(Adnkronos) – Funerali “solenni ma sobri” in piazza San Pietro, per Benedetto XVI. A presiedere le celebrazioni e a tenere l’omelia è Papa Francesco, arrivato in sedia a rotelle. A celebrare il rito il decano del Collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re. E, con loro, 3.700 sacerdoti concelebranti. Presenti anche le quattro Memores Domini, le suore laiche che in questi anni si sono prese cura del Papa emerito al Monastero Mater Ecclesiae. Siedono accanto a mons. Georg Ganswein. Tra le 45 e le 50mila le persone presenti inoltre in piazza San Pietro per assistere ai funerali: al termine delle esequie, i fedeli in piazza hanno poi gridato ‘santo subito’ e accompagnato la bara con gli applausi.
GLI APPLAUSI E IL VANGELO APERTO SULLA BARA – Campane a morto hanno risuonato nella Basilica Vaticana quando la bara con le spoglie del Papa emerito – salutata dai ripetuti applausi – è uscita portata dai sediari, poco dopo le 8.50, per permettere il rosario dei fedeli in piazza San Pietro. Sul feretro del papa emerito il Vangelo aperto: mons. Diego Ravelli, cerimoniere pontificio e mons. Georg Ganswein, segretario particolare di Ratzinger, lo hanno aperto come avviene nei funerali dei papi. Alla memoria tornano le pagine del Vangelo che si aprivano con il vento durante le esequie di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. La messa è stata introdotta da una processione.
L’OMELIA DI PAPA FRANCESCO E LA CITAZIONE DI RATZINGER – “Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce”. L’omelia di papa Francesco per i funerali del Papa emerito Benedetto XVI contiene una sola volta il nome di Ratzinger ma tutta quanta è permeata dalla sua presenza. Bergoglio parte dalla pagina del Vangelo dedicata alle ultime parole che il Signore pronunciò sulla croce. ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’; “il suo ultimo sospiro – potremmo dire –, capace di confermare ciò che caratterizzò tutta la sua vita: un continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo. Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, – dice Francesco – mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli”.
“Il Signore – osserva Francesco -, aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore: ‘Guarda le mie mani’, disse a Tommaso, e lo dice ad ognuno di noi. Mani piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso. ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’ è l’invito e il programma di vita che sussurra e vuole modellare come un vasaio il cuore del pastore, fino a che palpitino in esso i medesimi sentimenti di Cristo Gesù. Dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito: ‘Tu mi appartieni… tu appartieni a loro’, sussurra il Signore; ‘tu stai sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore. Rimani nel cavo delle mie mani e dammi le tue’. È la condiscendenza di Dio e la sua vicinanza capace di porsi nelle mani fragili dei suoi discepoli per nutrire il suo popolo e dire con Lui: prendete e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo che si offre per voi “.
Nell’omelia per i funerali di Ratzinger, Bergoglio pone l’attenzione sulla “dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare e l’invito fiducioso a pascere il gregge. Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità. In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia. Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio: ‘Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza’. Dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo – osserva ancora Bergoglio citando l’esortazione apostoplica Gaudete et exsultate – nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre”.
Il Pontefice affida il predecessore alle mani del Padre: “Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita. San Gregorio Magno, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a offrirgli questa compagnia spirituale: ‘In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi’. È la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato. È il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore. Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: ‘Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito’. Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!”.
Il Papa ha citato l’omelia della messa di inizio pontificato pronunciata da Benedetto XVI il 24 aprile 2005: ”Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza”.
I FEDELI: “SANTO SUBITO” – “Santo subito”. È il cartello esposto da una suora presente in piazza San Pietro. Migliaia i fedeli presenti, tutti in silenzio con le teste chine a seguire la celebrazione sui libretti appositamente stampanti per l’occasione e distribuiti in piazza che contengono il testo della Messa esequiale per il Sommo Pontefice emerito Benedetto XVI. Una bandiera della Germania sventola davanti al sagrato da questa mattina. Poco più indietro uno striscione con su scritto ‘Danke Benedikt’. Sono tanti in piazza i fedeli tedeschi venuti per l’ultimo saluto a Joseph Ratzinger.
LA SEPOLTURA E IL RITO ADATTATO – Al termine dei funerali, Benedetto XVI è sepolto nelle Grotte vaticane, nella tomba dove era precedentemente sepolto papa Wojtyla poi portato in basilica nel 2011 dopo la sua beatificazione. “All’atto della sepoltura – ha ragguagliato il portavoce del Vaticano – viene messa con un rito una fettuccia attorno alla bara di cipresso con i sigilli della Casa pontificia, dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche e del Capitolo vaticano di San Pietro”. La bara di cipresso verrà quindi messa in una di zinco quindi in una cassa di legno che sarà portata nelle Grotte vaticane. La tumulazione avverrà in forma privata.
La celebrazione funebre per Benedetto XVI ricalcherà quella riservata ai Pontefici con alcuni adattamenti. Ci saranno elementi mancanti rispetto alle celebrazioni riservate ai pontefici e alcuni richiami al papa regnante. Le esequie saranno presiedute dal Papa che terrà l’omelia, il celebrante sarà il decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re. Lo ha spiegato il portavoce del Vaticano Matteo Bruni. La preparazione del rito funebre, che presenta elementi inediti data l’eccezionalità della situazione, è stata frutto di un lavoro di squadra dei cerimonieri pontifici che con tutta probabilità hanno tenuto conto anche del pensiero di papa Francesco. Alle esequie funebri verrà letto il Vangelo del buon ladrone, tra i testi più amati e letti nelle liturgie funebri perché offre consolazione a chi perde una persona cara e alla quale è stata legata da affetto.
Nel dettaglio, i correttivi che sono stati fatti per la celebrazione funebre, ha spiegato il portavoce della Sala stampa vaticana, riguardano ad esempio, le suppliche finali della diocesi di Roma e delle Chiese Orientali che sono specifiche per il papa regnante.
La bara di cipresso dove riposano le spoglie di Benedetto XVI è stata chiusa con un rito particolare ed è la stessa utilizzata per i funerali. All’interno sono state poste le medaglie coniate nel corso del pontificato di Benedetto XVI, i palli (non è stato specificato il numero) che ripercorrono la storia di Ratzinger e il rogito in un cilindro di metallo, vale a dire il testo che descrive il pontificato del Papa in breve.
Applausi scroscianti dalla folla in piazza San Pietro. Mentre la bara con le spoglie del Papa emerito, al termine della messa, viene portata a braccio dai sediari all’interno della Basilica per la sepoltura nelle Grotte vaticane, dalla piazza si levano applausi della folla.