo del turismo religioso e culturale, che decollerà nei prossimi mesi”, annuncia Nabil. La pandemia e il conflitto russo-ucraino si sono fatti sentire anche qui, con un drastico calo di visitatori rispetto alla media dei 250-350mila l’anno del 2018 e 2019, ma già in questi primi mesi del 2023 i visitatori stanno tornando ai livelli pre-Covid, attratti da quella che è una delle mete più suggestive della spiritualità.
A 230 chilometri da Sharm, nel mezzo del deserto montuoso, quello di Santa Caterina è il monastero greco-ortodosso più antico al mondo e uno dei più visitati dai pellegrini di tutte le confessioni. Una fortezza che racchiude la Chiesa della Trasfigurazione (dove sono custodite le spoglie di Santa Caterina, la martire originaria di Alessandria a cui è intitolato il monastero, e il prezioso mosaico dell’abside, restaurato dall’italiano Roberto Nardi, all’inizio degli anni Duemila), la venerata Cappella del Roveto ardente, ma anche una moschea. E poi la Sacrestia, che ospita un museo con preziose icone greche e russe, antichi dipinti, testi sacri e cimeli religiosi. Inoltre, nel monastero ha sede una biblioteca con quasi cinquemila volumi di inestimabile valore, una collezione di manoscritti miniati seconda solo a quella del Vaticano e normalmente chiusa al pubblico.
A vegliare su quella che tuttora è la comunità monastica più antica del mondo è, dalla notte dei tempi, la tribù di beduini che abita questa parte del deserto del Sinai, in una rara testimonianza di un modus vivendi che va ben oltre la pacifica convivenza e il rispetto reciproco. Del resto, il progetto di sviluppo pensato per Santa Caterina interessa non solo il monastero ma tutta l’area, che è Parco nazionale, con il suo piccolo centro abitato nascosto fra la maestosità della catena montuosa che lo attraversa. Qui, oltre alle già note escursioni a dorso di cammello o in 4×4, ci sono molte altre possibilità che attendono gli spiriti più o meno avventurosi o devoti: si può andare a caccia di erbe selvatiche del deserto, ad esempio, o salire i 3.750 gradini della Penitenza per arrivare, magari all’alba, in cima alla sacra vetta del Sinai.
“Il progetto, che non a caso prende il nome proprio dalla ‘Grande Trasfigurazione’, mira allo sviluppo turistico-alberghiero della città di Santa Caterina, raggiungendo una capacità di 550 camere, in aggiunta alle risorse esistenti. L’obiettivo è, quindi, di aumentare il numero di turisti stranieri e di pellegrini ma anche di visitatori di un certo livello. Per questo l’Autorità per il turismo sta promuovendo un’azione di marketing con una società internazionale”, spiega Ahmed Adel, referente dei Beni Culturali egiziani per il Sud Sinai.
Un target particolare di visitatori deriva dagli innumerevoli accordi di scambio culturale che il monastero ha con le più prestigiose istituzioni formative, dal Regno Unito agli Usa. “Il monastero – sottolinea Adel – attrae tantissimi studenti e ricercatori di molti paesi, che vengono per studiare nella biblioteca. E per rendere più fruibile questo patrimonio librario è in corso un importante progetto di digitalizzazione di questi manoscritti unici, alcuni dei quali sono diventati così consultabili online”. Un progetto ambizioso e decennale che prosegue, sotto l’egida del monaco Justin, americano di origine e greco per vocazione, da decenni ritiratosi sul monte Sinai e oggi responsabile proprio della biblioteca del monastero, nonché ‘guida’ d’eccezione solo per i più fortunati che hanno il permesso di accedervi durante la visita: “Abbiamo moltissimi studenti – conferma – che vengono da ogni parte del mondo per consultare i manoscritti. La digitalizzazione certamente rappresenta un grosso aiuto per loro, ma molti preferiscono comunque venire qui e leggere i testi originali”.
Studiosi, pellegrini, turisti e gli stessi egiziani saranno, quindi, l’anima di un progetto che guarda oltre il turismo di massa e vuole fare dell’integrazione turistico-culturale la chiave di volta per lo sviluppo di un territorio che ha molto da offrire ai visitatori. E dove molto ancora resta da raccontare.